intime gioje

chiuder la prigione e buttar la chiave

05 maggio, 2023

laVerdi 22-23. 28

Il concerto n°28 della stagione principale dell’Orchestra Sinfonica di Milano (sul podio il Direttore Residente, Andrey Boreyko) presenta un soggetto assai particolare (il mito di Edipo) esplorato da due diverse angolazioni musicali: Pizzetti e Stravinski. Lo stesso accostamento era stato proposto meno di un anno fa al Maggio, con direzione di Daniele Gatti. E così come a Firenze, anche qui il brano stravinskiano è stato proposto in forma concertante, senza le pur scarne ed essenziali scene(/costumi) previste in origine per la rappresentazione dell’oratorio.

Si apre con Ildebrando Pizzetti e i suoi Tre Preludi Sinfonici per l'Edipo Re di Sofocle, del 1903. In origine furono composti come musiche di scena (Intermezzi fra i diversi episodi, verosimilmente) ma successivamente sono quasi sempre stati eseguiti – come qui - in concerto.

Mi viene di paragonarlo, alla lontana, con lo schumanniano Ouverture, Scherzo e Finale: il primo tempo che presenta, dopo un’introduzione sulla dominante FA#, un primo tema in SI minore, assai mesto e cupo, caratterizzato da terzine ribattute; il secondo di sapore romantico, che arriva a sorpresa in MIb maggiore, ma cangiante presto al minore; quindi un ponte dalla natura ansiogena conduce alla ripresa del secondo tema, adesso direttamente in MIb minore e poi – dopo il ritorno del FA# introduttivo - del primo, ancora in SI minore, a spegnersi lentamente.

Il secondo tempo è di fatto un anomalo Scherzo in tempo ternario (tema concitato in FA# minore, di sapore quasi bruckneriano) con Trio che presenta un tema elegiaco e giocoso, nella stessa tonalità, ma in modo maggiore, poi però rimpiazzato dal ritorno – in FA maggiore – del secondo tema del primo Preludio per lasciare spazio quindi ad un mesto recitativo dell’oboe, in FA minore. Chiude il Preludio un poderoso ritorno del FA#, che reitera a sua volta il secondo tema del primo preludio e poi alterna – mahlerianamente - minore e maggiore. 

Il finale è tutto in DO, inizialmente in minore, con un lamentoso recitativo del primo violino, per poi sciogliersi in una chiusura quasi serena, in maggiore, ma con la sesta (mahleriana!) a dargli una sfumatura compassionevole.

Pare che Pizzetti non abbia lasciato alcun esplicito programma, così esegeti e musicologi hanno avanzato ipotesi più o meno plausibili, ad esempio: la desolazione di Tebe, l’arrivo di Edipo che sfida la Sfinge e – dopo la tragica rivelazione e le relative conseguenze - il vagare di Edipo, ormai morto al mondo, con la fedele Antigone.

Una possibile interpretazione della musica potrebbe venire applicandole i criteri che un tale Christian Friedrich Daniel Schubart già a fine ‘700 aveva codificato in fatto di espressività delle tonalità musicali, elencando per ciascuna delle 24 (maggiori+minori) i caratteri distintivi. [Chissà se Pizzetti si sia rifatto a quella classificazione…]

Così il SI minore di apertura evocherebbe la rassegnata attesa del popolo tebano per il realizzarsi del volere divino, rappresentato dal MIb maggiore, al quale si contrapporrebbe il Mib minore, evocante invece pessimismo e disperazione.    

Così il FA# minore dell’inizio del secondo Preludio potrebbe rappresentare risentimento e frustrazione, compensati però dal trionfante FA# maggiore e dal riposante FA maggiore, poi subito scacciati dal FA minore (oboe) che evoca profonda depressione e desiderio di morte. L’alternarsi di FA# maggiore e minore dà al brano una chiusura… enigmatica.

Infine, Il DO minore conclusivo evocherebbe desiderio d’amore, ma anche pena per un amore contrastato e infelice. Il DO maggiore delle ultime battute potrebbe applicarsi alla ingenua semplicità di Antigone, ultimo e unico, pietoso sostegno per il padre distrutto.   

Ma questi sono solo esercizi accademici; resta il fatto che si tratta di musica di alto profilo, che Boreyko e laVerdi hanno saputo trasmetterci in tutta la sua nobiltà. Meritati quindi i consensi del pubblico, tornato a livelli… pre-Rachmaninov, ecco (però con consistente presenza di giovani e giovanissimi, il che rappresenta sempre una confortante notizia).
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Il clou del concerto è l’Opera-Oratorio Oedipus Rex di Igor Stravinski, del 1926-27, poi revisionata nel 1948. Il testo originale è dello stesso Stravinski e di Jean Cocteau, che decisero però, piuttosto bizzarramente (anche se con qualche ragione…) di farlo tradurre dall’originale francese in lingua latina (traduzione affidata a Jean Daniélou, un religioso latinista, che divenne molto più tardi Cardinale…) Del testo francese rimangono soltanto i 6 interventi parlati del Narratore, qui recitati in italiano dal grande Massimiliano Finazzer Flory

Insieme al Coro maschile (diretto da Massimo Fiocchi Malaspina) che impersona il popolo di Tebe, i protagonisti dell’Oratorio sono:

Tuomas Katajala (tenore, Œdipus)
Petra Lang (mezzosoprano, Jocasta)
Robert Bork (basso-baritono, Créon)
Dongho Kim (basso, Tirésias)
Patrick Vogel (tenore, Pastore)
Bruno Taddia (basso-baritono, Messaggero)
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Avvicinarsi a quest’opera non è semplice: di primo acchito si fatica a entrare in sintonia con una narrativa musicale apparentemente astrusa, un pot-pourri di stilemi diversi e poco coerenti. Per questo conviene, ad un ascoltatore che non voglia farsi prendere alla sprovvista, esplorarne il testo (con la traduzione italiana) e poi una dotta esegesi, come questa dell’indimenticabile Sergio Sablich. A questo punto è consigliabile passare all’ascolto dell’opera con la parte narrata in italiano: qui Giancarlo Sbragia nel 1969 in un’esecuzione della RAI di Roma diretta da Claudio Abbado. Approfondimenti più strettamente musicali sono possibili esplorando questa lezione del prof. Nicola Sfredda.

Ma la più sconvolgente presentazione dell’opera è quella fatta dal sommo Lenny Bernstein ad Harvard, nell’ultima delle sue fulminanti lezioni del 1973: a 1h37’37” del video Bernstein comincia a parlare dell’Oedipus, suonando le battute introduttive in SIb minore, caratterizzate da quattro note (SIb-DO-LA-SIb), che presentano il carattere dell’opera, il suo soggetto (per ora) enigmatico (!?) 

L’enigma si svelerà di lì a poco (1h45’50”) quando Bernstein riassumerà l’essenza dell’Oedipus nel binomio: pietà e potere. Che sono anche alla base di un’opera famosa del melodramma ottocentesco: Aida! (ora si capisce perché Bernstein all’inizio della lecture ne aveva strimpellato al pianoforte uno dei ballabili.) Dove troviamo l’origine di quelle quattro note del tema che introduce l’Oratorio (siamo sulla dominante di SIb, FA minore): Aida che risponde ad Amneris (Atto II) con le parole: tu sei felice, tu sei possente… Io vivo solo per questo amor!

Certo, Bernstein era un ammiratore di Stravinski, a differenza di molti musicisti e musicologi che invece lo disprezzavano, ma insomma, qualcosa di vero o di interessante mi pare proprio che ci sia nelle sue appassionate argomentazioni…

Subito dopo questa rivelazione (1h57’12”) possiamo ascoltare l’opera dalla BSO diretta da lui, che poi chiuderà la lezione con il suo incrollabile credo nella tonalità (la poesia della terra…, come appunto titola la sua lezione).
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Bene, devo dire che – ancora una volta – laVerdi ci stupisce per coraggio di proporre opere impegnative quanto poco conosciute e capacità poi di realizzarle con risultati davvero eccellenti. Come detto, si è optato per la forma di concerto, con i sei solisti di canto alternatisi al proscenio, su due postazioni ai lati del podio. Finazzer ha invece declamato gli interventi del Narratore dall’alto della balconata, sulla sinistra. I due schermi ai lati del palco recavano uno l’originale latino cantato e l’altro la traduzione italiana: stessa scelta che viene fatta in ogni occasione, quanto mai preziosa per la comprensione da parte del pubblico.

Encomiabile la prestazione delle voci, a partire dal coro che esterna lo stato penoso del popolo di Tebe, o ne sottolinea le implorazioni al Re perché li liberi dalle piaghe che hanno colpito la città, o richiama e commenta i comportamenti dei protagonisti. I quali sono intrepretati da sei voci tutte da elogiare, fra le quali mi limito a citare quella che Tuomas Katajala (grandi ovazioni per lui) ha prestato ad Edipo; e quella della 60enne Petra Lang (13 stagioni a Bayreuth, dal 2005 al 2022, nei ruoli di Brangäne, Ortrud, Isolde, Brünnhilde, Kundry) che ha illustrato il breve ma intenso intervento di Giocasta, tutta tesa a screditare gli oracoli, che invece la inchioderanno alle sue responsabilità. 

L'Orchestra, che Boreyko ha guidato con il suo gesto secco e tagliente, ha supportato da par suo questo grande affresco, così ricco di riferimenti classici ma anche modernissimi. Insomma, una proposta che poche orchestre possono permettersi oggi: ci sono altre due repliche per approfittarne!

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