Ieri pomeriggio la terza del Tristan veneziano, in
un teatro affollato, ma non proprio esaurito. Anzi, andatosi tristemente
svuotando di intervello in intervallo. Che dire? perle ai porci?
Beh, forse proprio non erano perle, ma
certo un Tristan più che decoroso non si ascolta e vede tutti i giorni. E si
avrebbe sempre qualcosa da imparare, se i buhatori
spiegassero le loro ragioni. Dico: quello (o quei due al massimo) che hanno
accolto Chung alla sua uscita finale sul palco con sonorissimi buh dovrebbero gentilmente far sapere ai
poveri pirla che gridavano bravo! e
applaudivano calorosamente che cosa non andava secondo loro nella direzione del
coreano (o erano forse i suoi occhi sporgenti?) Direzione che io (ma
evidentemente sono un crasso ignorante, e per questo mi piacerebbe imparare
qualcosa…) ho trovato di livello se non assoluto, quanto meno elevatissimo (gli perdonerò
qualche eccessivo fracasso nel finale).
La compagnia di canto non è proprio di
quelle da star-system, ma se l’è cavata degnamente. Su tutti, per me, la Brangäne
di Tuija Knihtila, voce bellissima e
penetrante, che ha spesso sovrastato – nei loro dialoghi - la pur brava Brigitte Pinter. La quale è stata
un’apprezzabile Isolde, pur con qualche piccola pecca sugli acuti pieni, un po’
troppo aperti e vocianti. E il modo con cui fissava in continuazione Chung (non
Tristan!) fa pensare anche a un qualche disagio, se non proprio ad insicurezza (sarà
mica questa la ragione dei buh al maestro?)
Ian Storey, da cinque
anni esatti a questa parte (cioè da quando Barenboim
gli appaltò per la prima volta il ruolo per l’inaugurazione scaligera del 2007)
è evidentemente migliorato, almeno come capacità di tenuta fino in fondo
(allora aveva mostrato chiare défaillances, e anche in seguito, vedi a Genova
nel 2010, se l’era cavata solo grazie ad abbondanti tagli nel second’atto). La
voce non sarà straordinaria (anche lui meno penetrante della Knihtila) ma pare
anche emotivamente adatta al personaggio (non parliamo poi delle qualità
attoriali, che non si scoprono oggi).
Il Kurwenal
di Richard Paul Fink non mi è
dispiaciuto, sia nelle sue sguaiate esternazioni del prim’atto, che nelle sue
premurose attenzioni del terzo. Un po’ a desiderare ha lasciato il suo modo di
muoversi (ma quanto c’entra la regìa?) che ne faceva più una figura di cuoco o,
che so, di addetto alle stalle, che non del rude luogotenente di Tristan!
Attila Jun era König Marke: voce discreta, non eccezionale; quello che personalmente gli contesto è una caratterizzazione troppo focosa e meridionale della figura del vecchio Re: che ai miei occhi dovrebbe essere un personaggio dolorosamente colpito dal tradimento del figlioccio, ma che mantiene sempre (nel canto e nei gesti) l’aplombe e la regalità del suo ruolo, senza fare gesti inconsulti o imprecare come Rigoletto contro i cortigiani (!)
Francamente
modesto il Melot di Marcello Nardis
(meno male che canta poco, smile!);
apprezzabili i comprimari, in specie Gian
Luca Pasolini, il mozzo che ha l’ingrato compito di rompere il ghiaccio.
Come pure il pastore Mirko Guadagnini
(chi ha trionfato con pieno merito è stata la sua… controfigura al corno
inglese, Renato Nason) e Armando Gabba (il timoniere).
Il coro di Claudio Marino Moretti non si è mai… visto, ma ha sostenuto
efficacemente la sua parte, che è limitata al primo atto.
__
Due cosette
sull’allestimento di Paul Curran (con
le scene/costumi di Robert Hopkins e
le luci di David Jacques). Dirò
subito che, con tante stupidaggini che si vedono in giro di questi tempi, qui
siamo al rigore (quasi) assoluto: grazie!
Sì, non
mancano trovate abbastanza gratuite, come il Tristan che gioca a carte con
Kurwenal durante l’intera prima scena: qui non si tratta solo di infedeltà
rispetto al libretto, ma di una evidente banalizzazione del personaggio.
Tristan se ne dovrebbe stare da solo a scrutare il mare (o il vuoto) perché ha
qualcosa (e sapremo bene cosa) che gli rode
dentro: mostrandocelo mentre gioca a carte per far passare il tempo è
francamente deludente. E poi contrasta in pieno con il pretesto che Tristan
invocherà per rispedire Brangäne a mani vuote (dover attendere al timone…)
Buona invece l’idea scenografica della gabbia che rinchiude Tristan, efficace
strumento ad evocare la barriera psicologica che separa i due protagonisti. Così
come efficace e quasi didascalico è l’impiego delle luci al momento del
brindisi e del risveglio: buio totale dopo l’assunzione del filtro e poi una luce
violenta e concentrata sul pavimento verso la quale i due amanti, finalmente dichiaratisi, si trascinano bocconi, fino
a congiungere le loro mani.
Nel
second’atto la scena è nuda e sembra più un carcere che una lussuosa dimora,
albero spoglio incluso (che il sempre sapido amfortas
giustamente vedrebbe meglio nella Walküre!) Le libagioni dei due amanti
(Tristan si è portato dietro in bisaccia bottiglia e calici, ma Isolde tracanna
anche direttamente dalla bottiglia!) sono forse un cedimento alle abitudini del
regista (scozzese, smile!) Quando i
due amanti vengono sorpresi, secondo Wagner Isolde dovrebbe accucciarsi
vergognosa sul sedile fiorito (e fin
qui ci siamo quasi… mancano solo i fiori) e Tristan, in piedi, dovrebbe aprire
il braccio per coprire col mantello la vista della svergognata. Qui invece
vediamo Tristan coprire direttamente (in modo biblico, proprio!) la sventurata…
Evabbè. Poi, dopo che Marke ha fatto il pistolotto e Tristan e Isolde hanno
chiarito a tutti le loro intenzioni, il nostro eroe bacia la sua amata… dove?
Mica in fronte, come poeticamente avverte Wagner, ma proprio e bene sulla bocca
(in modo che anche i distratti possano capire, smile!)
Nel
terz’atto tornano le suppellettili del primo (fasciami di nave e gabbia di
legno) ma tutte sgangherate e cadenti: e ci sta senz’altro, dato ciò che è
accaduto nel frattempo. Tristan giace su una poltrona (e va bene) e se ne sta
anche abbastanza fermo, come vorrebbe Wagner (che lo fa alzare solo
all’avvicinarsi di Isolde). Bende insanguinate dappertutto non lasciano dubbi
sul suo stato fisico, anche se l’attenzione di noi tutti dovrebbe concentrarsi
esclusivamente su quello spirituale…
Il finale è
rappresentato con efficacia e poesia: Isolde trasfigurata sul cadavere di
Tristan e tutti gli altri, in penombra, inebetiti ad osservare.
___
Per me, lo spettacolo
vale assolutamente la pena (del prezzo del biglietto e del trasferimento in laguna).
Poi però: non scappate durante gli intervalli, please!
2 commenti:
Anch'io ho consigliato di andare a vedere questo spettacolo e vedo che ho fatto bene.
Rigrazie della citazione, in effetti quell'albero ci poteva stare proprio nella Walküre, chissà, magari lo riciclano!
Ciao e grazie :-)
@Amfortas
Effettivamente lo spettacolo è di livello notevole. Resta l'amara constatazione dell'inadeguatezza degli attuali (e siamo nel terzo millennio) strumenti di "divulgazione e fruizione": per ciascuno degli (idioti) spettatori che se ne sono andati negli intervalli, sono sicuro che ce ne sarebbero mille altri (soprattutto giovani) che avrebbero potuto godere di questo spettacolo e ne sono stati impediti.
Ciao!
Posta un commento