Wagner, lo sappiamo, era
intimamente convinto di essere un vero
artista in un mondo dominato da ciarlatani; nella sua concezione dell’arte l’artista è investito di una ben
precisa missione: procurare all’Uomo adeguati e nobili strumenti di
contrasto contro le proprie ossessioni
esistenziali.
Ciò è prefigurato dalla
filosofia di Ludwig Feuerbach, con la
quale Wagner aveva preso dimestichezza fin dai tempi di Dresda e della
rivoluzione, per poi studiarla a fondo – prima di imbattersi nella capitale
figura di Schopenhauer - negli anni
dell’esilio, durante i quali (è bene ricordarlo) getterà le fondamenta di tutta
la sua futura produzione artistica, già del resto messa in cantiere a partire
dal 1845 (vedi proprio i Meistersinger approcciati in quell’anno a Marienbad).
Feuerbach assegna all’Arte un ruolo paritetico e
potenzialmente sostitutivo a quello della Religione.
Secondo il filosofo, la Religione altro non è se non il prodotto dell’inventiva
e della fantasia umane, a loro volta rese possibili grazie alle facoltà
intellettive, prerogativa peculiare dell’animale
Uomo. La capacità di razionalizzare
l’esperienza ha portato l’Uomo a constatare, assieme alle proprie grandi
qualità e capacità, uniche nel mondo animale, anche i propri limiti e le
proprie deficienze, prima fra tutte la propria mortalità. Allo stesso tempo l’Uomo ha preso atto che la Natura -
assieme a molti lati consolanti e positivi – presenta anche aspetti negativi,
dolorosi, ripugnanti e, in definitiva, insopportabili:
dolori, disgrazie, malattie, fallimenti, frustrazioni...
Per sfuggire a questa
autentica ossessione, l’Uomo ha
creato prima gli dei e poi Dio, che
rappresenta la quintessenza idealizzata delle migliori qualità umane, inossidabili
rispetto agli agenti materiali, e ancora l’aldilà,
che rappresenta l’ideale di un mondo perfetto, soprannaturale e metafisico in
cui poter, anzi dover credere: tutto
un insieme di valori codificati dalla Religione,
che ha fatto assurgere a sistema assoluto
(in cui aver fede dogmaticamente) ciò che in realtà era semplicemente sbocciato
dall’immaginazione e dalla fantasia umane.
Immaginazione e fantasia
che sono, anche, i motori della produzione
artistica dell’Uomo. E l’Arte
altro non è se non un diverso (dalla Religione) strumento che l’Uomo si è dato
per combattere le sue ossessioni e l’insopportabile constatazione della propria
mortalità; in definitiva, uno strumento di evasione
dalla miseria della propria condizione, e di elevazione spirituale, insomma:
una religione laica.
Ma l’Uomo è anche e
soprattutto un essere dotato di materia
grigia: e dato che l’intelletto consente all’Uomo di esplorare, e sempre
più in profondità, la natura, la materia (organica e inorganica) che lo
circonda, ma anche la propria stessa identità e la propria stessa mente, ecco
nascere il pericolo mortale per la Religione:
essere smentita dalle conquiste della Ragione
(tramite la Scienza) e perdere ogni
rilevanza, con ciò privando l’Uomo di quello strumento auto-consolatorio che si era così faticosamente costruito, e
precipitandolo, in ultima analisi, in uno stato di gelida, spettrale, e in fin
dei conti disperata condizione.
Nella storia dell’Umanità
Religione ed Arte sono andate quasi sempre a braccetto: basti pensare a quanta
Arte si è ispirata alla Religione e quanto la Religione si sia servita
dell’Arte per edificare i suoi luoghi di culto e per nobilitare le sue
liturgie. Diverso invece il rapporto che la Religione ha avuto con la Scienza,
rapporto spesso, se non quasi sempre, e persino ai giorni nostri, conflittuale.
Interessante è invece
constatare come il rapporto fra Scienza ed Arte sia fecondo, e nel caso della musica quasi immanente nella Natura
medesima. Pitagora fu uno, e non il primo, a scoprire la grande affinità fra la
Scienza dei Numeri e l’Arte dei suoni. E non a caso Wagner fu
definito, da Thomas Mann, come l’Artista in grado di poetizzare l’intelletto! E nessun Musicista più e meglio di Wagner seppe avere, e tradurre in parole
e musica (i suoi drammi) intuizioni che la Scienza razionalizzerà e strutturerà
molto tempo dopo: basti pensare alla psicanalisi
(Freud) e alla teoria della relatività
(Einstein).
Orbene, Wagner,
interpretando Feuerbach (cui significativamente dedica, nel 1849, il suo fondamentale
scritto L’Opera d’Arte dell’Avvenire)
arriva a concludere che - scomparsa fatalmente la Religione sotto i colpi della Ragione
e della Scienza - l’unico strumento
di consolazione e, in ultima istanza, di salvezza per l’Uomo non potrà essere
che l’Arte. Domanda: perché l’Arte, i
cui prodotti nascono pur sempre, come quelli della Religione, da fantasia e
immaginazione umane, quindi al di fuori della realtà razionalmente
sperimentabile, può essere dall’Uomo accettata come strumento auto-consolatorio
in luogo della Religione? Semplicemente perché l’Arte – a differenza della
Religione - non pretende di imporre Dogmi,
nè di rivelare Verità (dogmi e verità
sempre meno accettabili dalla Ragione). Il prodotto artistico si presenta per
ciò che è, senza maschere, né inganni: appunto, come un’invenzione della mente
umana, volta a procurare all’Uomo non già speranze in una immaginaria e
inesistente realtà metafisica, ma piacere
estetico e spirituale, da consumarsi nella realtà della nostra mortale
esistenza, e in piena armonia con la Natura immanente. Appunto, l’Arte come una
religione laica.
Come si presentava ai
tempi di Wagner lo scenario di Religione e Arte? Per quanto riguarda la prima,
era in generale minacciata dai vari illuminismi, positivismi, comunismi e
ateismi dilaganti in Europa, per i quali peraltro Wagner non aveva (più) alcuna
simpatia; per di più, il Cattolicesimo
aveva da tempo trasformato la Religione nella parodia di se stessa, schiava
delle sue proprie ipocrite e mistificanti liturgie, oltre che secolarizzata:
soltanto il Cristianesimo riformato
aveva ancora ai suoi occhi una seria reputazione. E il luterano Wagner nei Meistersinger
rende perciò omaggio alla Riforma ed esalta Martin Luther, condannando invece
la falsa maestà papalina.
Quanto all’Arte e in particolare
al teatro musicale, Wagner trovava la situazione deprimente e penosa. Che
questo suo giudizio, più e oltre che da constatazioni oggettive, derivasse
dalla sua personale incapacità di penetrare l’establishment di quel mondo, impersonato da Parigi, che gli aveva appena confermato il suo rifiuto,
distruggendogli il Tannhäuser, è questione magari secondaria. Sta di fatto
che Wagner si vedeva e si sentiva investito della missione di redimere (ciò
accadrà compiutamente con Parsifal!)
l’Arte da tutte le sue colpe. E in attesa di Parsifal, dove matureranno l’inappellabile
condanna di maghi, stregoni e alchimisti
alla Klingsor (Meyerbeer) e l’avvento
del Gral perennemente scoperto, nei
Meistersinger Wagner comincia a rottamare la critica parruccona e reazionaria, sostenitrice
e complice di un’arte degenerata; critica impersonata, nel suo immaginario, da
Eduard Hanslick (Beckmesser).
Almeno tre sono i
riferimenti precisi al binomio Arte-Religione che emergono dai Meistersinger. A
cominciare dai due dipinti a sfondo sacro (il Landauer-Altar di Dürer e l’Assunta del
Tiziano) che direttamente o indirettamente hanno a che fare con l’opera; poi la
riunione dei Maestri per la prova di canto, che ha come teatro la stessa Chiesa di SantaCaterina, opportunamente
ri-arredata per l’evento artistico; e infine l’associazione artistico-religiosa,
che fa capolino nel canto di Walther, fra Parnaso
e Paradiso. E ovviamente c’è un
riferimento indiretto ad Arte e Religione anche nella conclusiva perorazione di
Sachs, che inneggia alla pura, anzi propriamente alla sacra Arte tedesca, chiamando il popolo a difenderla dagli assalti della
falsa maestà latina.
Ma, come
al solito, è attraverso la musica e
le relazioni che essa è in grado di stabilire che questi concetti assumono il
carattere di opera d’arte. E mi
limito ad un solo ma illuminante esempio: il Vorspiel ha appena chiuso sul tema
dei Maestri e subito attacca (senza l’accordo finale che Wagner ha scritto
per l’esecuzione in concerto del Preludio) il corale “Da
zu dir der Heiland kam“ cantato nella chiesa di SantaCaterina. Ebbene, le prime note del corale escono
direttamente dal tema dei Maestri!
E sulla musica bisogna
pur tornare.
___
(continua...)
Come si presentava ai
tempi di Wagner lo scenario di Religione e Arte? Per quanto riguarda la prima,
era in generale minacciata dai vari illuminismi, positivismi, comunismi e
ateismi dilaganti in Europa, per i quali peraltro Wagner non aveva (più) alcuna
simpatia; per di più, il Cattolicesimo
aveva da tempo trasformato la Religione nella parodia di se stessa, schiava
delle sue proprie ipocrite e mistificanti liturgie, oltre che secolarizzata:
soltanto il Cristianesimo riformato
aveva ancora ai suoi occhi una seria reputazione. E il luterano Wagner nei Meistersinger
rende perciò omaggio alla Riforma ed esalta Martin Luther, condannando invece
la falsa maestà papalina.
Almeno tre sono i riferimenti precisi al binomio Arte-Religione che emergono dai Meistersinger. A cominciare dai due dipinti a sfondo sacro (il Landauer-Altar di Dürer e l’Assunta del Tiziano) che direttamente o indirettamente hanno a che fare con l’opera; poi la riunione dei Maestri per la prova di canto, che ha come teatro la stessa Chiesa di SantaCaterina, opportunamente ri-arredata per l’evento artistico; e infine l’associazione artistico-religiosa, che fa capolino nel canto di Walther, fra Parnaso e Paradiso. E ovviamente c’è un riferimento indiretto ad Arte e Religione anche nella conclusiva perorazione di Sachs, che inneggia alla pura, anzi propriamente alla sacra Arte tedesca, chiamando il popolo a difenderla dagli assalti della falsa maestà latina.
Ma, come al solito, è attraverso la musica e le relazioni che essa è in grado di stabilire che questi concetti assumono il carattere di opera d’arte. E mi limito ad un solo ma illuminante esempio: il Vorspiel ha appena chiuso sul tema dei Maestri e subito attacca (senza l’accordo finale che Wagner ha scritto per l’esecuzione in concerto del Preludio) il corale “Da zu dir der Heiland kam“ cantato nella chiesa di SantaCaterina. Ebbene, le prime note del corale escono direttamente dal tema dei Maestri!
E sulla musica bisogna
pur tornare.
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