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04 maggio, 2023

Il ritorno di Chénier alla Scala

Dopo il fortunato SantAmbrogio del 2017 ecco tornare alla Scala l’Andrea Chénier, con Kapellmeister e cast quasi completamente rinnovati. A parte il team registico (di Mario Martone) e ovviamente l’Orchestra e il Coro della Scala, gli unici due superstiti di quella produzione sono il signor Netrebko e l’Incredibile Carlo Bosi. Cui però si è aggiunto, ieri alla prima, Luca Salsi, arrivato in fretta e furia a provvidenzialmente sostituire l’Ambrogione Maestri.

Rimando quindi per le mie impressioni sulla regìa – sostanzialmente positive, che questa ripresa non fa in nulla mutare - a quanto da me scritto in quell’ormai lontano 14 dicembre 2017; qui invece una mia succinta esegesi dell’opera.

Pubblico non debordante (non escluderei anche qualche fuga all’intervallo…) e con atteggiamento dal tiepido al caldo, non di più: accoglienza finale direi nella media delle durate (10 min al massimo) e consensi distribuiti un po’ a tutti (a Yoncheva anche una modesta contestazione).

Personalmente, detto che Salsi evidentemente ha tenuto in cuore questo Gérard del ’17, quindi merita il massimo (al Nemico il Piermarini è esploso…), benino (non per tutti) la Yoncheva, che non è ancora (ma le auguro di arrivarci) la Netrebko. Il cui maritino mi pare migliorato nella linea della… vita (lo ricordavo ben più pasciuto, ecco) mentre in quella del canto starei un filino più cauto (discorso a parte il timbro della sua voce che non mi è mai piaciuto… de gustibus). Ottima la Zilio, una Madelon strappalacrime e strappa… applausi, oltre la semplice sufficienza gli altri.

Armiliato? Senza infamia, ma anche con scarsa lode, direi: una prestazione non più che onesta, la sua, dovuta più che altro alla buona forma dell’orchestra. Sicura come sempre la prova del coro, che non ha ostacoli insormontabili da superare.

Insomma: dopo la non stratosferica Lucia, una ri-proposta che non ha dato (a mio modesto giudizio) il classico colpo-di-reni… ci penserà forse il bel tenebroso Jonas???

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