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05 marzo, 2017

Alla Scala arrivano i Maestri (2): un manifesto politico?

 

Nel testo dei Meistersinger, oltre alla problematica a lui cara (perchè fortemente autobiografica) riguardante il rapporto fra l’Artista e la Società (Religione inclusa, come testimonia il richiamo a Luther) Wagner indirizza anche (non solo) questioni di natura politica e di costume. Rimandando ad altra puntata la trattazione degli aspetti più gravi delle implicazioni politiche dell’opera, consideriamone ora altri comunque importanti.   

Come ad esempio quello che si può etichettare come la questione femminile. Essa emerge dalla natura e dalle modalità di assegnazione del premio per la tenzone canora che si dovrà tenere durante la festa di SanGiovanni. Il premio per il cantore che sarà giudicato (dai Maestri) vincitore è nientemeno che... una ragazza! E qui parrebbe di essere nella barbarie più totale: altro che donna-oggetto, qui si tratterebbe addirittura di donna-oggetto-di-regalo. Però il padre della ragazza (il ricco orafo Veit Pogner, ideatore della geniale trovata di mettere la figlia Eva in palio in una specie di riffa) prova a riportare tutti alla... civiltà, affermando che l’ultima parola spetterà comunque alla stessa Eva: la quale dovrà dare il suo assenso ad essere consegnata in premio al vincitore, ma sarà libera anche di non darlo. Tuttavia, in quest’ultimo caso, lei non potrà scegliere per sè un altro, al posto del vincitore. Come dire, non esageriamo con le libertà concesse alle donne!  

Beh, qui davvero la cosa assume caratteri paradossali, e la congrega dei Cantori, riunita per giudicare in via preliminare eventuali pretendenti, non manca di farlo notare al buon Pogner: ma come, allora a che serve il severo giudizio degli esperti (i Maestri, appunto) se poi esso può essere disconosciuto da una ragazza qualunque? Il più infervorato su questa critica è Sixtus Beckmesser, Cantore e addirittura Censore (Merker, colui che segna gli errori dell’aspirante cantore) ma allo stesso tempo pretendente alla mano di Eva e concorrente alla tenzone (accipicchia, che bel conflitto di interessi!): lui è convinto di vincere la prova e questa libertà di rifiuto concessa alla ragazza non gli va per niente giù (anche perchè lui non è propriamente un giovanotto di bell’aspetto, ma un uomo ormai avviato alla mezz’età, assai poco attraente, e già paventa il rischio di cader vittima del diritto di veto concesso ad Eva).

A questo punto ecco la proposta semplicemente rivoluzionaria di Hans Sachs, il grande saggio: invece di far scegliere il vincitore alla ristretta cerchia dei Maestri, facciamolo democraticamente scegliere al popolo! Questa proposta suscita quasi lo sdegno dei Cantori: ma come, la gente comune adesso diventa giudice ultimo su materie che sono di esclusiva pertinenza degli addetti-ai-lavori? Di questo passo, dove andremo a finire? Come si vede, certe problematiche non sono nate ieri mattina con l’impiego del web per assumere, o ratificare, decisioni della massima portata! Peraltro anche questa proposta di Sachs sembrerebbe fare acqua, poichè implicherebbe che comunque Eva debba accettare una decisione di altri, sia pure del popolo. E allora Sachs cerca di rimediare, con un’affermazione gratuita o tendenziosa: il popolo di certo starà dalla parte della ragazza (!? mah... neanche si fosse al Festival di Sanremo!) Ohi ohi, qui non ci si raccapezza più: allora è la ragazza che sceglie e il popolo ratifica? E quindi che ci stanno a fare i Cantori? Rottamati in blocco?

Visto che la proposta di tirare in ballo il popolo non passa, relativamente al caso-Eva, ecco che Sachs la reitera in una luce assai più politica: la corporazione dei Cantori (oggi andrebbe di moda chiamarla casta) farebbe bene ogni anno a verificare il supporto del popolo, proprio per evitare di rinchiudersi in se stessa, perdendo quindi il contatto con la realtà. Ecco, questa sì che è una considerazione davvero seria e di grandissima attualità! (Ovviamente la casta non ne vuol sapere...)  

Il finale metterà ogni cosa al suo posto, ma al prezzo di una cinica rottamazione (quella del povero e solo Beckmesser, vittima designata sull’altare della presunta innovazione) che il popolo condanna senza appello, per preferirgli Stolzing, la cui arte pur fatica a comprendere (così come nella prova del prim’atto era accaduto ai Maestri) ma dalla quale è epidermicamente ed emotivamente affascinato. 

E lo stesso Stolzing, cui di diventare Maestro non importava un fico secco (il suo unico obiettivo era farsi la bella e giovine Eva... dopodichè aveva spudoratamente mentito a Pogner – scena terza del primo atto – giurando di essere venuto in città proprio per amore dell’arte canora!) si vede ora trascinato in un ingranaggio più grande di lui, la politica! Lui diventa in effetti l’incarnazione della massima gattopardesca del potere: cambiar tutto perchè nulla cambi!
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Cosa c’è dietro il quadro che Dürer non ha mai dipinto?

Nella prima scena dell’opera, in chiesa, veniamo a sapere che Eva e Walther si sono già visti la sera prima, quando il giovin cavaliere di belle speranze, appena arrivato a Norimberga dalla campagna, ha fatto visita a casa Pogner (per la verità per ragioni assai prosaiche: farsi aiutare dall’orafo a vendere un suo podere). Adesso lui è invaghito di lei e glielo dice apertamente; ma anche lei ne ricambia i sentimenti, arrivando a confessargli (a proposito del premio alla gara di canto) Voi o nessuno! E subito dopo spiega a Magdalene come Walther le abbia a prima vista ricordato un’immagine di David. Ah sì, Re David, quello dipinto sullo stendardo dei Maestri Cantori (di cui era patrono) con la lunga barba e nell’atto di suonare l’arpa... sentenzia sicura Magdalene. E infatti sullo stendardo dei Maestri poteva benissimo trovarsi l’effige di Re David che compare – arpa bene in mostra - in un altare dipinto (1509-11) da Albrecht Dürer su ordinazione del facoltoso commerciante norimberghese Matthäus Landauer:

 
(E non a caso, nel Vorspiel, l’arpa entra in campo proprio ad accompagnare il tema dei Maestri!) Ma Eva la smentisce decisamente: no, no, io parlo del David che ha abbattuto Golia con una pietra, quello con la spada al fianco, la fionda in mano e i riccioli luminosi, come ce lo ha dipinto il Maestro Dürer!

Effettivamente sarebbe grottesco che il giovane Walther (probabilmente imberbe, o con pizzetto... da sparviero e di sicuro armato di spada) potesse rassomigliare a quel David attempato, lungo-barbuto, con enorme corona in testa e armato di... arpa del dipinto cui fa cenno Magdalene: assai più verosimile sarebbe la rassomiglianza con un David giovane, esuberante e con i capelli al vento...

Ma però c’è un però: Dürer – e questo è assolutamente accertato - non ha mai dipinto un David come lo descrive Eva!

E allora cosa dobbiamo pensare? Ad un abbaglio di Wagner, che di certo conosceva il dipinto del Landauer-Altar ed ha erroneamente attribuito a Dürer anche una diversa effigie di David probabilmente opera di altro artista? Oppure che si sia proprio inventato questo quadro inesistente? E a quale pro?

Di certo questa contrapposizione assai secca (come secca è la risposta di Eva a Magdalene) fra due diverse figure di David non è casuale (spesso anche la tradizione tende a distinguere due David, quasi fossero persone diverse): il David per così dire arrivato (il Re, quello di Magdalene) è associabile ai Cantori, un’accolita di severi custodi della tradizione e delle regole, collocata quasi in un immutabile empireo (lo si vede, nell’altare, occupare con altri Santi come lui il livello superiore, paradisiaco, ai piedi della Croce e della Trinità); il David-Walther immaginato da Eva (e da Wagner, che in parte vi si riconosce, perlomeno in forza delle sue vicende giovanili) è viceversa una figura di giovane esuberante, insofferente dell’autorità e pronto a lanciarsi in imprese temerarie, sfidando ogni regola e persino il buon senso.

È questo il momento di fare una breve sosta: per tornare al quadro dell’Assunta del Tiziano, dalla cui vista Wagner racconta di essere stato fulmineamente spinto a riprendere in mano con determinazione il soggetto dei Meistersinger. Ebbene, a nessuno sfuggirà come il dipinto visto per la prima volta da Wagner a Venezia abbia un’evidente e fortissima rassomiglianza a livello strutturale con quello del Dürer, che il compositore doveva aver bene in testa da tempo: entrambi presentano, ben distinti, il piano terreno e quello celesteEcco quindi un buon motivo per rivalutare la tesi del colpo di fulmine veneziano quale stimolo al riavvicinamento di Wagner ai Meistersinger.

Ora nasce però una nuova questione: se Re David è il rappresentante dei Cantori, a quale di essi lo possiamo associare? Qui le ipotesi sono due, e piuttosto incompatibili, fra loro e con il riferimento pittorico. La prima porta evidentemente il nome di Hans Sachs, il vecchio saggio da tutti rispettato (sarà portato in trionfo alla fine). Ci sono però alcune controindicazioni: Sachs (come Walther del resto) non suona alcuno strumento (nel second’atto si esibirà come... percussionista, con il martello); poi (lo scopriremo compiutamente nel terzo atto) non è proprio così indigesto alla bella Eva (come farebbe invece intuire la reazione della giovane all’osservazione di Magdalene) che gli dichiara esplicitamente la sua predisposizione addirittura a sposarlo; infine ci sarebbe parecchia discrepanza tra la figura di Re David, fatto Santo dalla Chiesa Cattolica e quella di Sachs, che testimonierà (terzo atto) la sua incondizionata ammirazione per la figura di Martin Luther... L’altra opzione si chiama Sixtus Beckmesser! Che è l’unico in tutta l’opera a suonare uno strumento, a corde (il liuto) come l’arpa di Re David. E che è decisamente inviso alla bella Eva, come constateremo nel second’atto; peraltro sembrerebbe inverosimile che un tale personaggio possa essere collocato in una posizione così alta, in compagnia dei Santi vicino alla Trinità... a meno di non pensare che si tratti di una feroce offesa di Wagner al Cattolicesimo, la falscher wälscher Majestät contro cui Sachs si scaglierà nella sua finale perorazione!  

Sachs e Beckmesser mostrano opposte attitudini verso Walther: il Merker lo soffre come un rivale nella corsa alla conquista di Eva, e quindi cerca di tarpargli le ali fin da subito, esercitando una severità al limite dell’accanimento nel giudicare la sua prestazione nella prova del primo atto. Va però riconosciuto che, fermo il conflitto d’interessi che lo condiziona, Beckmesser non sembra sconfinare in comportamenti manifestamente fraudolenti: prova ne sia che tutti i Cantori (il solo Sachs escluso, ma compreso perfino il bendisposto Pogner) finiscono per condividerne il giudizio negativo e per decretare la bocciatura di Walther. Viceversa Sachs, che è rimasto colpito dalle qualità di Stolzing (neanche lui sa spiegarsi compiutamente perchè) diventa subito difensore e consulente del giovane cavaliere, che probabilmente ha già individuato come suo... successore. E così, per mettere fuori gioco Beckmesser, rivale di Walther, non esita ad usare contro di lui metodi francamente carogneschi, cosa di cui siamo ben testimoni nel second’atto.

Insomma, la conclusione della vicenda viene pilotata da Sachs in modo non proprio cristallino, e del resto il finale dell’opera ci proporrà una gattopardesca morale della favola: l’establishment che eleggerà (e col furor di popolo!) a suo nuovo rappresentante, erede e custode della tradizione, lo scapestrato e recalcitrante giovane che era arrivato a Norimberga con la spada al fianco e tutt’altre idee in testa.

Ecco, Walther, cooptato da Cantori e popolo, prende il testimone direttamente da Sachs, con Eva al suo fianco: una conclusione rassicurante, nel pieno rispetto del principio di evoluzione e non di rivoluzione. Quindi tipicamente conservatrice, per quanto illuminata e non certo reazionaria.

Proprio come accadde per la musica di Wagner, spintosi fino al limite massimo dell’evoluzione della tonalità, senza mai (nemmeno e menchemeno nel Tristan) varcarlo. In fondo, anche per lui le barricate di Dresda del ’48 erano ormai lontane, nella sua vita era appena piovuto dal cielo tale Ludwig II, in casa gli era piombata la sua Eva Cosima... e all’orizzonte cominciava a profilarsi un tempio tutto suo, con annessa dépendance: Bayreuth!   
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P.S.
La faccenda del quadro inesistente è stata studiata (e in certa misura spiegata, a discolpa di Wagner) da una studiosa della Columbia University: Lydia Goehr, inglese di nascita ma figlia di musicisti tedeschi, che ha esposto i risultati delle sue ricerche in un saggio (di lettura non proprio eccitante...) In poche parole, l’immagine di David descritta da Eva non sarebbe stata dipinta, bensì... descritta da Dürer.
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(continua...)

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