É un’altra vecchia conoscenza de laVerdi a far ritorno sui Navigli per il
4° appuntamento stagionale: trattasi di John
Axelrod, che vi dirige un concertone di quelli proprio tosti, Schumann
e Beethoven!
Ecco
quindi la Quarta del grande Robert,
composta quasi contemporaneamente alla prima
(1841) e poi rivista 10 anni più tardi, dopo la nascita della seconda e della renana, e quindi pubblicata come la sua ultima...
All’inizio pare Haydn (introduzione lenta al tempo Vivace) ma poi presenta una gran quantità di innovazioni: dal ricorrere di temi in movimenti diversi, all’assenza di cadenze e pause fra i 4 movimenti, alla presenza di autentici colpi di teatro, tutte cose che piaceranno assai ad un certo Mahler che - oltre a permettersi di riorchestrarle - ne trarrà ampiamente ispirazione per le sue sesquipedali sinfonie.
Poi la Settima beethoveniana, tanto cara a Wagner quanto diversa da Schumann, con le sue mirabili simmetrie e con il suo rigore costruttivo. Due opere quindi assai distanti, e non solo per i 30 anni (o 40) che le dividono, ma per la diversissima concezione che le anima.
Axelrod? Beh, se devo giudicarlo dalle agogiche, cioè dai tempi staccati, potrei dirne solo bene. Peccato che - a mio modestissimo parere - abbia male interpretato le dinamiche, eccedendo nei fracassi soprattutto degli ottoni, che sia in Schumann che in Beethoven hanno nuociuto assai alla resa complessiva, penalizzando gli archi, sempre sovrastati dalle strappate di corni, trombe e (in Schumann) tromboni.
Insomma, eccessiva foga e bandismo, che magari avranno eccitato il pubblico - prodigo di applausi al termine di entrambi i brani - ma che mi sembra abbiano un po’ banalizzato i due capolavori.
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