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11 marzo, 2017

Alla Scala arrivano i Maestri (5). Religione e (o?) Arte

 

Wagner, lo sappiamo, era intimamente convinto di essere un vero artista in un mondo dominato da ciarlatani; nella sua concezione dell’arte l’artista è investito di una ben precisa missione: procurare all’Uomo adeguati e nobili strumenti di contrasto contro le proprie ossessioni esistenziali.

Ciò è prefigurato dalla filosofia di Ludwig Feuerbach, con la quale Wagner aveva preso dimestichezza fin dai tempi di Dresda e della rivoluzione, per poi studiarla a fondo – prima di imbattersi nella capitale figura di Schopenhauer - negli anni dell’esilio, durante i quali (è bene ricordarlo) getterà le fondamenta di tutta la sua futura produzione artistica, già del resto messa in cantiere a partire dal 1845 (vedi proprio i Meistersinger approcciati in quell’anno a Marienbad).

Feuerbach assegna all’Arte un ruolo paritetico e potenzialmente sostitutivo a quello della Religione. Secondo il filosofo, la Religione altro non è se non il prodotto dell’inventiva e della fantasia umane, a loro volta rese possibili grazie alle facoltà intellettive, prerogativa peculiare dell’animale Uomo. La capacità di razionalizzare l’esperienza ha portato l’Uomo a constatare, assieme alle proprie grandi qualità e capacità, uniche nel mondo animale, anche i propri limiti e le proprie deficienze, prima fra tutte la propria mortalità. Allo stesso tempo l’Uomo ha preso atto che la Natura - assieme a molti lati consolanti e positivi – presenta anche aspetti negativi, dolorosi, ripugnanti e, in definitiva, insopportabili: dolori, disgrazie, malattie, fallimenti, frustrazioni...

Per sfuggire a questa autentica ossessione, l’Uomo ha creato prima gli dei e poi Dio, che rappresenta la quintessenza idealizzata delle migliori qualità umane, inossidabili rispetto agli agenti materiali, e ancora l’aldilà, che rappresenta l’ideale di un mondo perfetto, soprannaturale e metafisico in cui poter, anzi dover credere: tutto un insieme di valori codificati dalla Religione, che ha fatto assurgere a sistema assoluto (in cui aver fede dogmaticamente) ciò che in realtà era semplicemente sbocciato dall’immaginazione e dalla fantasia umane.

Immaginazione e fantasia che sono, anche, i motori della produzione artistica dell’Uomo. E l’Arte altro non è se non un diverso (dalla Religione) strumento che l’Uomo si è dato per combattere le sue ossessioni e l’insopportabile constatazione della propria mortalità; in definitiva, uno strumento di evasione dalla miseria della propria condizione, e di elevazione spirituale, insomma: una religione laica.

Ma l’Uomo è anche e soprattutto un essere dotato di materia grigia: e dato che l’intelletto consente all’Uomo di esplorare, e sempre più in profondità, la natura, la materia (organica e inorganica) che lo circonda, ma anche la propria stessa identità e la propria stessa mente, ecco nascere il pericolo mortale per la Religione: essere smentita dalle conquiste della Ragione (tramite la Scienza) e perdere ogni rilevanza, con ciò privando l’Uomo di quello strumento auto-consolatorio che si era così faticosamente costruito, e precipitandolo, in ultima analisi, in uno stato di gelida, spettrale, e in fin dei conti disperata condizione.

Nella storia dell’Umanità Religione ed Arte sono andate quasi sempre a braccetto: basti pensare a quanta Arte si è ispirata alla Religione e quanto la Religione si sia servita dell’Arte per edificare i suoi luoghi di culto e per nobilitare le sue liturgie. Diverso invece il rapporto che la Religione ha avuto con la Scienza, rapporto spesso, se non quasi sempre, e persino ai giorni nostri, conflittuale.

Interessante è invece constatare come il rapporto fra Scienza ed Arte sia fecondo, e nel caso della musica quasi immanente nella Natura medesima. Pitagora fu uno, e non il primo, a scoprire la grande affinità fra la Scienza dei Numeri e l’Arte dei suoni. E non a caso Wagner fu definito, da Thomas Mann, come l’Artista in grado di poetizzare l’intelletto! E nessun Musicista più e meglio di Wagner seppe avere, e tradurre in parole e musica (i suoi drammi) intuizioni che la Scienza razionalizzerà e strutturerà molto tempo dopo: basti pensare alla psicanalisi (Freud) e alla teoria della relatività (Einstein).

Orbene, Wagner, interpretando Feuerbach (cui significativamente dedica, nel 1849, il suo fondamentale scritto L’Opera d’Arte dell’Avvenire) arriva a concludere che - scomparsa fatalmente la Religione sotto i colpi della Ragione e della Scienza - l’unico strumento di consolazione e, in ultima istanza, di salvezza per l’Uomo non potrà essere che l’Arte. Domanda: perché l’Arte, i cui prodotti nascono pur sempre, come quelli della Religione, da fantasia e immaginazione umane, quindi al di fuori della realtà razionalmente sperimentabile, può essere dall’Uomo accettata come strumento auto-consolatorio in luogo della Religione? Semplicemente perché l’Arte – a differenza della Religione - non pretende di imporre Dogmi, nè di rivelare Verità (dogmi e verità sempre meno accettabili dalla Ragione). Il prodotto artistico si presenta per ciò che è, senza maschere, né inganni: appunto, come un’invenzione della mente umana, volta a procurare all’Uomo non già speranze in una immaginaria e inesistente realtà metafisica, ma piacere estetico e spirituale, da consumarsi nella realtà della nostra mortale esistenza, e in piena armonia con la Natura immanente. Appunto, l’Arte come una religione laica.

Come si presentava ai tempi di Wagner lo scenario di Religione e Arte? Per quanto riguarda la prima, era in generale minacciata dai vari illuminismi, positivismi, comunismi e ateismi dilaganti in Europa, per i quali peraltro Wagner non aveva (più) alcuna simpatia; per di più, il Cattolicesimo aveva da tempo trasformato la Religione nella parodia di se stessa, schiava delle sue proprie ipocrite e mistificanti liturgie, oltre che secolarizzata: soltanto il Cristianesimo riformato aveva ancora ai suoi occhi una seria reputazione. E il luterano Wagner nei Meistersinger rende perciò omaggio alla Riforma ed esalta Martin Luther, condannando invece la falsa maestà papalina.

Quanto all’Arte e in particolare al teatro musicale, Wagner trovava la situazione deprimente e penosa. Che questo suo giudizio, più e oltre che da constatazioni oggettive, derivasse dalla sua personale incapacità di penetrare l’establishment di quel mondo, impersonato da Parigi, che gli aveva appena confermato il suo rifiuto, distruggendogli il Tannhäuser, è questione magari secondaria. Sta di fatto che Wagner si vedeva e si sentiva investito della missione di redimere (ciò accadrà compiutamente con Parsifal!) l’Arte da tutte le sue colpe. E in attesa di Parsifal, dove matureranno l’inappellabile condanna di maghi, stregoni e alchimisti alla Klingsor (Meyerbeer) e l’avvento del Gral perennemente scoperto, nei Meistersinger Wagner comincia a rottamare la critica parruccona e reazionaria, sostenitrice e complice di un’arte degenerata; critica impersonata, nel suo immaginario, da Eduard Hanslick (Beckmesser). 

Almeno tre sono i riferimenti precisi al binomio Arte-Religione che emergono dai Meistersinger. A cominciare dai due dipinti a sfondo sacro (il Landauer-Altar di Dürer e l’Assunta del Tiziano) che direttamente o indirettamente hanno a che fare con l’opera; poi la riunione dei Maestri per la prova di canto, che ha come teatro la stessa Chiesa di SantaCaterina, opportunamente ri-arredata per l’evento artistico; e infine l’associazione artistico-religiosa, che fa capolino nel canto di Walther, fra Parnaso e ParadisoE ovviamente c’è un riferimento indiretto ad Arte e Religione anche nella conclusiva perorazione di Sachs, che inneggia alla pura, anzi propriamente alla sacra Arte tedesca, chiamando il popolo a difenderla dagli assalti della falsa maestà latina.

Ma, come al solito, è attraverso la musica e le relazioni che essa è in grado di stabilire che questi concetti assumono il carattere di opera d’arte. E mi limito ad un solo ma illuminante esempio: il Vorspiel ha appena chiuso sul tema dei Maestri e subito attacca (senza l’accordo finale che Wagner ha scritto per l’esecuzione in concerto del Preludio) il corale “Da zu dir der Heiland kam“ cantato nella chiesa di SantaCaterina. Ebbene, le prime note del corale escono direttamente dal tema dei Maestri! 

E sulla musica bisogna pur tornare.
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(continua...)

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