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26 ottobre, 2021

Alla Scala torna il barocco

Archiviato il suo particolare ROF, la Scala torna al barocco mettendo in scena un’opera di Francesco Cavalli, La Calisto, in programma a partire dal 30 ottobre.

Sul podio Christophe Rousset, che porta con sè i suoi Talens Lyriques a rinforzo dei barocchisti scaligeri. Il musicista francese ha già diretto l’opera anni fa a Strasburgo, con una messinscena e con interpreti diversi da questa nuova produzione del Piermarini, affidata a David McVicar.

Il soggetto del drama-per-musica, messo in versi da Giovanni Faustini e liberamente tratto dalle ovidiane Metamorfosi - che ebbe la prima a Venezia alla fine del 1651 - è centrato sulla vicenda della ninfa Calisto (seguace osservante della casta Diana) concupita dal Giove travestitosi proprio da Diana; vicenda contornata dalla narrazione di una serie di rapporti sentimentali per lo più proibiti o... equivoci, di cui sono protagonisti la stessa Diana, il pastorello Endimione e il dio Pan. Completano il quadro un Satirino, il figlio e portaborse di Giove (Mercurio) e la gelosa Giunone, oltre alle Furie, ad un paio di altre mitologiche comparse (Linfea e Silvano) e alle divinità concettuali che occupano il Prologo (Natura - Eternità - Destino).

Faustini - a parte due righe poste in calce all’elenco dei personaggi e un fugacissimo accenno nel finale dell’opera - ignora del tutto le implicazioni (leggasi: Arcade) dell’amore Giove-Calisto ed anzi gioca sull’equivoco narrandoci solo di baci-e-baci-e-baci, quasi che Giove avesse assunto proprio tutte le prerogative di Diana - a partire dalla voce, mutata da basso a soprano - e che quindi fra il capo degli dei (sotto le spoglie della dea cacciatrice) e la ninfa fosse intercorso un classico amore saffico, nulla più (?) Poi però ci pensa la perfida Giunone a metterci una pulce nell’orecchio. Conoscendo fin troppo bene le attitudini del fedifrago consorte chiede a Calisto: dì la verità, ma a parte tutti questi baci-e-baci-e-baci, fra te e la tua capitana è mica per caso successo dell’altro? E Calisto, testualmente: Un certo dolce che, che dir non te 'l saprei. Ah ecco, volevo ben dire!

A proposito della mutazione di Giove in Diana, è normale far cantare la parte di Giove(-in Diana) alla stessa interprete (soprano) della dea (mai i due personaggi sono contemporaneamente in scena...) Nel caso in questione noi vediamo in scena prima Giove, poi la falsa Diana e abbondantemente dopo la dea verace, che noi riconosceremo come tale dal suo cadere dalle nuvole e poi dal mostrarsi offesa al sentire Calisto magnificare l’estasi del loro incontro amoroso. Pare che invece nelle prime rappresentazioni veneziane i due ruoli di Giove e Giove(-in Diana) fossero interpretati dallo stesso cantante, il basso Giulio Cesare Donati, capace di cantare (in falsetto, il cosiddetto basso-alla-bastarda) anche la parte della falsa Diana!  

L’altra vicenda piccante riguarda proprio Diana (aka Cinzia, aka Delia, aka Febea, aka Trivia, aka Trigemina) della quale scopriamo un lato interessante, quanto non insolito, del comportamento, non dissimile da quello di molti paladini della castità nonchè fustigatori di costumi: predicare bene e razzolare male! Veniamo a sapere infatti che la dea, prima di darsi alla cacciagione e al proselitismo di ninfe votate al nubilato, se l’era fatta col dio Pan, che l’aveva sedotta con uno dei classici strumenti che i maschi impiegano alla bisogna: coprirla di regali, in particolare di preziose vestimenta. Poi, finiti i regali... finito il piacere, e ora il povero Pan si dispera e sospetta che la dea abbia trovato un altro manico con cui trastullarsi. E non si sbaglia davvero, giacchè scopriamo che un modesto e umile pastorello - tale Endimione - gode delle simpatie della dea, peraltro costretta - onde evitare pubblici... ehm, sputtanamenti - ad aver con lui incontri clandestini e fugaci. Ai quali assiste però il Satirino per riferirne subito a Pan e per poi divulgarli per vendetta sui social dell’epoca (#CinziaLaCastaDèaTuttaÉLussuria).

In effetti questa leggenda che vuole Diana e le sue ninfe come donne caste e pure fa acqua da tutte le parti: oltre alla capitana e alla protagonista, anche l’altra comprimaria (Linfea) non scherza affatto quanto a libidine: basta ascoltarla quando proclama voglio esser goduta! Insomma, che il termine ninfomane abbia assunto nel tempo un ben preciso significato non è certo un caso...

Poi nel testo non mancano situazioni da... farsa, come la commedia degli equivoci fra Giove(-Diana) e il povero Endimione, che prende Mercurio - sempre al fianco del padre, pur travestito - per un nuovo amante della dea, la (il) quale gli fa perfidamente credere che la casta-diva ha altri amanti segreti! Salace il commento del tirapiedi Mercurio: caro Giove, lascia perdere questo travestimento, altrimenti invece di belle femmine troverai solo mariti! (però era stato lui a consigliare quel travestimento...) E infatti subito dopo nell’equivoco cade anche Pan, che fa una scenata di gelosia contro Diana(-Giove) minacciando di uccidere il tapino rivale Endimione e inducendo così Mercurio a convincere il metamorfosato papi a squagliarsela in fretta e furia.

In omaggio allo scenario forestale che fa da sfondo alla vicenda, alla fine del primo atto - che ha per protagonisti Pan, Satirino e Silvano - sei orsi escono dalle frasche e inscenano un balletto. Altro balletto alla fine del second’atto, protagonisti satiri e ninfe (le quali, in maggioranza numerica e sotto la minaccia delle loro appuntite frecce, li mettono in fuga). Orsa diventa poi anche Calisto, dapprima trasformata in bestia per punizione dalla petulante Giunone, e infine mutata, come premio, in celeste costellazione dal riconoscente Giove.

Insomma, un soggetto a metà strada fra il serio, il faceto e il piccante, che Cavalli ricoprì di musica secondo i principii - mutuati dal suo maestro Monteverdi e formulati poco meno di un secolo addietro dalla Camerata de’ Bardi - del recitar cantando. Che però Cavalli comincia ad arricchire con qualche innovazione, tipo una maggior vivacità melodica nei declamati (che perdono un po’ di austerità, vero, ma pure quel rischio - per noi schizzinosi - di indigeribile monotonia...) e l’introduzione di virtuosismi canori che qualche tempo dopo la faranno da padrone nei teatri, aprendo la strada al melodramma (incluse le sue degenerazioni) e poi al belcanto, prima che qualcuno (Berlioz, poi Wagner, in parte l’ultimo Verdi) provasse a tornare alle origini del dramma-per-musica.

La prima di sabato 30/10 sarà trasmessa da Radio3 (ore 20).

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