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02 marzo, 2012

Orchestraverdi – concerto n 22


Ritorna in Auditorium il brillante Wayne Marshall con un programma piuttosto particolare, che sulle prime desta più curiosità che interesse, comprendendo tre opere di assai rara esecuzione, per non dire del tutto sconosciute ai più. Opere di autori nati in un periodo di 15 anni del 1800 ('65 Glazunov - '79 Ireland) e scomparsi in un periodo di 28 anni, in pieno '900 ('34 Holst - '62 Ireland). Quindi autori che hanno vissuto – in modo diverso ma anche con parecchie affinità – quel travagliato periodo che va dal tardo-romanticismo fino alla serialità più spinta, passando per espressionismi, impressionismi, atonalità e dodecafonia.

Si parte dalla perfida Albione, dove Gustav Holst componeva, proprio mentre Mussolini marciava su Roma, la sua strampalata opera in un atto The Perfect Fool. Opera comica, con riferimenti a Verdi, Wagner e Debussy, dove il perfetto idiota sarebbe il pubblico britannico (se lo merita? smile!) In luogo (anzi, prima) dell'ouverture, Holst propone un balletto in un'introduzione e tre quadri: gli spiriti della terra, dell'acqua e del fuoco (per l'aria forse gli mancò l'ispirazione…) Ed è questo balletto introduttivo – unica parte dell'opera ad essere scampata al (meritato) oblio – che ascoltiamo qui. 

Sono i tre tromboni ad introdurre il balletto con un motto che verrà poi ripreso da strumenti diversi nelle transizioni fra un elemento e il successivo e tornerà ancora poco prima della chiusura:
Dopo l'introduzione sono gli Spiriti della Terra ad entrare in azione, su un ritmo sghembo, in 7/8, e con un progressivo crescendo che porta ad una sezione (in 3/8) che serve a dare ulteriore carica alla danza: la quale riprende forsennata in 7/8 per poi sfociare ancora nel ritmo ternario che la porta lentamente ad esaurirsi, sull'Andante che fa da transizione verso l'entrata degli Spiriti dell'Acqua, con viola e violoncello a ripetere il motto. Siamo qui in Allegretto (4/4) e ci accorgiamo trattarsi di acque calme e gocciolanti, rigagnoli o laghetti montani, più che fiumi, mari e oceani, dove arpa e celesta la fanno da padrone. Il perentorio motto – nei corni – richiama ora gli Spiriti del Fuoco, un Allegro moderato in 3/4 che subito sembra sprizzar faville da ogni dove, grazie soprattutto ad ottavino e strumentini (Wagner docet…) Il movimento accelera e contemporaneamente tutti gli strumenti entrano in gioco, proprio a creare un gigantesco falò, che poi pian piano si va spegnendo finchè non ne rimane che… cenere. La viola e il malinconico corno inglese ripetono il motto, prima che il brutale accordo di RE ponga fine alle danze. 

Holst qui conferma certi stilemi già presenti nei suoi Planets (ascoltati tempo fa in Auditorium) come ad esempio il continuo cambiamento di passo e ritmo, caratteristico delle sezioni più mosse del brano, o l'orchestrazione spesso pesante ed enfatica. È musica che si lascia ascoltare, pur non eccitando più di tanto le corde sensibili dell'ascoltatore. 

Ottima prestazione dell'orchestra, soprattutto dei fiati, chiamati a virtuosismi non da poco.

È ancora britannico l'autore del Concerto per pianoforte che ci viene proposto dal 54enne canguro (deve aver gambe lunghe e buone, se lo hanno portato in quaranta continenti, smile!) che risponde al nome di Piers Lane. Si tratta di John Ireland, alla cui scuola studiò – con scarso profitto - anche Britten. Questo è il suo unico concerto, che lui in origine dedicò alla pianista (e compositrice) Helen Perkin, che ne eseguì la prima, nel 1930. Il nostro si innamorò della dedicataria che, per tutta risposta, sposò un architetto (tale George Mountford Adie) e se andò con lui in Australia. Il povero Ireland non dovette prenderla troppo bene, visto che… ritirò la dedica! 

Il concerto – di cui abbiamo la fortuna (!?) di ascoltare un'esecuzione più unica che rara - è pienamente adagiato nel diatonismo e risente di chiare influenze russo-francesi, un misto di romanticheria e di impressionismo, con qualche intervento rumoristico al termine del tempo intermedio (Lento, espressivo) e nel finale (Allegro giocoso, nel quale compare due volte una sezione lenta, prima della cadenza conclusiva). Una cosa mediamente gradevole, senza punte di eccellenza, il che spiega la sua scarsa popolarità sia fra gli interpreti che fra gli ascoltatori. 

Piers Lane, che arriva bardato con coccarda al bavero del frac, scarpe di vernice e calzini a scacchi bianco-neri (quella dei calzini demenziali è una sua specialità!) e che non si vergogna a suonare con spartito sul leggìo e assistente gira-pagine, ce la mette proprio tutta per spremerne il non abbondante succo e si merita l'applauso di un pubblico non propriamente… oceanico. Così, per distendere l'atmosfera piuttosto mogia, si esibisce in un numero tipo pianista matto, alla MacRonay…

Si chiude con Alexander Glazunov e la sua Quarta Sinfonia. Lui ha vissuto quasi contemporaneamente a tale Richard Strauss, da lui cordialmente odiato (era uso andarsene quasi regolarmente nel bel mezzo delle rappresentazioni di opere del bavarese) e, così come quest'ultimo compose i suoi poemi sinfonici prima della fine del 1800, anche Glazunov compose quasi tutte le sue otto (e… mezza) sinfonie in quel periodo. La quarta è più o meno contemporanea della seconda di Mahler, tanto per dare un riferimento. È anche la sinfonia con cui Glazunov si stacca definitivamente dal mondo autarchico dei cinque per guardare – nella scia di Ciajkovski e anticipando Rachmaninov (non certo Stravinski né Prokofiev) - verso ovest, dove si trasferirà sempre più spesso e passerà anche gli ultimi suoi anni, in barba a Stalin (smile!

Sinfonia dedicata all'austero Anton Rubinstein (quello che si mise le mani nei capelli ascoltando il concerto per pianoforte di Ciajkovski…) di cui divenne successore alla guida del Conservatorio di SanPietroburgo (dove in pratica rimase – direttamente o… per procura, dall'estero - fino alla morte).
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La Sinfonia sembra richiamarsi vagamente alla Piccola Russia di Ciajkovski. Come quella ha il primo movimento strutturato in forma-sonata, ma con parecchie libertà. Inizialmente abbiamo un'Introduzione (50 battute di Andante, 9/8) dove, dopo due accordi di MIb minore, è il corno inglese ad esporre una melodia dal caratteristico sapore russo, che sfocia fugacemente sulla tonalità relativa di SOLb maggiore:
E sempre ondeggiando fra SOLb e MIb sono le viole ad esporre un nuovo, cantabilissimo tema:

Dopo la ripresa del tema iniziale, c'è una modulazione a DOb maggiore e infine l'introduzione si adagia sul MIb maggiore, tonalità d'impianto con cui attacca l'Allegretto Moderato in 4/4. L'oboe solo ci fa udire subito un tema sognante:
Risentiremo questo tema, arricchito di enfasi e vivacità, nel Finale. Gli risponde il clarinetto, poi è tutta l'orchestra a sviluppare il motivo, fino a sfociare – come vuole la forma-sonata - nella dominante di SIb, ma non per presentare un secondo tema, bensì (Più mosso, scherzando) per la riproposizione variata dei due temi dell'introduzione, il primo nella relativa SOL minore, il secondo in SIb, e ancora il primo in SOL. 

Adesso il tempo si fa Tranquillo, spariscono gli accidenti in chiave ed il corno solo espone, a mo' di richiamo, il primo tema dell'introduzione, il che dà inizio a quella che si potrebbe chiamare la sezione dello sviluppo, che tosto si anima (Più allegro e agitato) con l'interazione dei due temi introduttivi, seguiti poi dal tema – variato e virante al lugubre - dell'Allegretto

Si torna al Tempo I con una specie di ricapitolazione: è il tema in MIb dell'Allegretto ad occuparne la prima parte, conclusa da una cadenza in Tempo rubato (animato e passionato) che lascia spazio al ritorno dell'Andante e dei temi dell'introduzione, il secondo dei quali, in MIb, porta alla definitiva comparsa del tema dell'Allegretto, che chiude il movimento con un tranquillo accordo dell'intera orchestra. 

Lo Scherzo (canonicamente in SIb) è una danza in 6/8, Allegro vivace, che presenta il suo caratteristico tema principale, esposto dall'ottavino dopo un'introduzione che ce lo lasciava solo intravedere:
Dopo che il tema è stato reiterato, ecco un controsoggetto, in FA maggiore, esposto anche da una fanfara di corni:
Arriva poi il Trio, Poco meno mosso, Tranquillo (3/4 in REb): è il clarinetto ad esporne il languido tema, accompagnato dai flauti con accordi di terze in staccato:

Al termine abbiamo la ripresa dello Scherzo, con i due suoi motivi che lo conducono alla chiusa, su un pizzicato in SIb di tutti gli archi. Non è chiaro con quale plausibilità si dica che questo brano intenda rappresentare un quadro di Böcklin

Anche il finale sembra abbastanza mutuato dalla seconda di Ciajkovski: si inizia in tempo Andante (4/4 MIb) con un'introduzione nella quale il clarinetto e poi altri fiati anticipano, in atmosfera lugubre, il primo tema. Questa introduzione poi sfocia, dopo una serie di animando e dopo 43 battute, nell'Allegro (2/2) che caratterizza il movimento. 

Il primo tema è esposto e riproposto finalmente in MIb maggiore nella sua piena vivacità:

Poi il tema viene ampliato e sviluppato, fino a modulare alla sottodominante di LAb maggiore e da qui, abbastanza sorprendentemente, a SOL maggiore, dove compare nell'oboe – Meno mosso e tranquillo - un secondo tema, più cantabile:

Ora inizia uno sviluppo che presenta moltissime modulazioni: dal MIb al DO maggiore, poi al FA maggiore, quindi ancora a LA maggiore, RE maggiore e SI maggiore! Finalmente si torna… a casa, in MIb su cui converge (le regole!) anche il secondo tema.

Ora ecco l'ultima sorpresa: ricompare il tema dell'Allegretto iniziale - molto mosso e caricato di colori - a conferire alla sinfonia il carattere di ciclicità. Infine è il primo tema, assai sviluppato ed enfatizzato, a condurci alla solenne e pomposa conclusione.
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Marshall affronta la sinfonia con piglio persino eccessivo (l'introduzione più che un Andante pareva un Allegretto) ma in complesso mi è parso rendere adeguatamente lo spirito della composizione. Bene l'orchestra e in particolare i fiati, tutti in gran forma.

E sarà ancora l'esuberante britannico-caraibico-maltese a tenerci svegli la prossima settimana con musica dal nuovo mondo. (Prima però ci sarà da godersi la premiata coppia Claudio&Martha).


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