Wagner stesso ha ricordato, nella sua
autobiografia (dettata, come sappiamo, a-posteriori alla seconda moglie Cosima) le circostanze che lo portarono,
dal 1862, a riprendere decisamente in mano (per completarlo poi nel giro di 4-5
anni) il soggetto dei Meistersinger
che lui aveva già preso in considerazione, sbozzandone i contenuti, durante un
periodo di cure termali a Marienbad, nel
lontano 1845.
L’ispirazione – così leggiamo nell’autobiografia –
gli venne durante una visita a Venezia (1861, successiva al tragicomico fallimento
parigino di Tannhäuser) dove era
stato ospite dei coniugi Wesendonk
(Otto e Mathilde) i quali – piuttosto inaspettatamente, per la verità, viste le
circostanze abbastanza... ehm... scabrose che avevano provocato la loro brusca separazione
più di 3 anni avanti – lo avevano invitato a raggiungerli in laguna. E durante
quel soggiorno Wagner fu accompagnato dai coniugi zurighesi a visitare il Museo
dell’Accademia, dove potè ammirare un quadro famoso, colà allora esposto: l’Assunzione della Vergine del Tiziano.
Per
qualche insondabile motivo (ma forse una spiegazione c’è...) la vista di quel
dipinto gli risvegliò il desiderio di Meistersinger,
e così già nel (peraltro prematuro...) viaggio di ritorno (a Vienna) Wagner
cominciò ad occuparsi seriamente della sua nuova opera, addirittura sbozzandone
completamente il Vorspiel! Insomma, parrebbe
proprio una specie di colpo-di-fulmine provocato dalla visione di un quadro.
E di fatto questa spiegazione è stata
sempre presa per buona da (quasi) tutti i commentatori e critici musicali (a
cominciare dall’informatissimo Westernhagen,
per finire al nostro Massimo Mila) ed
ancor oggi viene normalmente accettata e riproposta in esegesi o articoli di
presentazione dell’opera.
Nel
suo libro Il dio Wagner e altri dei della
musica (Rusconi,
1980) Teodoro Celli, sommo
esegeta wagneriano, ha invece avanzato un’ipotesi (per lui) assai più credibile e
comunque suggestiva, ricordando un particolare piuttosto... piccante (La vendetta di Re Marke). Bisogna fare
qui un passo indietro, agli anni della permanenza di Wagner presso i Wesendonk
a Zurigo: quando il musicista si era a tal punto infatuato della moglie del
padrone di casa da piantare in asso il Ring per buttarsi a corpo morto nel
Tristan, e da mettere a repentaglio il suo stesso ménage familiare (la moglie
Minna aveva scoperto la tresca – non si sa se solo platonica – fra i due e se
n’era tornata in Germania). Ma la cosa aveva avuto effetti piuttosto seri anche
sull’unione dei Wesendonk, e pare che fra i due – e per iniziativa di lei - si
fosse interrotto ogni rapporto sessuale (avevano già avuto quattro figli, dei
quali due morti prematuramente) cosa nota a Wagner stesso, che vedeva in ciò la
possibilità di tornare accanto alla sua Mathilde, per la quale non aveva per
nulla sbollito la sua infatuazione.
L’invito
dei Wesendonk a Venezia lo aveva perciò colto di sorpresa, e non sapeva cosa
aspettarsi: non è escluso che gli fosse balenata in testa persino una pazza speranza...
E invece – ma guarda te che sorpresa! – Otto Wesendonk gli presenta la moglie
con tanto di pancione! Ed entrambi i coniugi – leggiamo nell’Autobiografia - ...pareva si fossero proposti di scacciarmi
i grilli dal capo facendomi partecipare alle loro delizie. A dimostrazione
della ritrovata armonia coniugale. Insomma (cito sempre Teodoro Celli) ecco qua Marke che
mostra a Tristan un’Isolde che gli sta dando felicemente un erede!
E,
quasi a volersi far perdonare, è proprio lei a suggerirgli (a mo’ di chiodo-scaccia-chiodo) di rimetter mano
ai Meistersinger. Nei quali, allorquando Hans
Sachs confessa alla giovane Eva, che gli ha appena fatto il più bel
complimento, che lui non intende darvi seguito, Wagner mette in bocca al
protagonista una frase sibillina: Hans
Sachs war klug und wollte nichts von Herrn Markes Glück. Tradotto (da Guido
Manacorda): Hans Sachs fu saggio e non
volle niente della fortuna di Sire Marco. Ma perchè parlare di fortuna (o anche: felicità) di Marke, quando nel Tristan
non ve n’è traccia alcuna? C’è forse un’allusione (conclude Teodoro Celli) a quella esibita a
Venezia da Otto Wesendonk? Allusione confermata dal nome dato dai coniugi
svizzeri al bimbo che Mathilde si portava in pancia: Hans!
E così paradossalmente la bella Mathilde
fu la causa, più o meno involontaria, della nascita di due autentici
capolavori: il Tristan prima e poi,
quasi per contrappasso, i Meistersinger!
Beh,
una tesi convincente, poco da dire. Ma che forse non smonta del tutto quella
tradizionalmente accettata, il colpo di
fulmine di fronte all’Assunta. Sappiamo
che Wagner in realtà non aveva mai smesso di pensare al soggetto dei Cantori, e non è escluso che già vi
avesse associato un’immagine a cui farà riferimento (implicito, ma chiarissimo)
nel testo dell’opera: quella di un altro dipinto, il Landauer-Altar di Albrecht Dürer.
___
(Ma ne riparliamo alla prossima
puntata...)
Nessun commento:
Posta un commento