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scrivere pescivendola

12 marzo, 2012

La Bohème torna a casa


Ieri pomeriggio al Regio terza delle sei recite di Bohème. Si tratta di una produzione ormai definibile di repertorio, visto che in questa stagione si ripresenta l'allestimento del 1996 - centenario della prima assoluta - di Giuseppe Patroni Griffi (oggi efficacemente ripreso da Vittorio Borrelli).

Qualcuno potrebbe pensare che un'opera così celebre, nota e stranota, proposta in un allestimento già conosciuto e per di più tradizionale non ecciti l'appetito né l'interesse del pubblico. Ma forse ciò pensano quelli con la puzza al naso, quelli che ma che barba che noia, quelli che se non porti l'ambientazione in Thailandia o non spargi sul soggetto Ibsen, Strindberg, Freud e Jung a piene mani non si divertono e soprattutto non si commuovono più. (Detto di passaggio, pare che costoro fossero in netta minoranza ieri sera alla Scala, almeno a giudicare da ciò che si è udito per radio al termine della Fr-o-Sch del genio Guth… su cui però riferirò a giorni, dopo visione diretta). 

O anche coloro che se non c'è la Netrebko con Kaufmann non butto via i miei soldi…

Perché invece la folla straripante e plaudente che anche ieri ha riempito l'anfiteatro del Regio dimostra precisamente il contrario. Ma immagino che i di cui sopra diranno che trattavasi di una folla di incompetenti, tipo quella dei matinée del MET, che si beve qualunque porcheria e applaude sempre tutto e tutti (come si è sentito proprio sabato su Radio3, in un Don Giovanni cantato… nel posto dove si trasferisce alla fine il povero Leporello). 

Forse, può darsi, ma personalmente sono convinto che l'apprezzamento per questa proposta non venisse soltanto da qualche curioso ignorante o da quelli che, non essendoci partite allo stadio, hanno ripiegato sul teatro non sapendo cos'altro fare. Perché l'allestimento era tale da far commuovere (e ridere) nei momenti appropriati e soprattutto la prestazione del cast vocale e orchestrale è stata – almeno a parere di uno come me, che non cerca il pelo nell'uovo, lo confesso - di tutto rispetto, decisamente positiva nella media e con qualche punta di eccellenza. 

Prima fra tutte Maria Agresta, splendida protagonista, perfettamente calata nella parte, soprattutto sul versante musicale: voce calda, penetrante su tutta l'estensione e portamento esemplare. 

Con lei merita un grande elogio il coro - anzi i cori, con i piccoli in grande evidenza - di Claudio Fenoglio: tutti bravissimi a superare alla grande le impervie difficoltà della polifonica kermesse che occupa l'intero secondo quadro. 

Massimiliano Pisapia era Rodolfo. Partito non senza difficoltà (mi è parso leggermente calante all'esordio) si è ripreso subito e ha poi fatto del suo meglio: certo, la voce è quella che gli ha dato la mamma (e nessuno, per quanto studi, può trasformarla in quella di… Pavarotti, smile!) ma lui l'ha impiegata con intelligenza e professionalità, e non si è tirato indietro nemmeno di fronte ai DO acuti che peraltro Puccini indicherebbe come optional. Anche per lui gran trionfo.

Norah Amsellem è stata una Musetta efficacissima sul piano della recitazione, un poco meno, a mio avviso, su quello musicale: voce dal timbro non proprio gradevole e vagamente tendente all'urlo, soprattutto nel secondo quadro; meglio alla fine.

I tre amiconi di Rodolfo hanno ben meritato: Claudio Sgura come Marcello (peraltro non sempre penetrante), Fabio Previati come Schaunard e Nicola Ulivieri, un Colline che ha più che dignitosamente preso congedo dalla sua vecchia zimarra

Gli altri quattro comprimari (su tutti Matteo Peirone, non foss'altro che per il doppio-lavoro, Dario Prola, Mauro Barra e Marco Tognozzi) hanno svolto con diligenza la loro parte.

Massimo Zanetti (è perlomeno il secondo Zanetti che dirige Bohème a Torino, dopo l'Ubaldo del 1898!) ha saputo porgere le mille sfumature della partitura con grande sapienza, senza mai incorrere in eccessi, né coprire le voci: evidentemente ha gran dimestichezza con Puccini e in particolare con quest'opera. L'Orchestra del Regio non la si scopre oggi come una delle migliori nel panorama italiano.

In definitiva, una riproposta eccellente – perlomeno a giudicare dai risultati in termini di gradimento da parte del pubblico - che conferma la validità delle scelte del Regio, un Teatro che non pretende riconoscimenti speciali, ma in cambio sa mantenere uno standard di rendimento che certe prime-donne (ahinoi) si sognano. 
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Mi permetto di aggiungere un'appendice – pertinente in particolare a questo Puccini, ma di applicabilità generale – riguardante il materiale divulgativo che può aiutare un ascoltatore non preparatissimo a… prepararsi a dovere prima di entrare in teatro, in modo da apprezzare ancor meglio ciò che vi viene rappresentato. Parlo dei cosiddetti programmi di sala che ogni teatro predispone a corredo delle locandine.

Premesso che quelli del Regio di Torino sono sempre di ottima fattura e presentano contenuti assai approfonditi, scritti da illustri firme, hanno però - come tutti - il difetto di essere messi a disposizione del pubblico, oltre che a pagamento, solo in occasione delle recite, dentro il teatro. Il che di fatto li rende di difficile fruizione prima della recita, quando sarebbero più utili che mai. 

Per questo colgo l'occasione per segnalare nuovamente la lodevole iniziativa del sito web del Teatro La Fenice, che – nella sezione Libretti, una vera miniera d'oro – pubblica in realtà tutti i programmi di sala delle opere rappresentate dal teatro negli ultimi anni. Nel caso di Puccini, essi contengono le fulminanti analisi del professor Michele Girardi, co-fondatore del Centro Studi Giacomo Puccini a Lucca e oggi somma autorità in campo pucciniano. Oltre a Bohème, vi si trovano quelle di Manon, Tosca, Butterfly, Rondine, Turandot, la cui lettura trovo personalmente imprescindibile per chiunque intenda accostarsi non passivamente alle opere di Puccini.

Nel caso di Bohème, Girardi ci propone anche una recensione appassionata (fino alla faziosità…) dell'incisione, ormai storica e probabilmente ineguagliabile, registrata in una chiesa di Berlino nel 1972 con Pavarotti, Freni, Ghiaurov, Panerai, Harwood, Maffeo e HvK sul podio del Berliner Philharmoniker. Ma in realtà è quasi un'appendice o un approfondimento dell'analisi dell'opera, che val proprio la pena leggere. 

4 commenti:

Amfortas ha detto...

Ho sentito per radio la prima, credo, e dal punto di vista musicale concordo con le tue impressioni, più o meno.
Dissento, ma appunto si tratta di recite diverse, su Pisapia. La sua manina mi è sembrata agghiacciante più che gelida, in quell'occasione. Calava e non poco, e ha pure stonato alla grande. Poi si è ripreso, ma la sensazione di fatica c'era sempre.
La Agresta in confronto sembrava un fenomeno, e non lo è. È solo, per ora, una buona cantante che - detto tra noi - a me pare che canti troppo un repertorio assai variegato e pesante.
Mi unisco ai peana per l'iniziativa della Fenice, che da molto tempo offre questo servizio. I libretti sono davvero ben fatti e completi.
Ciao!

daland ha detto...

@Amfortas
Non avevendo sentito la prima per radio mi mancavano termini di paragone. Però amici incontrati in teatro mi hanno confermato ciò che tu dici su Pisapia, che evidentemente domenica pomeriggio ha avuto una giornata di grazia!
La Agresta non è la Freni, ma ci dobbiamo più che accontentare. Temo tu abbia ragione sul suo rischioso approccio al repertorio.
Ciao e grazie!

Michele Girardi ha detto...

Sono molto contento di leggere le vostre impressioni sui volumi che curo per La Fenice, grazie. E lo sono ancor più perché l'intento di chi, dall'ufficio stampa del teatro, ha lanciato la serie «La Fenice prima dell'opera» è quello di diffondere la cultura quanto più possibile e al minor costo. Quest'anno abbiamo ottenuto l'ISSN 2280-8116, riconoscimento retroattivo che inizia dal primo numero della serie (Thaïs, 2002-2003). Vuol dire che cercheremo di fare sempre meglio, applicando la celebre massima di Orazio: «ridendo dicere severum». Il che significa ricerche specialistiche divulgate con linguaggio comprensibile al maggior numero di persone.
Cordialmente, Michele Girardi

daland ha detto...

@Michele Girardi

Chiunque dia solo una scorsa ai programmi di sala della Fenice non può non rimanerne entusiasta.

Grazie in primo luogo a lei e agli altri contributori per questa impagabile iniziativa!