Riecco Zhang Xian sul podio de laVerdi
per un concerto
tutto russo,
con una quasi primizia (per l’Orchestra) seguita da un autentico cavallo di
battaglia.
Ecco quindi l’apertura con il Prokofiev della difficile, ostica e poco
eseguita Sesta Sinfonia. Composta poco dopo la splendida Quinta, alla fine della WW2, e presentata
a Leningrado dal fido Mravinsky nel
1947, godette un immediato quanto effimero successo di pubblico e critica,
presto annullato dall’inappellabile e sommaria sentenza di Zhdanov&C: formalismo
antisovietico!
Per gli ottusi censori di Stalin tutto ciò
che tovarisch Stakanov non riusciva a
canticchiare e fischiettare dopo il primo ascolto era musica degenerata e chi
l’aveva composta meritava il disprezzo e magari il gulag... E guarda caso la Sesta
è musica non orecchiabile, in gran parte cupa, tetra, sofferta.
La stessa struttura formale è piuttosto
indecifrabile: a parte i tre soli movimenti (e questo sarebbe il meno)
l’iniziale Allegro moderato appare di
difficile inquadramento, a prima vista sembra la pura giustapposizione di tre
temi che vengono presentati in successione, e poi riproposti ancora: molto
labilmente vi si può riconoscere un simulacro di forma-sonata, oltretutto assai
eterodossa dal punto di vista dei rapporti tonali. Il secondo tema tornerà poi
ciclicamente, ma apparentemente avulso dal contesto, proprio nelle battute
finali della sinfonia.
Ecco come ce la propone Evgeny Mravinsky in una registrazione fatta precisamente
a 20 anni di distanza dalla prima,
sempre con la sua Filarmonica di Leningrado.
___
L’iniziale Allegro moderato (6/8 – 9/8 – 4/4 in MIb minore) è introdotto da 10
battute di lugubri rintocchi di ottoni e archi bassi, che creano uno scenario a
dir poco spettrale. Come detto, si può assai vagamente parlare di forma-sonata:
esposizione dei tre temi (A,
B,
C),
quindi sviluppo (praticamente del
solo tema A) e ricapitolazione
dei temi B-C-A, più una coda.
Il primo (16”) è un cupo tema in
MIb minore, in violini primi e viole, che sale alla tonica partendo,
contrariamente al normale, invece che dalla dominante, dalla sottodominante:
LAb-SIb-DOb-MIb. Da qui la melodia si dipana con metro trocaico (semiminima-croma) alternato a terzine di crome, che le
conferisce un senso di inquietudine e di instabilità. Dopo un primo intervento dei
legni, che riprendono il tema in forma variata, esso viene esposto da oboe e
fagotto (41”) in tonalità di LA minore, quindi a distanza di un tritono (cosa di per sè sinistra!) dal
MIb di impianto.
Presto però (51”) una velocissima
scala discendente dei primi violini ci riporta al MIb per un ponte dove il tema
A
viene rielaborato dalle diverse sezioni orchestrali sfociando (1’16”)
in un insistito inciso trocaico che prelude (1’26”) al ritorno del
tema A
in violini primi e viole. Gli segue un nuovo ed esteso sviluppo, chiuso (2’51”,
tempo Poco più sostenuto) da
un’ennesima variante che rallenta il tempo fino ad introdurre (3’09”,
Moderato) il secondo tema (B)
in SI minore, altra tonalità piuttosto distante dal MIb d’impianto: come si
vede si tratta di concatenazioni tonali che creano un’atmosfera tutt’altro che
serena e rassicurante.
Questo secondo tema – esposto
inizialmente per due volte dagli oboi in ottava, mutua dal primo l’andamento
ondeggiante dovuto alle terzine di crome (in 6/8) che si susseguono alternate a
momenti di relativa calma (battute in 9/8). Alla seconda esposizione degli oboi
(3’21”)
è preceduto da una scala ascendente (dalla sensibile LA alla dominante FA#) che
richiama l’attacco del primo tema, con il quale questo secondo è quindi
visibilmente apparentato. Un controsoggetto (3’35”) lo completa, prima
che venga esposto (3’48”) da violini primi e viole e ancora (4’03”) ripreso
liricamente dal corno.
Dopo un trillo sul LA grave del
clarinetto, ecco (4’32”) un improvviso Allegro
moderato aperto dai primi violini con veloci semicrome che salgono per
quasi tre ottave dal LA grave fino al FA# acuto, dove una variante del tema A
(quasi si trattasse di rondò) esplode nell’intera orchestra, per poi spegnersi
a poco a poco, finchè (5’05”) gli archi bassi tornano allo
stesso tema A (MIb ottenuto per enarmonia come RE#) subito reiterato con
decisione e quindi ancora (5’22”) in LA# (=SOLb) fino a
perdersi su una quinta vuota (MIb-SIb) di oboe, corno inglese, fagotto e archi
bassi.
Ora si presenta (5’44”,
Andante molto) il terzo tema (C)
in 4/4, introdotto da una scansione ritmica affidata a fagotti e pianoforte. È
il corno inglese (6’02”) ad esporlo insieme alle viole. Poi (6’42”) questi lo
reiterano anche con l’aiuto dei primi violini, mentre l’orchestra li
acccompagna con pesanti accordi. La melodia è tanto nobile quanto carica di
accenti dolorosi, completando così il quadro di questo movimento che sembra
parlarci di sofferenze e lutti. La tonalità è dapprima indistinta, poi il RE
minore si fa avanti ed infatti ecco che (7’22”, Allegro, 6/8) in questa tonalità (ancora un’apparente bizzarria se
misurata sui canoni della forma-sonata) torna il primo tema (A)
negli archi.
La lunga sezione che segue è
considerabile come un sviluppo di
forma-sonata, poichè il tema A vi viene sottoposto a poderose
manipolazioni e tutta l’orchestra ha modo di sbizzarrirsi in grandi galoppate,
interrotte da squarci più lirici, ma caratterizzate da proterve scansioni
ritmiche e reiterate esplosioni di rumore. Il tutto poi si placa e conduce,
dopo un’oasi di calma, al ritorno (potremmo chiamarlo l’inizio della ricapitolazione?) del tema B,
che riudiamo (9’58”, Moderato) nella
tonalità di impianto (MIb minore, questa volta secondo i canoni della
forma-sonata) esposto prima dal corno poi dal corno inglese quindi da oboi violini
primi e viole, ancora da corno, ottavino e flauto.
Dopo una breve transizione si arriva quindi (11’17”,
Andante molto, 4/4) alla
riproposizione del tema C, nel corno inglese e nelle viole,
cui poi si aggiungono violini e oboi. La tonalità vira al SIb minore e vi
rimane in vista dell’arrivo (12’09”, Allegro moderato, 6/8) del tema A, che sembra prendere la
rincorsa fino ad esplodere (12’21”) su un MIb armonizzato come
terza di DOb maggiore! Il quale MIb si va spegnendo (12’27”) in tempo Andante verso una coda, che porta alla sommessa chiusura, nel grave, sull’accordo (inaspettato?)
di MIb maggiore.
Il centrale Largo (4/4 – 3/4) reca 4 bemolli in chiave, ma certo il LAb
maggiore (e meno ancora la relativa FA minore) si faticano a distinguere con
chiarezza. La tonalità è sempre aspra, a causa dei cromatismi a volte
esasperati e solo in un paio di occasioni si ritrovano squarci di un certo
lirismo.
Il movimento è aperto (13’16”)
e sarà poi chiuso da un motivo ancora una volta piuttosto lugubre, nei legni,
che scende dal MIb con saltelli cromatici e si ferma dapprima sul DO e poi su
LAb. Viene ripreso (13’42”) dai violini a partire dal LAb per chiudere dapprima sul
FA e ancora (14’05”) sul LAb. I temi principali sono fondamentalmente due (A
e B):
Il primo (14’13”) è in carico a
violini primi e tromba e si muove sempre sulla tonalità di LAb. Ancora una
volta è un motivo assai poco rassicurante, intriso di cromatismi e dissonanze,
che sfocia (14’40”) in un inciso dal sapore parsifaliano (Amfortas) e poi modula verso SOL minore
e ripresenta (15’32”) quello stesso inciso. Poco dopo l’atmosfera si fa
rarefatta e corno inglese e corni preparano l’arrivo di un secondo tema (B)
anch’esso di carattere piuttosto dimesso, nobile ed austero, esposto (16’20”)
da fagotto e violoncelli, in MIb e sviluppato (16’59”) dai legni fino a
spegnersi su veloci figurazioni di corno inglese, fagotto e degli archi.
Un motivo apparentemente nuovo,
in realtà mutuato dal tema A, compare adesso (17’32”)
negli archi, in tonalità di MI maggiore, chiaro indizio di uno squarcio di
lirismo e pace, dove ritroviamo (18’07”) l’inciso parsifaliano. Qui
inizia però una sezione assai animata e turbolenta, caratterizzata da pesanti
interventi (18’18”) di crome in fortissimo dei legni, accompagnati dal
pizzicato degli archi e da secchi colpi del legno (percussione). Subito dopo
toccherà ai timpani esplodere micidiali scariche di colpi, alternate ad altri
secchi interventi di legni e archi, finchè (19’03”) i fagotti
intervengono a calmare l’atmosfera, preparando una nuova sezione lirica di
sapore mahleriano (primo tempo della settima)
dominata (19’16”) dai corni in DO maggiore.
Una sommessa dissonanza (DO-SI)
nei violini (20’11”) sfociante in un RE tenuto introduce isolate e rapide
figurazioni (20’24”) nei legni rotte da due secchi interventi di piano-arpa
e ottoni; la cosa si ripete (20’44”) per portare però (21’08”)
ad una nuova oasi romantica con i corni (tonalità SIb maggiore e poi DO
maggiore). E il DO supporta la ripresa (21’48”) nei violini del tema A,
che è protagonista di un’autentica perorazione, culminante (22’21”)
in un’esplosione di fortissimo
generale, mentre i violini sviluppano la melodia passando ancora (22’55”)
per la citazione parsifaliana.
Ancora fortissimo per un passaggio a FA minore (23’01”) che poi via via
si modera per riportarci (23’31”) al motivo dell’introduzione,
ripreso praticamente pari-pari, nelle due sezioni, e quindi seguito da una
lenta cadenza (illuminata da un rapido recitativo dell’oboe) che si spegne sul
LAb.
Vivace (2/4,
MIb maggiore) è il tempo conclusivo, che contrasta in modo smaccato con ciò che
lo ha preceduto, tale è il brio e l’entusiasmo che lo muovono... ma vedremo che
il finale ci riserverà un’amara sorpresa. Due sono i temi principali:
Il primo tema viene subito
esposto dai primi violini (25’31”) sopra un ritmo sghembo degli
altri archi. Dopo una proterva interruzione dell’orchestra, che modula plagalmente
a LAb, esso viene ripreso (25’42”) in questa tonalità dal
clarinetto, che gli conferisce un carattere esilarante. Un controsoggetto meno
brillante (25’53”) gli subentra momentaneamente, in attesa (26’07”)
di una riesposizione del tema nei violini (MIb) e (26’15”) nel clarinetto (LAb).
Ora troviamo un’ulteriore modulazione a SOLb e da qui passiamo ad uno sviluppo
del tema, che impegna ancora l’orchestra in ripetuti sussulti, poi torna il controsoggetto
e infine somno i fagotti (26’40”) ad attaccare una melopea che
fa da transizione verso il secondo tema.
Tema B che appare (27’03”)
in DO maggiore nei legni, un tema assai lungo e cantabile, che in seguito (27’37”)
viene ripreso anche con il supporto dei violini primi. Un suo controsoggetto (28’06”)
viene esposto da flauto e corni e ci porta alla ripresa (28’28”) del tema A
in MIb nei violini e quindi (28’37”) in LAb nel clarinetto. Inizia
qui uno sviluppo del tema A di notevoli proporzioni, in un’atmosfera
che si è fatta più cupa e inospitale, con frequenti irruzioni di bordate di
ottoni e pianoforte e ripetute apparizioni dell’inciso iniziale del tema.
A conclusione di questo sviluppo (30’36”)
ecco riapparire nei legni il tema B, adesso in SIb maggiore (in luogo
del precedente DO). Altra modulazione (30’55”) del tema B
a SOLb maggiore e poi ecco una vera e propria scena-madre: a 31’19”
si torna a SIb maggiore, dove il tema A nei violini si contrappunta
mirabilmente con il tema B in tromba e corni! Poi, mentre i
violini insistono con le veloci semicrome del tema A e i corni si limitano a
brevi e sporadici interventi, i legni sparano alcune rapide discese in staccato,
fino a chiudere questa sezione con il ritorno al MIb maggiore di impianto.
Il tema A (31’54”) è ora esposto
dall’intera orchestra, con grande corposità di suono e poi ripetuto (32’03”)
nella sottodominante LAb. Ancora i corni (32’14”) ad esporre un controsoggetto
assai ampio, contrappuntato poi (32’25”) di violini. Il tema A (32’39”)
viene poi a lungo sviluppato, con irruzioni dei legni e velocissime discese degli
stessi supportati dal pianoforte. Ancora una pesante transizione (32’58”)
affidata agli ottoni, poi (33’23”) sono i fagotti, cui si
aggiunge il clarinetto basso, a guidare una lenta cadenza che porta ad un allargando dove il suono si spegne su un
FA in corona puntata.
Adesso (33’57”) ecco ciò che il
cipiglio del Vivace non lasciava
presagire: gli oboi (Andante tenero) raggiunti poi dal corno
inglese e ancora dopo dai flauti, ripropongono mestamente, in MIb minore, il tema
B
del movimento iniziale! Su un tremolo di SIb minore (34’52”) di violini secondi
e viole si stagliano ancora due incisi di oboi e corno inglese, poi (35’09”)
altro tremolo (SOLb) e i legni scagliano un nuovo lancinante urlo, virando a MI
naturale, il tutto ripetuto dopo una pausa.
Torna (35’43”) il tempo Vivace, come prima, ma come prima per
nulla allegro e sereno: dopo una carica crescente di archi bassi, legni, poi
ottoni e quindi archi, ottoni e pianoforte, ecco (35’59”) un’autentica esplosione
di tutta l’orchestra, un caduta inarrestabile che sfocia su secche semiminime
di ottoni, pianoforte e archi, seguite (36’12”) da autentiche martellate e infine
da una velocissima rincorsa di legni e archi in semicrome che chiude la
sinfonia su un incredibile schianto di MIb maggiore!
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Che dire? Pessimismo mescolato a pazzia?
Dolore invano esorcizzato con risate isteriche? Schizofrenia galoppante? Tutte
spiegazioni extramusicali, ovviamente, buone per un poema sinfonico, forse. I suoni, se ascoltati senza pregiudizi o
aspettative socio-filosofico-letterarie, lasciano francamente (parlo per me, natürlisch) una sensazione
di incompiutezza e forse di impotenza creativa, ben mascherate dalla proverbiale
maestria dell’Autore nell’impiego della tavolozza sonora.
La Sinfonia non è fra i cavalli di
battaglia de laVerdi (un paio di
isolate esecuzioni in tutta la sua storia ulraventennale) e anche la Xian non
deve averla diretta molto. Tuttavia mi è sembrata un’esecuzione assolutamente apprezzabile,
che il pubblico ha accolto con sufficiente calore, anche se senza entusiasmi da
stadio, ecco...
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Ben
diverso il discorso su Shéhérazade (qui alcune mie vecchie note in merito) che i
ragazzi conoscono a meraviglia, a partire dal protagonista (en-travesti...) Luca Santaniello, che ogni volta aggiunge qualche particolare tocco
di espressività ai suoi... racconti volti ad imbonire lo sbifido sultano. E
poi, diciamolo pure, questo Rimski
non pone certo all’ascoltatore problemi di decifrazione dei contenuti musicali!
Così ecco un’altra grande prestazione di tutti e il ritorno... dell’entusiasmo
in platea.
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