La seconda
recita della Gazza ladra ha (come si poteva del resto facilmente prevedere)
rimesso ogni cosa a posto per ciò che riguarda il livello (non sommo, intendiamoci,
ma più che accettabile) della qualità complessiva dello spettacolo. E in
particolare per ciò che riguarda il Direttore
(pretestuosamente contestato alla prima)
che è stato invece l’artefice principale del successo dello spettacolo (proprio
come Daniele Gatti lo era stato di
recente nei Meistersinger).
Dunque, Chailly: una
direzione quasi perfetta, proprio a comiciare dai rulli di cassa che aprono l’Ouverture,
che a suo tempo lo stesso grande Gioachino – additato per il patibolo da uno scandalizzato
quanto stolto violinista – seppe difendere alla grande.
Ma praticamente tutto nella direzione di Chailly è da condividere:
lo stacco dei tempi, le dinamiche, le sfumature ora comiche e grottesche, ora
serie e lacrimevoli (la marcia al patibolo, una cosa straordinaria!) E poi la
concertazione di orchestrali e cantanti: in tre ore e un quarto di musica – non
dimentichiamo che si è presentata la versione integrale, recitativi compresi, magistralmente accompagnati da James Vaughan - mai una sbavatura, un
attacco sporco, una rilassatezza, una caduta di tensione. Insomma, una
dimostrazione di professionalità e di sensibilità interpretativa di alto livello.
Per lui solo applausi, dopo l’Ouverture, al rientro e all’uscita finale: un
successo che di sicuro lo ripaga delle preconcette e abbastanza ignobili
contestazioni della prima. Ragion per
cui, chiunque farnetichi di licenziamenti in tronco del Direttore Musicale
dovrà rinfoderare le spade di latta (per poi magari ri-brandirle alla prossima,
ma con credibilità ridotta a zero).
Per il resto, nel campo sonoro, niente di stratosferico,
intendiamoci, ma un livello generale che a mio avviso ha ampiamente meritato la
sufficienza, con punte verso il buono ed altre meno, ma insomma... una
performance più che dignitosa, accolta da applausi convinti al termine di ogni numero.
Bene come sempre il coro di Casoni,
note positive dai tre bassi
principali: l’ormai venerabile Michele Pertusi,
il cui vocione fin troppo cavernoso ha scolpito ancora una volta il personaggio
del bieco Podestà; il bravissimo Alex
Esposito, che è stato un perfetto Villabella (personalmente lo trovo assai
migliorato rispetto a prestazioni di qualche tempo fa); e l’ormai
collaudatissimo Paolo Bordogna, dalla
voce calda e rotonda, un Vingradito di gran classe.
Una (per me) piacevole sorpresa i due giovani protagonisti:
soprattutto lei, la Rosa Feola, che ha
sfoggiato una voce ben impostata soprattutto nei centri, forse da mettere a
punto negli acuti, ma in generale ha proposto una Ninetta interessante. Edgardo Rocha ha una voce sottile, ma
non piccola, che passa benissimo anche i grandi spazi del Piermarini. Sarà
presto per parlare di lui come di un nuovo JDF, ma il suo Giannetto mi è parso davvero
di tutto rispetto.
Fra i ruoli di contorno, direi più che bene di Teresa Iervolino, una Lucia convincente,
dalla voce potente ma morbida e sempre ben impostata. Un gradino sotto metterò
la Serena Malfi, voce ancora un poco
rozza (ma con lo studio non potrà che migliorare): comunque se l’è cavata
dscretamente nel duetto con Ninetta in carcere. Tutti gli altri quattro
comprimari han fatto certamente del loro meglio, e vanno associati alla
generale approvazione.
___
La regìa di Gabriele
Salvatores (con il suo team di collaboratori per scene, costumi, luci e coreografie)
non sarà certo da premio Oscar, ma mi
è parsa efficace e rispettosa di lettera e spirito del melodramma rossiniano. L’impiego
della bravissima acrobata Francesca
Alberti nel ruolo del titolo mi è sembrato centratissimo e solo un giudizio
superficiale lo può apparentare a quello che Damiano Michieletto ha immaginato per la sua Gazza del ROF-2007 (una
ragazzina che sogna l’intera vicenda in cui ricopre il ruolo del volatile):
come giustamente e acutamente fa osservare Emilio
Sala nel suo intervento sul programma di... sala, l’idea di Michieletto
trasformava un dramma che ha basi
storiche in una specie di favola
da Alice nel paese delle meraviglie, uno scenario completamente estraneo all’originale.
Interessante e simpatica anche la presenza delle marionette di Colla e dei suoi valentissimi collaboratori,
presenza mai soffocante ma sempre mantenuta su un livello di grande equilibrio
e raffinatezza.
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Ecco, concludo dichiarando che personalmente mai e poi mai mi
sentirei di sostenere che fosse meglio rinunciare a questa proposta: perchè
Rossini è comunque talmente grande da resistere a qualunque agente inquinante.
E anche una proposta appena appena onesta (e questa, sia chiaro, è molto, molto di più) è sempre meglio del
digiuno e dell’oblio.
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