Ieri al Regio torinese si è conclusa la serie di
recite del Dario di Vivaldi. Sala non proprio gremitissima, ma data la
proposta (piuttosto desueta) credo che si debba essere soddisfatti per come il
pubblico ha risposto a questa coraggiosa iniziativa del Teatro.
Spettacolo nobilitato
dalla musica del prete rosso, autorevolmente
diretta da Ottavio Dantone, che è notoriamente uno specialista del barocco ed
in particolare ha già eseguito ed inciso un Dario praticamente integrale,
con la sua Accademia Bizantina e (a
parte proprio Dario) con gli stessi interpreti principali delle recite al
Regio. In occasione delle quali (la registrazione radiofonica della prima è ascoltabile su youtube) ha apportato alla
partitura alcuni tagli non proprio indolori. A parte una buona dose di
recitativi (e questo può anche passare) a Torino sono stati omessi
completamente: il duetto iniziale Statira-Argene (“Cessi il pianto”); l’aria di
Oronte (atto II, scena 11) “Se fui contento”, l’aria di Statira (atto II, scena
16) “Se palpitarti il sen” e l’intera scena 1 dell’atto III, con conseguente
eliminazione del duo Oronte-Arpago “Col fulgor di sacro alloro” e dell’aria di
Arpago “V’ubbidisco amate stelle”. In più, alcune arie sono state accorciate,
eliminando la seconda strofa e il da-capo della prima. Il tutto per più di 20
minuti di musica, che non credo avrebbero mandato in overflow la pazienza del pubblico, ecco. In ogni caso, una proposta
più che accettabile (del resto anche ai tempi di Vivaldi era costume costruire
ogni recita assemblando il materiale disponibile con criteri dipendenti dalle
circostanze).
Da
lodare l’intero cast, compresa la Delphine
Galou (la sbifida Argene) che l’altoparlante aveva annunciato come non al meglio,
causa improvvisa indisposizione. Bene Sara
Mingardo (la vanesia Statira) e benissimo Romina Tomasoni (Flora). Apprezzabili le due travestite, pretendenti di Statira, Lucia Cirillo (Oronte) e Veronica
Cangemi (Arpago) come pure la poverina Alinda (Roberta Mameli).
Nei
due principali ruoli maschili si sono distinti Carlo Allemano (Dario) e Riccardo
Novaro (l’inaffidabile filosofo-alchimista). Poi Cullen Gandy, nel doppio e striminzito ruolo dell’Ombra di Ciro e
dell’Oracolo di Apollo.
Benissimo
i professori del Regio (più l’arciliuto
portato da Dantone) nel rendere al meglio questa musica, che altrimenti
rischierebbe di sembrare un po’ troppo ripetitiva. Ma è un Vivaldi brillante e
geniale, soprattutto nel rivestire la sua musica di splendidi e sempre
appropriati accenti naturalistici.
___
La regìa di Leo Muscato è tutto sommato rispettosa dello spirito (non della
lettera) dell’originale: la trasposizione spazio-temporale (dall’antica Persia siamo
finiti negli sceiccati petroliferi contemporanei) non disturba per nulla, dal
momento che lo stesso soggetto del Morselli
impiega storia&geografia
esclusivamente come pretesti per presentare uno scenario (per la verità
piuttosto grottesco e tragicomico) di lotta per il potere (politico ed
economico) che ha le stesse caratteristiche sotto ogni latitudine e in
qualsivoglia epoca storica.
Quindi ci sta che Dario sia un
magnate del petrolio, Oronte il capo di un’impresa di estrazione e Arpago il
responsabile della sicurezza, così come l’Oracolo di Apollo sia uno yuppie di WallStreet, venuto a controllare
che tutto fili secondo le regole della moderna divinità: il capitale
internazionale.
Le scene (dell’Accademia Albertina di Belle Arti di
Torino) mostrano alternativamente gli esterni, in cui predomina la tecnologia
petrolifera (direi più da raffinazione che da estrazione...) e gli interni
delle sontuose residenze della ricchissima nobiltà. I costumi sono di
concezione fantastica, colori sgargianti e taglio moderno. Efficaci le luci di Alessandro Verazzi.
Intelligente ed efficace anche la gestione
dei personaggi, che ne mette in luce i prevalenti lati grotteschi e
tragicomici; apprezzabili anche i movimenti coreografici di Alessandra DeAngelis.
In conclusione, una proposta meritevole
di lode, che presto dovrebbe poter essere goduta, tramite DVD, anche da chi non
ha potuto assistere di persona.
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