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02 gennaio, 2008

Il Ring: una “vision” pazza? (V)

Continuando a seguire Paul Brian Heise nella sua feuerbachiana analisi del Ring, arriviamo al Siegfried.

Come abbiamo visto, nella Walküre Wotan ha preso la sua epocale decisione: ha rinunciato alla lotta della Religione (perdente senza scampo) contro la Scienza (Alberich, di cui Erda ha annunciato la vittoria), ha trasferito al suo subconscio (Brünnhilde) l’insopportabile fardello della Verità, e si è rifugiato nella consolante prospettiva artistica, incarnata da Siegfried.

Ora Wotan assiste, nei panni del Viandante (Wanderer) allo snodarsi delle vicende cosmiche: ad Alberich dice che non competerà più per l’Anello, poichè ha proclamato la liberazione dell’Arte dalla paura della Verità. Tuttavia Siegfried, ricordando la propria nascita, avvenuta attraverso la morte della madre, ammette involontariamente di essere erede del Wotan che ha peccato contro Madre Natura, rinunciando alla Realtà.

Mime rappresenta tutto ciò che Wotan aborrisce di se stesso. Dietro la volgare, egoistica intenzione di Mime di sfruttare a suo profitto l’opera di Siegfried si nasconde l’altrettanto egoistica, anche se apparentemente nobile, intenzione di Wotan di redimersi dalle sue colpe attraverso Siegfried. Wotan è spinto dalla paura, non dall’amore. Dato che Siegfried altro non è se non Wotan, ma privo dell’autocoscienza, il disprezzo che egli mostra verso Mime altro non è se non l’auto-disprezzo di Wotan medesimo, la speranza riposta nell’eroe che, sconfiggendo Wotan, ne realizzi in realtà il desiderio.

Mime incarna la concezione di Wagner secondo cui l’egoismo è alla base di tutte le manifestazioni umane: pensiero, sentimento e azione (colpe che Wagner inconsciamente attribuisce agli Ebrei).

Grazie al fatto che Wotan ha represso la sua paura e il suo auto-disprezzo in Brünnhilde (il suo inconscio), Siegfried può uccidere sia Fafner (la paura) che Mime (l’auto-disprezzo). E lo fa con Nothung, il cui tema non a caso richiama quello dell’alba del mondo. Siegfried ripristina artificialmente con Nothung (artificialmente ricostruita) l’ingenua originaria innocenza della Natura, facendo ciò che secondo Wagner è la vera missione dell’Arte. Mime non può riforgiare Nothung perchè troppo “saggio”, cioè troppo conscio.

Fafner è la wagneriana metafora della paura della Verità, il simbolo della fede religiosa che tiene in ostaggio la libertà di pensiero (Alberich). È il guardiano di Anello, Tarnhelm e Tesoro (la conoscenza) per impedire che Alberich se ne reimpossessi. L’artista-eroe Siegfried (erede di Wotan, cioè della Religione) deve uccidere Fafner (la paura della Verità) in modo da liberare l’essenza della Religione, l’Arte e l’Amore, dalle contraddizioni intellettuali della fede religiosa. In tal modo Siegfried può prendere possesso del tesoro di conoscenza del mondo tragico di Alberich, per trasformarlo attraverso l’immaginazione artistica in qualcosa di sublime, che funzioni da antidoto alla maledizione di Alberich. Così quel tesoro di conoscenza diventa il simbolo dell’amore che Siegfried e Brünnhilde condividono.

L’Uccellino della Foresta avverte Siegfried dell’uso che egli può fare di Anello e Tarnhelm, ma Siegfried, riemergendo dalla caverna di Fafner, già se lo è scordato: ciò sta a significare che Siegfried ha avuto dalla musica dell’Uccellino semplicemente l’intuizione artistica del Tesoro di Alberich. Lo ha avvertito, ma non lo ha pensato: lo conosce solo in modo subliminale, inconscio, musicale. Ma attraverso l’Uccellino chi parla sono in effetti la paura e il desiderio di Wotan, trasferiti e impartiti a Brünnhilde durante la sua confessione. Infatti Siegfried, quasi sotto dettatura, esegue tutto ciò che Wotan desiderava lui facesse:

(1) prende possesso di Anello e Tarnhelm, in modo che Alberich non possa riacquistarne il potere;
(2) uccidendo Mime, elimina tutto ciò che Wotan aborriva di se stesso, tanto da non poterne sopportare la coscienza; e
(3) lascia l’Anello nelle mani protettive di Brünnhilde, in modo da salvaguardarne il potere, rendendone innocua la maledizione e soddisfacendo la speranza di redenzione di Wotan, almeno temporaneamente.

Secondo Wagner, la Musica è l’estremo rifugio del morente credo religioso, del dio che si ritira nella profondità del cuore (il Reno) dell’artista individuale, di fronte alla mancanza d’amore e allo scetticismo scientifico del mondo moderno, dove la divinità non può trovare dimora. Non potendosi più sostenere come concetto, il divino si ritira nel sentimento. La Musica, il canto dell’Uccellino, rappresenta il filo che conduce Siegfried a ritrovare quel tesoro di paurosa conoscenza, che era la sua originale fonte di ispirazione, il suo programma segreto. Così il canto dell’Uccellino indirizza Siegfried verso il proprio inconscio, Brünnhilde, dove riposa la sua pericolosa auto-consapevolezza.

Nel suo incontro diretto con Erda, Wotan esprime le sue preoccupazioni in forma puramente retorica. Lui non può accettare la Verità, nè rassegnarsi al suo pauroso destino: ma ha appena finito di dire ad Alberich che ormai egli desidera solo osservare, non più agire. Quando chiede quale utilità possa avere per lui Brünnhilde, si risponde da solo, chiedendosi come possa il dio vincere le proprie preoccupazioni. Ma proprio durante la sua confessione alla figlia, Wotan, esprimendo il suo desiderio - l’inconscio intento poetico - per un eroe libero, aveva posto i semi per la nascita di Siegfried, il libero eroe senza paura.

Confidente che un Walhall di puro idealismo, purificato dal credo religioso, potrà rinascere nell’amore di Siegfried per Brünnhilde, portando la redenzione del sentimento religioso attraverso l’Arte, Wotan proclama ad Erda che la di lei conoscenza (l’ancestrale paura della Madre) svanisce di fronte alla sua volontà. Cioè, la conoscenza, depositata in Erda, svanisce di fronte alla mente inconscia di Wotan, Brünnhilde, in cui il dio ha trasferito la paurosa conoscenza che Erda gli aveva trasmesso.

È attraverso la magica protezione di Brünnhilde, inconscia mente di Siegfried e sua fonte di ispirazione, che Siegfried è liberato dalle conseguenze della maledizione della conoscenza di Alberich. Quando Wotan - sul motivo dell’Eredità del Mondo - dice a Erda che Brünnhilde, risvegliata da Siegfried, compirà il gesto di redenzione, non intende riferirsi alla restituzione dell’Anello al Reno (cui il dio comincerà a pensare solo dopo il fallimento di Siegfried) ma all’unione della musa Brünnhilde con Siegfried, la metafora wagneriana dell’inconscia ispirazione di imprese artistiche, che temporaneamente redimerà il Walhall (nella sua nuova incarnazione come Arte secolare) dalla distruzione.

La paura di Siegfried di fronte a Brünnhilde viene dal fatto che lei custodisce, per Siegfried, la paurosa conoscenza - che Wotan non potè sopportare - della sua vera identità e del suo destino. Di fronte alla prospettiva sessuale, Siegfried è timoroso poichè, dopo aver detto a Fafner “Io ancora non so chi sono”, si sente dire da Brünnhilde “Io sono te stesso, se solo tu mi amerai. Io conosco per te ciò che tu ignori”. Brünnhilde rivela a Siegfried di aver avvertito ciò che Wotan pensava, e Siegfried conferma di non saper cogliere ciò che lei canta, ma soltanto di provare passione per lei. Qui Wagner ci sta dicendo che i suoi motivi musicali, il canto di Brünnhilde, contengono la chiave di volta dello stesso Ring, il segreto non rivelato che spinse Wagner a crearlo.

Come Siegfried, anche Brünnhilde prova paura di fronte al sesso poichè, come sua mente inconscia e depositaria della paurosa conoscenza trasmessale da Wotan, lei ha la premonizione che Siegfried tradirà il segreto dell’inconscia ispirazione artistica, cioè tradirà il loro amore. E se Siegfried lo farà, sarà rivelando quell’insopportabile Verità (l’Anello e la sua maledizione) che la sua stessa ispirazione artistica dovrebbe nascondere, durante un’impresa artistica ispirata da Brünnhilde. Se i pensieri repressi di Wotan (dell’Umanità) venissero rivelati, allora Hagen potrebbe approfittarne per distruggere la speranza di Wotan di redenzione attraverso l’Arte.

Ma tuttavia Brünnhilde decide di ispirare, con il suo amore, l’Arte di Siegfried, poichè lui è “il Tesoro del Mondo”, il guardiano inconsapevole del tesoro di conoscenza del mondo di Erda, che Alberich afferma. In effetti, essendo egli, insieme a Brünnhilde, il mago artista che custodisce gli ultimi misteri religiosi, i segreti dell’inconscia ispirazione artistica, è anche la sola speranza che l’Umanità può conservare di redimersi dalla Verità. Egli può, attraverso la sua Arte, consegnare all’oblio la conoscenza (di Erda) di tutto ciò che fu, è e sarà. È attraverso tale ispirazione artistica che, secondo Wagner, la tragica Realtà del Mondo può essere trasformata esteticamente in un ornamento di delizia e amore.

Siegfried e Brünnhilde possono dimenticare, almeno temporaneamente, le loro paure, se Brünnhilde ispirerà a Siegfried tali redentrici opere dell’Arte. Ciò spiega l’apparente criptica frase di Siegfried a Brünnhilde “Per me devi essere ciò che, paurosa, fosti e sarai”; in altre parole, Siegfried chiede a Brünnhilde di operare quell’atto di redenzione cui alludeva Wotan dicendo ad Erda che la di lei conoscenza cedeva di fronte alla sua volontà. E infatti Siegfried, proprio mentre Brünnhilde gli si sta finalmente offrendo, esclama: “La paura che non ho mai imparato, e che tu mi hai scarsamente insegnato, adesso - sciocco quale sono - l’ho completamente dimenticata!”

(continua)

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