Tutto Mozart e tutto Fazil Say nel concerto di questa
settimana. Approda quindi in Auditorium (discretamente affollato direi) questo
47enne turco emigrato (di fatto) in Germania come tre milioni di suoi
connazionali. Purtroppo (o per fortuna) – essendo lui ateo e abbastanza critico
delle posizioni dell’AKP – non può essere usato dal sultano Erdogan per far pubblicità alla Turchia neo-islamica
e de-Atatürk-izzata:
al contrario, in patria passa da una denuncia all’altra per vilipendio della
religione o del regime, così parrebbe ormai intenzionato a stabilirsi
definitivamente in Giappone...
Lui non è certamente il primo a
concentrare su di sè entrambi i ruoli (di solista e direttore) nei concerti
mozartiani: fece storia nella seconda metà del ‘900 Geza Anda, che li eseguì e incise con la Camerata salisburghese. Più recentemente anche Pollini ne ha seguito le orme (qui lo ascoltiamo appunto con i bostoniani nel
n°12).
Ma Say di ruoli ne riveste addirittura
tre, essendo anche autore del suo Silk road, del 1994: che è una
specie di concerto per piano e orchestra d’archi (più un gong) che ripercorre
in quattro tappe la mitica via della seta: dalla cina Nord-occidentale (1. Colomba bianca e nuvole nere) all’India
(2. Danze Hindu) alla Mesopotamia (3.
Massacro) e infine alla sua Ankara
(4. Ballata della Terra). Eccone qui un estratto
preceduto da una sua presentazione in crucco, nella quale spiega la presenza
del gong, del contrabbasso posto in fondo alla sala, e le caratteristiche della
strumentazione, dove agli archi (e allo stesso pianoforte, opportunamente... manomesso) viene chiesto di imitare
strumenti caratteristici delle regioni orientali attraversate nel suo brano.
Qui il contrabbasso remoto è piazzato in
fondo alla scena, sulla destra, e tiene quasi continuamente un pedale grave,
oltre (saltuariamente) ad arricchirlo con tamburellamenti della mano sinistra
sulla cassa. Il gong in pratica
separa i quattro episodi del cammino, mentre gli altri contrabbassi schioccano
autentiche frustate. Ma è il pianoforte a trasformarsi (opportunamente... maneggiato da Fazil con la mano appoggiata
sul piano delle corde) in qualche strumento orientale, dal suono chiuso, opaco,
come di corda pizzicata violentemente.
Insomma, un brano godibile, che Fazil
propone con grande partecipazione emotiva e che il pubblico ha accolto con
altrettanto calore.
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Dopo l’Ouverture delle Nozze dove l’Orchestra, guidata ieri da Dellingshausen, smentisce alla grande la
teoria di Fellini, eseguendola senza Direttore (non è la prima volta che ciò
accade) il corpo del programma, ad incastonare il lavoro di Say, è occupato dai
due concerti per pianoforte in LA maggiore del Teofilo. Oltre a questi, i 21 concerti hanno tonalità DO (4 M+1m);
RE (3M+1m); MIb (4M); FA (3M); SOL (1M) e SIb (4M). Il K414 e il K488
sono separati da meno di 4 anni (1782-1786): il 414 (con il 413 e il 415) fu
proprio il primo dei tre composti a Vienna, dove Mozart si era trasferito dalla
natia Salisburgo, affrancandosi (pena un... calcio in culo) dall’asfissiante
tutela dello sbifido arcivescovo Colloredo,
per intraprendere la libera professione
di musicista e concertista.
Hanno struttura ovviamente classica, tre
movimenti di cui il primo in tempo Allegro,
il secondo in tempo lento (Andante e Adagio) e il terzo in forma di Rondo (Allegretto e Allegro assai).
Molto interessante notare l’evoluzione dei contenuti, evidenziata dal rapporto
tonale fra i movimenti: il 414 è assolutamente tradizionale (movimento interno
sulla sottodominante RE maggiore)
mentre il 488 presenta per la terza (ed ultima) volta l’Adagio centrale nella
tonalità relativa minore (FA#),
un’innovazione che Mozart aveva già sperimentato nei precedenti 456 (SIbM-SOLm)
e 482 (MIbM-DOm).
A parte queste analogie e differenze, balza evidente all’orecchio il grande salto di qualità fatto da Mozart in quei
pochi anni, e del resto il 488 è praticamente contemporaneo delle Nozze, sommo capolavoro operistico.
Fazil lascia praticamente la massima
libertà all’orchestra, limitandosi a pochi e semplici segni di attacco, per
concentrarsi sulla tastiera, dalla quale estrae tutta la magia delle melodie
mozartiane con passione e partecipazione emotiva. Sarà pure un Mozart visto...
dall’Anatolia, ma è di livello eccezionale e trascina il pubblico all’entusiasmo. Così, pur dopo tutto questo tour-de-force,
il nostro ci regala ancora un altro suo capolavoro!
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