Entrando in Auditorium, subito una confortante sorpresa: la sala è tornata normale! Le file di poltrone rimosse causa regole di distanziamento sono state rimesse al loro posto, grazie all’aumentata capienza ammessa per i teatri. E la presenza di pubblico è tornata ad essere quasi... normale. Speriamo davvero che i vaccini stiano facendo il loro dovere! E al pubblico la Presidente Ambra Redaelli ha voluto personalmente dare il ri-benvenuto nella casa de laVerdi, fra l’altro reduce da una meritoria operazione di transizione ecologica (sanificatori dell’aria ed elettricità da fotovoltaico).
Bene. Dopo due appuntamenti mancati causa virus, finalmente Alondra de la Parra ha avuto il piacere (almeno così si spera, a giudicare dall'accoglienza ricevuta) di dirigere laVerdi nel primo concerto in abbonamento di questa prima tranche della stagione 21-22.
La simpatica 41enne, newyorkese di nascita ma di origine messicana (il nome non ha nulla a che vedere con la capitale britannica... è una variante di Alejandra ma è anche l’allodola) ha ormai una lunga carriera alle spalle ed è sempre più presente anche nelle sale da concerto europee (in Italia è già stata ospite di Santa Cecilia).
Con lei il tenore tedesco (a dispetto del nome francese...) Julian Prégardien (suo compagno anche nella vita) che ha interpretato Mahler (Fahrenden Gesellen) e Ravel (Cinq mélodies): lo stesso accoppiamento già sperimentato in passato (qui a Copenhagen lo scorso anno). I due brani vocali erano incastonati in altrettanti brani strumentali (musiche da balletto) di ambientazione americana, di Copland (nord) e Milhaud (sud).
La serata si è quindi aperta con Aaron Copland e la sua Appalachian Spring Suite.
Si tratta di una - oggi la più eseguita - delle diverse musiche tratte dal Balletto per Martha del 1944: balletto composto appunto per la danzatrice e coreografa Martha Graham e strumentato per un ensemble di 13 esecutori (doppio quartetto d’archi, contrabbasso, pianoforte, flauto, clarinetto e fagotto). Qui il video di un’esecuzione del Balletto del 1958 trasmessa in televisione.
La trama e il titolo furono ispirati da due diverse fonti, e pure... contraddittorie: la prima da una raccolta di Edward Deming Andrews (A Gift to be Simple) di danze, canzoni e usanze delle comunità rurali di pionieri Shakers; da essa Copland citò in particolare il famoso Simple Gifts, musicato come tema con variazioni nell’Interludio. Il secondo (proposto dalla coreografa dedicataria dell’opera, che decise anche di ambientare la vicenda in Pennsylvania) da una poesia (The Dance) di Hart Crane, che magnifica una sorgente d’acqua (Spring) delle Appalachian Mountains, la lunga catena montuosa che occupa gran parte dell’Est degli USA, Pennsylvania compresa. Dove peraltro gli Shakers mai misero piede... L’altro significato di Spring - Primavera - torna poi comodo a caratterizzare l’ambientazione bucolica del brano.
Nel 1945 Copland produsse una prima versione della Suite, destinata ad una grande orchestra e costituita da circa il 75% delle musiche del balletto (24 su 32 minuti all’incirca) ottenuta tramite un grosso taglio - 3 delle 8 sezioni - prima della sezione finale, la ristrutturazione della sezione 4 (tema con variazioni, il Simple Gift) e altri piccoli tagli qua e là. Successivamente - nel 1954 su richiesta di Eugene Ormandy per la Philadelphia Orchestra - Copland realizzò una versione per grande orchestra della partitura dell’intero Balletto, ma lo fece in modo alquanto frettoloso ed abborracciato, prendendo come base la Suite (?!) e inserendovi, ristrumentati, i principali tagli del 1945.
Poi, nel 1970, Copland predispose la Suite con la strumentazione per 13 esecutori. Quest’ultima, pubblicata nel 1972, è la versione ormai quasi universalmente eseguita e registrata, ed è quella programmata in questo concerto. Copland lasciò però ai Direttori la libertà di estendere il numero di archi da 9 fino a 28 (8-8-6-4-2), ed è ciò che viene spesso fatto, come nel nostro caso, dove si è andati anche oltre, schierando 34 archi (2 violini primi, due celli e due bassi in più dei 28). Ecco una registrazione del brano diretto proprio da Alondra de la Parra a Francoforte con un ensemble di una trentina di esecutori.
La storia delle tante versioni (alcune assai poco authoritative) dell’opera è stata accuratamente ricostruita in recenti studi, come questo del 2017, o quest’altro, mentre recentissimamente la Copland-Foundation ha promosso l’edizione critica dell’intera opera, in particolare mettendo riparo all’inadeguatezza della versione del Balletto di Copland del 1954.
Più sotto una succinta guida all’ascolto della Suite, seguendo la citata registrazione della direttora messicana.
É infatti
arrivato subito dopo il compagno della Direttora per interpretare le quattro canzoni
del 24enne boemo (1884) intitolate Lieder eines fahrenden Gesellen,
canti di un... nomade, insomma.
L’ibridazione di Lied e Sinfonia, tanto caratteristica del
Mahler giovane (ma anche di quello maturo...) trova qui uno dei suoi primi e
chiari esempi, con due melodie delle quattro canzoni che Mahler riprenderà
pochi anni dopo per infilarle nel suo Poema Sinfonico (poi promosso a Sinfonia)
ispirato al Titan.
Ancora il tenore tedesco per le Cinq
mélodies populaires grecques di Maurice
Ravel, originariamente composte (1904) per accompagnamento pianistico e successivamente
orchestrate (1 e 5) da Ravel stesso e le altre da Manuel Rosenthal. Fu il poliedrico Michel-Dimitri Calvocoressi (francese di origine greca) a
raccogliere queste canzoni e a tradurne i testi in francese.
Le tonalità delle canzoni sono raccolte
in un solo tono pieno: SOL, SOL#=LAb e LA; le prime due sono in modo minore, le
altre tre, in maggiore. I tempi si alternano con regolarità, fra il vivace e il
lento.
1. Chanson de la mariée (Canzone della sposa) 2/4 SOL minore, Modéré.
2. Là-bas, vers l'église (Laggiù, presso la chiesa) 2/4 SOL# minore, Andante.
3. Quel galant m'est comparable (Quale spasimante può starmi a pari) 2/4 SOL maggiore, Allegro.
4. Chanson des cueilleuses de lentisques (Canzone delle raccoglitrici di lentischio) 3/4 (2/4) LA maggiore, Lent.
5. Tout gai! (Tutto è allegro!) 2/4 LAb maggiore, Allegro.
Più sotto i testi delle cinque canzoni con la traduzione italiana e brevi note sulla loro struttura motivica.
Ha chiuso la serata Le boeuf sur le toit (balletto-pantomima
del 1919) di Darius Milhaud: anche
qui possiamo apprezzare l’interpretazione che ne ha dato Alondra a Parigi nel 2015.
Curiosa la vicenda della nascita dell’opera: Milhaud era reduce da due anni trascorsi a Rio (in servizio civile al seguito del plenipotenziario Paul Claudel) e si era innamorato del paese sudamericano e della sua musica popolare. Al ritorno in Francia aveva quindi composto il brano, per violino e pianoforte, destinato a fare da colonna sonora ad un qualunque film (muto) di Charlie Chaplin! Il bizzarro titolo lo aveva preso da una canzone brasiliana (O Boi no Telhado) ascoltata a Rio, forse durante un carnevale.
Poi fu Jean Cocteau a convincerlo a trasformare la musica, orchestrandola e facendone il supporto di un balletto moderno con una trama pur essa bizzarra assai, a partire dal sottotitolo, The nothing doing bar (Il bar del non far nulla). Vi compaiono diversi personaggi: ovviamente il Barman (col tema del ritornello del Rondò) poi una Signora russa, una Signora in decolletée, un Poliziotto, un Boxeur nero, un Bookmaker, un Signore in abito da cerimonia e un Nano nero che gioca al biliardo. La trama come detto è piuttosto demenziale, con decapitazione e resurrezione del Poliziotto al quale alla fine il Barman (responsabile dei misfatti) presenta un kilometrico conto.
É un quarto d’ora o giù di lì di musica accattivante (beh, col Brasile di mezzo ci vuol poco...) che però nasconde una complessa impalcatura strutturale, oltre che il ricorso a trucchi e innovazioni dell’epoca, tipo politonalità e simili arditezze. Quindi rimando a più sotto per altri dettagli sull’opera e una succinta guida all’ascolto della citata registrazione della Direttora mexicana.
Che ha confermato le sue qualità, meritandosi un autentico trionfo, applausi ritmati inclusi. Così lei e i ragazzi dell’orchestra (per questo brano cresciuta nell’organico fin quasi alla... normalità) ci hanno regalato come bis la ripresa del finale (dalla sezione dopo il Rondò 12) con il pubblico a scandire il ritmo con i battimani.
Contrariamente a quanto avveniva nell’800, dove le Suite dai balletti erano di norma una libera raccolta di numeri, senza alcun riferimento al soggetto dell’opera (la sequenza dei brani rispondeva caso mai a canoni estetici) questa di Copland è invece costituita dalla ripresa rigorosa della musica del Balletto (del quale quindi rispetta, per così dire, la trama) salvo l’espunzione di una parte ritenuta musicalmente ridondante e della ristrutturazione delle variazioni del Simple Gifts.
Qui una schematica tabella (derivata dal citato studio della Fondazione Copland) che mostra le strutture di Balletto e Suite:
Come si vede, a parte le sezioni espunte, per il resto le differenze si concentrano sul trattamento del Simple Gifts, ristrutturato nella sequenza e sottoposto a tagli e modifiche, principalmente per ragioni di concatenazione tonale (fra 4.4 e 4.5) legate proprio al grosso taglio delle sezioni 5-6-7. In totale, sulle meno di 980 battute del Balletto, i tagli nella Suite ammontano a 298 battute (circa il 30%) delle quali ben 219 sono dovute all’espunzione delle sezioni 5-6-7.
Veniamo quindi all’esecuzione di Alondra de la Parra, sulla base di alcuni commenti alla partitura forniti dello stesso Autore:
1. Prologo
2. La valle dell’Eden
3. Festa di sposalizio
4. Interludio: scene di vita
5. Il giorno del Signore
La struttura motivica delle canzoni è la seguente (si confronti con il testo):
Testi delle canzoni:
Le boeuf sur
le toit.
Come detto, la struttura del brano è tutt’altro che naif; al contrario, presenta aspetti che la assimilano ad una costruzione ingegneristica! Si tratta di un Rondò, con 3 cicli in ciascuno dei quali il ritornello (unico motivo di invenzione di Milhaud) compare 4 volte, più una ricapitolazione e coda dove il ritornello compare 3 volte, per un totale di 15 ritorni!
Gli altri motivi
(ben 28!) sono mutuati da canzoni brasiliane di autori noti o sconosciuti. Un’altra
peculiare particolarità del brano è la sua progressione tonale, che si muove su
cicli di tre terze minori ascendenti (altrettante settime diminuite):
Come si può notare, nei quattro cicli (la cui tonalità iniziale si muove sul circolo delle quinte DO-SOL-RE-LA) si esplorano tutte le 12 tonalità della scala cromatica.
Ecco qui una tabella riassuntiva che mostra la struttura completa del brano, con i riferimenti alle sezioni del balletto.
Seguiamo quindi la musica diretta da Alondra de la Parra:
Ciclo 1
Ciclo 2
Ciclo 3
Ricapitolazione
17’04” Rondò 14 DO maggiore
Coda
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