Andrea Pestalozza, che ha parecchi cromosomi abbadiani nel suo DNA (purtroppo la mamma è scomparsa poche ore prima del ritorno di Claudio alla Scala) sale questa settimana sul podio dell'Auditorium per proporci un programma che pare davvero copiato da quelli storici, anni '70, dello zio: unire musica contemporanea a… Mahler!
Auditorium piacevolmente invaso da torme di giovani, evidentemente studenti e/o fan degli interpreti della serata (peccato non sia così ogni settimana!)
Si inizia con la prima esecuzione italiana di Let Me Sing Into Your Ear ("Fammi cantare dentro le tue orecchie") per Corno di bassetto e archi di Marco Stroppa, classe 1959. La trovata – bizzarra assai, va detto, ma oggigiorno si deve pur inventare qualcosa - è quella di collocare il solista (che è nientemeno che il dedicatario, Michele Marelli) lontano, dietro l'orchestra, ma ben visibile al pubblico, con addosso un groviglio di cavi che recano una serie di microfoni, per trasmettere i suoni del suo pseudo-clarinetto a sei altoparlanti posti al proscenio (come dire: immagine reale e suono riprodotto).
Il brano si suddivide in 6 parti, dai sottotitoli che in almeno 4 dei 6 casi si fatica ad associare a scenari musicali (tipo… rintanato!):
A 1. Sdoppiato, con pudicizia
A 3. Pulviscolante
B 1. Danzante
B 2. Irredento
B 3. Rintanato
Personalmente credo di aver identificato, dal suono dei violini, il Pulviscolante, del resto non saprei che dire… Immagino però che la parte del solista sia piuttosto ostica, e magari piacevole (per lui) da suonare.
Se posso permettermi un suggerimento (smile!) all'Autore, gli proporrei una variante esecutiva della sua opera: porre il solista al proscenio, ma dietro un paravento traforato, e proiettare sul fondo del palco la sua immagine (come dire: suono reale e immagine riprodotta… chissà se fa lo stesso effetto!)
Ecco poi la prima assoluta di un'opera postuma (tornata alla luce di recente, dopo che l'Autore l'aveva ritirata dal… mercato) di Niccolò Castiglioni, scomparso 16 anni orsono: il Concerto per 3 pianoforti e orchestra. Solisti Alfonso Alberti (che è anche saggista e ha scritto libri su Castiglioni) Emanuela Piemonti e Carlotta Lusa. Qui le indicazioni agogiche sono (quasi) tradizionali:
I. Dolcino
II. Allegretto
III. Prestissimo
IV. Allegro
V. Adagetto
VI. So schnell wie möglich
I tre pianoforti per quasi tutto il pezzo non fanno che integrare l'atmosfera liquida creata dagli strumentini e dalle percussioni metalliche. Poi nell'ultimo movimento succede di tutto: un accordo ripetuto per 190 (in lettere: centonovanta) volte, non una di meno e poi una filastrocca che migra dall'uno all'altro dei solisti, finchè il pezzo è chiuso da un tremendo colpo di piatti (esecutore al proscenio, accanto al direttore).
Evabbè…
La Prima di Mahler non ha certo bisogno di presentazioni, essendo una delle sinfonie più presenti nei programmi di tutte le orchestre del pianeta. Uno di quei piatti famosi serviti in tutti i ristoranti, che ti vien sempre voglia di ordinare, ma che spesso finisce per deluderti, per… eccesso di aspettative.
Ecco, ieri è proprio andata così (almeno alle mie orecchie…): un'esecuzione dignitosa (Pestalozza non ha preso iniziative inconsulte o gigionesche, l'orchestra ha suonato piuttosto bene, corni a parte) ma nulla più. Insomma: una prestazione un poco al di sotto delle… pretese!
Avvicinandosi l'Avvento, per il concerto n°10 torneranno il Messiah e Ruben Jais.
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