Nel testo dei Meistersinger, oltre alla problematica a lui cara (perchè
fortemente autobiografica) riguardante il rapporto fra l’Artista e la Società (Religione inclusa, come testimonia il
richiamo a Luther) Wagner indirizza anche (non solo) questioni di natura
politica e di costume. Rimandando ad altra puntata la trattazione degli aspetti
più gravi delle implicazioni politiche dell’opera, consideriamone ora altri
comunque importanti.
Beh,
qui davvero la cosa assume caratteri paradossali, e la congrega dei Cantori,
riunita per giudicare in via preliminare eventuali pretendenti, non manca di
farlo notare al buon Pogner: ma come, allora a che serve il severo giudizio
degli esperti (i Maestri, appunto) se
poi esso può essere disconosciuto da una ragazza qualunque? Il più infervorato
su questa critica è Sixtus Beckmesser,
Cantore e addirittura Censore (Merker, colui che segna gli errori dell’aspirante cantore) ma allo
stesso tempo pretendente alla mano di Eva e concorrente alla tenzone (accipicchia,
che bel conflitto di interessi!): lui
è convinto di vincere la prova e questa libertà di rifiuto concessa alla
ragazza non gli va per niente giù (anche perchè lui non è propriamente un
giovanotto di bell’aspetto, ma un uomo ormai avviato alla mezz’età, assai poco attraente, e già paventa il rischio di cader vittima del diritto di veto
concesso ad Eva).
A questo punto ecco la proposta
semplicemente rivoluzionaria di Hans Sachs, il grande saggio: invece di
far scegliere il vincitore alla ristretta cerchia dei Maestri, facciamolo
democraticamente scegliere al popolo!
Questa proposta suscita quasi lo sdegno dei Cantori: ma come, la gente comune
adesso diventa giudice ultimo su materie che sono di esclusiva pertinenza degli
addetti-ai-lavori? Di questo passo, dove
andremo a finire? Come si vede, certe problematiche non sono nate ieri mattina
con l’impiego del web per assumere, o
ratificare, decisioni della massima portata! Peraltro anche questa proposta di
Sachs sembrerebbe fare acqua, poichè implicherebbe che comunque Eva debba
accettare una decisione di altri, sia pure del popolo. E allora Sachs cerca di
rimediare, con un’affermazione gratuita o tendenziosa: il popolo di certo starà
dalla parte della ragazza (!? mah... neanche si fosse al Festival di Sanremo!)
Ohi ohi, qui non ci si raccapezza più: allora è la ragazza che sceglie e il
popolo ratifica? E quindi che ci
stanno a fare i Cantori? Rottamati in blocco?
Visto che la proposta di tirare in ballo
il popolo non passa, relativamente al caso-Eva, ecco che Sachs la reitera in
una luce assai più politica: la
corporazione dei Cantori (oggi andrebbe di moda chiamarla casta) farebbe bene ogni anno a verificare il supporto del popolo,
proprio per evitare di rinchiudersi in se stessa, perdendo quindi il contatto
con la realtà. Ecco, questa sì che è una considerazione davvero seria e di
grandissima attualità! (Ovviamente la casta
non ne vuol sapere...)
Il finale metterà ogni
cosa al suo posto, ma al prezzo di una cinica rottamazione (quella del povero e solo Beckmesser, vittima
designata sull’altare della presunta innovazione) che il popolo condanna senza
appello, per preferirgli Stolzing, la cui arte pur fatica a comprendere (così
come nella prova del prim’atto era accaduto ai Maestri) ma dalla quale è epidermicamente
ed emotivamente affascinato.
E lo
stesso Stolzing, cui di diventare Maestro non importava un fico secco (il suo unico
obiettivo era farsi la bella e giovine Eva... dopodichè aveva spudoratamente
mentito a Pogner – scena terza del primo atto – giurando di essere venuto in città
proprio per amore dell’arte canora!) si vede ora trascinato in un ingranaggio
più grande di lui, la politica! Lui diventa
in effetti l’incarnazione della massima gattopardesca del potere: cambiar tutto perchè nulla cambi!
___
Cosa c’è dietro il quadro che Dürer
non ha mai dipinto?
Nella
prima scena dell’opera, in chiesa, veniamo a sapere che Eva e Walther si sono
già visti la sera prima, quando il giovin cavaliere di belle speranze, appena arrivato a
Norimberga dalla campagna, ha fatto visita a casa Pogner (per la verità per
ragioni assai prosaiche: farsi aiutare dall’orafo a vendere un suo podere).
Adesso lui è invaghito di lei e glielo dice apertamente; ma anche lei ne
ricambia i sentimenti, arrivando a confessargli (a proposito del premio alla gara di
canto) Voi o nessuno! E subito dopo
spiega a Magdalene come Walther le abbia a prima vista ricordato un’immagine di
David. Ah sì, Re David, quello dipinto sullo stendardo dei Maestri Cantori (di cui era
patrono) con la lunga barba e nell’atto di suonare l’arpa... sentenzia sicura
Magdalene. E infatti sullo stendardo dei Maestri poteva benissimo trovarsi
l’effige di Re David che compare
– arpa bene in mostra - in un altare dipinto (1509-11) da Albrecht Dürer su ordinazione del
facoltoso commerciante norimberghese Matthäus Landauer:
(E non
a caso, nel Vorspiel, l’arpa entra in
campo proprio ad accompagnare il tema dei Maestri!) Ma Eva la smentisce decisamente: no, no,
io parlo del David che ha abbattuto Golia con una pietra, quello con la spada
al fianco, la fionda in mano e i riccioli luminosi, come ce lo ha dipinto il Maestro
Dürer!
Effettivamente
sarebbe grottesco che il giovane Walther (probabilmente imberbe, o con
pizzetto... da sparviero e di sicuro armato di spada) potesse rassomigliare a
quel David attempato, lungo-barbuto, con enorme corona in testa e armato di...
arpa del dipinto cui fa cenno Magdalene: assai più verosimile sarebbe la
rassomiglianza con un David giovane, esuberante e con i capelli al vento...
Ma però c’è un però: Dürer
– e questo è assolutamente accertato - non ha mai dipinto un David come lo descrive
Eva!
E allora cosa dobbiamo pensare? Ad un abbaglio
di Wagner, che di certo conosceva il dipinto del Landauer-Altar ed ha erroneamente
attribuito a Dürer
anche una diversa effigie di David probabilmente opera di altro artista? Oppure che si sia
proprio inventato questo quadro inesistente? E a quale pro?
Di certo questa contrapposizione assai
secca (come secca è la risposta di Eva a Magdalene) fra due diverse figure di
David non è casuale (spesso anche la tradizione tende a distinguere due David,
quasi fossero persone diverse): il David per così dire arrivato (il Re, quello di Magdalene) è associabile ai Cantori,
un’accolita di severi custodi della tradizione e delle regole, collocata quasi in un immutabile empireo (lo si vede, nell’altare,
occupare con altri Santi come lui il livello superiore, paradisiaco, ai piedi
della Croce e della Trinità); il David-Walther immaginato da Eva (e da Wagner,
che in parte vi si riconosce, perlomeno in forza delle sue vicende giovanili) è
viceversa una figura di giovane esuberante, insofferente dell’autorità e pronto
a lanciarsi in imprese temerarie, sfidando ogni regola e persino il buon senso.
È questo
il momento di fare una breve sosta: per tornare al quadro dell’Assunta del Tiziano, dalla cui vista Wagner
racconta di essere stato fulmineamente spinto a riprendere in mano con
determinazione il soggetto dei Meistersinger. Ebbene, a nessuno sfuggirà come il
dipinto visto per la prima volta da Wagner a Venezia abbia un’evidente e fortissima
rassomiglianza a livello strutturale con quello del Dürer, che il compositore doveva
aver bene in testa da tempo: entrambi presentano, ben distinti, il piano terreno e quello celeste! Ecco
quindi un buon motivo per rivalutare la tesi del colpo di fulmine veneziano quale
stimolo al riavvicinamento di Wagner ai Meistersinger.
Sachs
e Beckmesser mostrano opposte attitudini verso Walther: il Merker lo soffre come un rivale nella corsa alla conquista di Eva,
e quindi cerca di tarpargli le ali fin da subito, esercitando una severità al
limite dell’accanimento nel giudicare la sua prestazione nella prova del primo
atto. Va però riconosciuto che, fermo il conflitto d’interessi che lo
condiziona, Beckmesser non sembra sconfinare in comportamenti manifestamente fraudolenti:
prova ne sia che tutti i Cantori (il solo Sachs escluso, ma compreso perfino il
bendisposto Pogner) finiscono per condividerne il giudizio negativo e per
decretare la bocciatura di Walther. Viceversa Sachs, che è rimasto colpito
dalle qualità di Stolzing (neanche lui sa spiegarsi compiutamente perchè) diventa
subito difensore e consulente del giovane cavaliere, che probabilmente ha già
individuato come suo... successore. E così, per mettere fuori gioco Beckmesser,
rivale di Walther, non esita ad usare contro di lui metodi francamente
carogneschi, cosa di cui siamo ben testimoni nel second’atto.
Insomma, la conclusione della vicenda
viene pilotata da Sachs in modo non proprio cristallino, e del resto il finale
dell’opera ci proporrà una gattopardesca morale della favola: l’establishment che eleggerà (e col furor
di popolo!) a suo nuovo rappresentante, erede e custode della tradizione, lo
scapestrato e recalcitrante giovane che era arrivato a Norimberga con la spada
al fianco e tutt’altre idee in testa.
Ecco, Walther, cooptato da Cantori e
popolo, prende il testimone direttamente da Sachs, con Eva al suo fianco: una
conclusione rassicurante, nel pieno rispetto del principio di evoluzione e non di rivoluzione. Quindi tipicamente conservatrice, per quanto
illuminata e non certo reazionaria.
___
P.S.
La faccenda del quadro
inesistente è stata studiata (e in certa misura spiegata, a discolpa di Wagner) da una studiosa della
Columbia University: Lydia Goehr,
inglese di nascita ma figlia di musicisti tedeschi, che ha esposto i risultati
delle sue ricerche in un saggio (di lettura non proprio
eccitante...) In poche parole, l’immagine di David descritta da Eva non sarebbe
stata dipinta, bensì... descritta da Dürer.___
(continua...)
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