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16 aprile, 2017

La Gazza scaligera e Chailly si riprendono ciò che gli spetta


La seconda recita della  Gazza ladra ha (come si poteva del resto facilmente prevedere) rimesso ogni cosa a posto per ciò che riguarda il livello (non sommo, intendiamoci, ma più che accettabile) della qualità complessiva dello spettacolo. E in particolare per ciò che riguarda il Direttore (pretestuosamente contestato alla prima) che è stato invece l’artefice principale del successo dello spettacolo (proprio come Daniele Gatti lo era stato di recente nei Meistersinger).

Dunque, Chailly: una direzione quasi perfetta, proprio a comiciare dai rulli di cassa che aprono l’Ouverture, che a suo tempo lo stesso grande Gioachino – additato per il patibolo da uno scandalizzato quanto stolto violinista – seppe difendere alla grande.

Ma praticamente tutto nella direzione di Chailly è da condividere: lo stacco dei tempi, le dinamiche, le sfumature ora comiche e grottesche, ora serie e lacrimevoli (la marcia al patibolo, una cosa straordinaria!) E poi la concertazione di orchestrali e cantanti: in tre ore e un quarto di musica – non dimentichiamo che si è presentata la versione integrale, recitativi compresi, magistralmente accompagnati da James Vaughan - mai una sbavatura, un attacco sporco, una rilassatezza, una caduta di tensione. Insomma, una dimostrazione di professionalità e di sensibilità interpretativa di alto livello. Per lui solo applausi, dopo l’Ouverture, al rientro e all’uscita finale: un successo che di sicuro lo ripaga delle preconcette e abbastanza ignobili contestazioni della prima. Ragion per cui, chiunque farnetichi di licenziamenti in tronco del Direttore Musicale dovrà rinfoderare le spade di latta (per poi magari ri-brandirle alla prossima, ma con credibilità ridotta a zero).

Per il resto, nel campo sonoro, niente di stratosferico, intendiamoci, ma un livello generale che a mio avviso ha ampiamente meritato la sufficienza, con punte verso il buono ed altre meno, ma insomma... una performance più che dignitosa, accolta da applausi convinti al termine di ogni numero.

Bene come sempre il coro di Casoni, note positive dai tre bassi principali: l’ormai venerabile Michele Pertusi, il cui vocione fin troppo cavernoso ha scolpito ancora una volta il personaggio del bieco Podestà; il bravissimo Alex Esposito, che è stato un perfetto Villabella (personalmente lo trovo assai migliorato rispetto a prestazioni di qualche tempo fa); e l’ormai collaudatissimo Paolo Bordogna, dalla voce calda e rotonda, un Vingradito di gran classe.

Una (per me) piacevole sorpresa i due giovani protagonisti: soprattutto lei, la Rosa Feola, che ha sfoggiato una voce ben impostata soprattutto nei centri, forse da mettere a punto negli acuti, ma in generale ha proposto una Ninetta interessante. Edgardo Rocha ha una voce sottile, ma non piccola, che passa benissimo anche i grandi spazi del Piermarini. Sarà presto per parlare di lui come di un nuovo JDF, ma il suo Giannetto mi è parso davvero di tutto rispetto.

Fra i ruoli di contorno, direi più che bene di Teresa Iervolino, una Lucia convincente, dalla voce potente ma morbida e sempre ben impostata. Un gradino sotto metterò la Serena Malfi, voce ancora un poco rozza (ma con lo studio non potrà che migliorare): comunque se l’è cavata dscretamente nel duetto con Ninetta in carcere. Tutti gli altri quattro comprimari han fatto certamente del loro meglio, e vanno associati alla generale approvazione.
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La regìa di Gabriele Salvatores (con il suo team di collaboratori per scene, costumi, luci e coreografie) non sarà certo da premio Oscar, ma mi è parsa efficace e rispettosa di lettera e spirito del melodramma rossiniano. L’impiego della bravissima acrobata Francesca Alberti nel ruolo del titolo mi è sembrato centratissimo e solo un giudizio superficiale lo può apparentare a quello che Damiano Michieletto ha immaginato per la sua Gazza del ROF-2007 (una ragazzina che sogna l’intera vicenda in cui ricopre il ruolo del volatile): come giustamente e acutamente fa osservare Emilio Sala nel suo intervento sul programma di... sala, l’idea di Michieletto trasformava un dramma che ha basi storiche in una specie di favola da Alice nel paese delle meraviglie, uno scenario completamente estraneo all’originale.

Interessante e simpatica anche la presenza delle marionette di Colla e dei suoi valentissimi collaboratori, presenza mai soffocante ma sempre mantenuta su un livello di grande equilibrio e raffinatezza.
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Ecco, concludo dichiarando che personalmente mai e poi mai mi sentirei di sostenere che fosse meglio rinunciare a questa proposta: perchè Rossini è comunque talmente grande da resistere a qualunque agente inquinante. E anche una proposta appena appena onesta (e questa, sia chiaro, è molto, molto di più) è sempre meglio del digiuno e dell’oblio.

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