intime gioje

chiuder la prigione e buttar la chiave

19 maggio, 2023

laVerdi 22-23. 30

È Tito Ceccherini a fare ritorno sul podio dell’Auditorium per il terzultimo concerto della stagione principale dell’Orchestra Sinfonica di Milano, co-prodotto con Milano Musica 2023.

E proprio in omaggio ai principi fondativi della rassegna creata in origine da Luciana Pestalozza (sorella di Claudio Abbado) il primo brano in programma è la prima esecuzione della nuova edizione critica di una partitura di Bruno Maderna: Ausstrahlung per voce femminile, flauto e oboe obbligati, grande orchestra e nastro magnetico, su testi sacri e poetici persiani e indiani. I protagonisti sono Monica Bacelli, in veste di recitante poliglotta, oltre che di cantante, e poi Luca Stocco agli oboi (anche musette, corno inglese e oboe d’amore) e Nicolò Manachino ai flauti (anche contralto e basso). Completa il cast l’addetto ai nastri magnetici e alla regìa del suono, Massimo Colombo.

Originariamente composto nel 1971 ed eseguito per la prima volta a Persepoli (per il 2500° anniversario della morte di Ciro il Grande) il lavoro (qui l’unica registrazione oggi disponibile in rete) rimase in uno stato di relativa incompiutezza, poiché la morte prematura impedì all’Autore di apportarvi le ultime finiture: da qui l’importanza della nuova edizione critica, curata per Casa Ricordi da due studiosi: Angela Ida De Benedictis (Responsabile scientifico della Fondazione Sacher, dove sono custoditi tutti i manoscritti di Maderna) e Marco Mazzolini (General Manager di Casa Ricordi) intervenuti prima del concerto di ieri – insieme al Direttore Ceccherini - per presentare questa loro edizione.

Al proposito, un interessante articolo della curatrice De Benedictis ci aiuta a comprendere le particolari caratteristiche di quest’opera, che rappresenta una vera e propria summa di tutti i procedimenti compositivi che erano maturati dagli anni di Darmstadt in poi: ci troviamo porzioni in notazione classica e determinata, altre lasciate all’aleatorietà, altre costituite da minuscoli frammenti che gli interpreti (Direttore e solisti) possono organizzare secondo la loro sensibilità… La presenza dei nastri magnetici (4 Tapes) preregistrati, depositati presso l’Editore che li rende disponibili per le esecuzioni, evidentemente condiziona un poco le esecuzioni medesime, quanto meno dal punto di vista dei tempi, dato che quando i nastri sono in azione (un totale di 14’23” esatti su circa 32’ totali di esecuzione) sono gli interpreti a dover sincronizzarsi con i nastri, essendo piuttosto difficile (salvo stop-start del regista del suono) che siano i nastri a seguire l’esecuzione dal vivo…

Il brano si articola in sette componenti, che incarnano altrettante irradiazioni (Ausstrahlungen) di suoni degli strumenti (solisti e orchestra); in soli due casi (2 e 5) è presente anche la voce solista. Non esiste peraltro una loro sequenza predeterminata, essi possono scomporsi, intersecarsi ed essere disposti secondo un libero approccio esecutivo. Lo stesso Autore ha proposto alcuni Piani esecutivi (che propongono la sequenza di interventi di orchestra, solisti, voce e nastro registrato) uno dei quali fu impiegato per la prima di Persepoli.

In Appendice ho posto una succinta guida all’ascolto dell’opera seguendo la citata registrazione (i testi sono riportati dal citato articolo della curatrice) che riprende nella sostanza la struttura della prima esecuzione di Persepoli diretta dall’Autore.

La proposta di Ceccherini non si discosta macroscopicamente dall’impostazione originaria (il piano esecutivo) di Maderna. Difficile dire invece, di primo acchito, quali e quante libertà, fra quelle comunque previste dall’Autore, Il Direttore e gli interpreti si siano prese. Personalmente ho notato un certo squilibrio nelle dinamiche fra i due solisti, l’orchestra e la voce della Bacelli, che arrivava benissimo nelle parti cantate (e ci mancherebbe) mentre in quelle declamate e soprattutto recitate era spesso travolta dai suoni, pur essendo dotata di amplificazione. Ma credo che la cosa sia perdonabile in una circostanza come questa.

In ogni caso il pubblico, diciamo… selezionato, ha tributato lunghi applausi a tutti.  
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Così come accaduto nello scorso concerto, anche in questo, dopo un'opera moderna, è Richard Strauss a chiudere con il Tondichtung più cerebrale (essendoci di mezzo un tale Nietzschedi tutta la sua produzione: Also sprach Zarathustra.

Sulle mille implicazioni filosofiche che si annidano nella partitura mi sono dilungato tempo addietro e quindi rimando i perditempo a questo scritto. Certo è che solo una conoscenza dettagliata dei temi musicali e delle loro intricatissime relazioni e ricorrenze può farci apprezzare fino in fondo quest’opera davvero geniale.

Viceversa, un ascolto puramente passivo rischia di farcela apparire come bizzarra, frammentaria, cacofonica, con alcuni passaggi entusiasmanti e altri persino noiosi… Ma diamo atto a Ceccherini (un approccio che definirei a tratti quasi espressionista) e ai ragazzi di aver dato il massimo, come il pubblico ha riconosciuto alla fine, con lunghi apprezzamenti per il Direttore e per tutte le prime parti e intere sezioni dell’orchestra.

Insomma, una serata da ricordare. E questa sera… il secondo sbarco dei Mille mahleriani alla Scala!
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Appendice. Ausstrahlung.

L’apertura è affidata al flauto che espone la sua melodia, finchè (21”) la voce solista declama un testo tradotto in inglese da Kavyadarsa del poeta indiano Dandin:

All these three worlds
would have been a dense darkness,
if the light,
called world,
had not shone
from the beginning of the world.

Cominciano ad udirsi sommesse voci in persiano, registrate su nastro (Tape-1). Poi l’orchestra e flauto e oboe musette in primo piano chiudono questa introduzione.

A 3’53” ecco un’esplosione dopo la quale è la voce solista che – intercalata e accompagnata dall’orchestra - recita un lungo testo (tradotto in francese) da Bhagavad Gita di Dandin, tutto imperniato sul tema della guerra e dell’immortalità dell’anima:

Sur le champ les hommes se sont assemblés,
brûlant de combattre.
Debout sur leur grand char de guerre,
attelé à des coursiers blancs,
les puissants archers sont des héros,
prêts à donner leur vie,
tous maîtres dans l’art du combat.
(orchestra)
Aussitôt résonnèrent les conques et les tambours,
les cors et les trompettes
et ce fut un tumulte immense,
qui retentit comme [le] rugissement du lion.
(orchestra)
Profondément ému par la pitié
et plein du douleur, Arjuna dit:
«En voyant dans les rangs mes parents
brûlant de combattre,
mes jambes fléchissent,
et ma bouche se dessèche;
je n’ai pas la force de me tenir debout,
et ma raison se trouble.
Je ne voudrais pas le tuer, même si cela
devait me rendre souverain des trois mondes.
(orchestra)
Les précepteurs, les pères, les fils
et les grand-pères, les oncles, les beaux-pères,
les gendres et tous les parents…..
Si, les armes à la main,
ils allaient me tuer dans la bataille,
moi, je ne veux pas résister».
Ayant ainsi parlé sur le champ de la bataille, Arjuna,
le coeur percé de douleur,
retomba sur le siège de son char
et jeta loin de soi l’arc et la flèche.
(orchestra)
Alors le Seigneur dit:
«D’ou te vient, Arjuna, en cette heure de danger
ce honteux découragement
indigne d’un Aryen?
Celui qui croit qu’il peut tuer et
celui qui croit qu’il peut être tué,
tout les deux sont ignorants.
Il ne peut ni tuer, ni être tué.
Il ne naît, ni ne meurt.
(orchestra)
Ayant été, il ne peut plus cesser d’être.
Non-né, permanent, éternel, ancien,
il n’est pas détruit
quand le corps est tué.
Les armes ne peuvent le percer,
ni le feu le brûler,
ni les eaux le mouiller,
ni le vent le sécher!
(orchestra)
Celui qui habite le corps
est toujours invulnérable.
Tu ne dois donc t’affliger pour aucune [des] créatures.
Tu ne dois pas trembler, Arjuna:
en vérité, pour un Aryen il n’y a rien
de plus désirable qu’un juste combat».

A 9’00” ecco un nuovo passaggio declamato e cantato in inglese, traduzione di due strofe dell’indiano Atharva Veda:

Power art thou, give me power!
Might art thou, give me might!
Strenght art thou, give me strenght!
Life art thou, give me life!
Eyes art thou, give me eyes!
Ears art thou, give me hearing!
Shield art thou, shield me well!
 
May I have voice in my mouth,
breath in my nostrils.
Sight in my eyes, Hearing in my ears,
hair always shining young
and much strength in my arms!

A 10’31” viene recitato un passaggio del persiano Umar Khayyām, tradotto in italiano:

O cuore, fingi d’avere tutte le cose del mondo,
fingi che tutto ti sia giardino delizioso di verde.
E tu, anima mia, su quell’erba verde
fingi d’esser rugiada gocciata là nella notte
e al sorgere dell’alba, svanita…

A 11’07” torna la lingua inglese, con la declamazione di un nuovo passaggio dell’Atharva Veda:

May I have power in my thighs,
swiftness in my legs,
may all my limbs be uninjured
and my soul unimpaired!

A 11’42” uno schianto orchestrale introduce una nuova, agitata strofa dal Rig Veda:

Let’s walk together, speak together;
may the purpose be common,
common the assembly, common the mind;
So be our thoughts united.
May our decision be unanimous.

A 12’11” è lo xilofono ad introdurre una sequenza di versi (tradotti in inglese e italiano e recitati, declamati, cantati) di KhayyāmMuslih Sa’di, dell’Atharva Veda e di Nezâmî Aruzî. Voci maschili e femminili arrivano dal nastro (Tape-2):

May we see a hundred years!

 
Sulla mia tomba ad ogni primavera
il vento del nord farà piovere fiori…
 
Son tutti verdi i rami!
 
May we know a hundred years!
 
I peri e gli albicocchi
avevan ricoperto la tomba di fiori…
 
May we assert our existence a hundred years!
 
È fiorito il giardino…
 
Yea, even more than a hundred years!

A 13’50” ancora un declamato (in inglese) da Kavyadarsa, con interventi di voci maschili (prima strofa) e femminili (seconda) registrate (Tape-2):

Glances to the side,
lovely by nature,
announce intense love,
when thrown by loving maidens,
as messengers to
attract lovers.

The mango-tree’s bud
fills my heart with strong
desire for my lover,
as does the cry of the cuckoos
drunken with love.

A 14’29” ancora versi del persiano Abd Rudaghi, cantati in italiano:

Il monte, un altro monte d’argento,
d’oro è il prato
l’acqua ora è lucente
e tenebrosa s’è fatta l’aria.
Tace la colomba,
vuoto è il verziere.
Muto è l’usignolo:
spoglio è il giardino.
Un vento freddo
come sospiro d’amanti all’alba.

A 18’50” si odono voci registrate (in persiano, Tape-3) e poi la voce solista declama (in inglese, da Kavyadarsa):

They say that the spring
must not cause the lovely
moment of your eyes
and the illusion that they
might be two bess…

A 19’29” si ode (sempre Tape-3) la voce registrata (è quella della moglie di Maderna, Cristina) recitare, da sinistra, due versi dall’Avesta:

Wie geschiet uns
so wunderbar

mentre da destra una voce di bambino (il figlio Andrea) risponde (19’52”):

…so wunderbar
…so wunderbar
(orchestra e voci registrate)
…so wunderbar

Mentre l’orchestra prosegue per quello che diverrà un lungo intermezzo, i richiami del bambino si perdono in lontananza, poi tornano in primo piano; lo stesso accade alle altre voci registrate.

L’intermezzo orchestrale si chiude a 26’54”, quando si torna ad udire la voce registrata di Cristina (Tape-4) che da destra recita – con interventi da sinistra di Andrea con il suo …so wunderbar - i seguenti versi dell’Avesta:

Ich frage Dich mein Gott
gib Du mir Antwort und Verstehen:
Wie kommt es, daß aller Wahrheit eigen
diese zeugende Kraft,
daß die Sonne dort steht
und die Sterne der Nacht,
entsprungenes Licht,
doch gehalten und wandelnd
in stiller Bahn?
Und der Mond in der Kammer
der Schlummernden  ruhe?
Eine Hand legt sich [um uns].
Nun weicht sie  zurück
und sein Licht quillt uns zu.
Wie geschieht uns so wunderbar.
Ich frage Dich mein Gott,
wie ruht uns die Erde
so staunend sicher?
Und darüber die Wolken
gehoben, gehalten,
unsichtbar getragen
und schwebend – worin?
Und es perlen und blinken die Wasser
und Blumen erblühen.
Die Rosse des Windes
durchbrausen die Bahn
und der Wagen der Wolken
rollt in den Lüften
und wir dürfen das sehen:
Unser Geist hat die Augen.
Wie geschiet uns
so wunderbar…

Da 30’41” la voce del mezzosoprano vocalizza all’unisono con oboe e flauto fino a perdersi.

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