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07 marzo, 2017

Alla Scala arrivano i Maestri (3): un manifesto proto-nazista?

 

Wagner era antisemita? Certo che sì. Come peraltro un sacco di gente ai suoi tempi (e pure ai nostri, se è per quello...) Di più: il suo antisemitismo lui lo teorizzò con approccio quasi scientifico e lo rese pubblico con un libello del 1850, Das Judenthum in der Musik (Il Giudaismo in musica) poi reiterato, rincarando la dose, una ventina d’anni dopo. Contiene una violenta requisitoria contro l’avanzare della sub-cultura ebraica all’interno della nobile, alta e superiore tradizione germanica. Agli ebrei è concessa una sola soluzione, quella della rovina e della decadenza (Untergang). Nella riproposizione del libello (1868, proprio l’anno della prima dei Meistersinger) Wagner avanza la constatazione che l’assalto di quella sub-cultura è ormai arrivato ad un livello tale che essa sta prendendo il sopravvento; e di non saper dire se l’arresto della caduta della cultura germanica possa avvenire anche attraverso una sua reazione violenta (eine gewaltsame Auswerfung)!

E ancora: in Was ist Deutsch? (Cos’è Tedesco?) pubblicato nel 1878, ma scritto nel 1865, Wagner dipinge gli Ebrei come “elemento alieno che ha invaso la natura tedesca”. E li addita a primi e principali sfruttatori del sistema capitalistico, del profitto, del potere economico delle banche. Il tutto all’interno di un panegirico allo spirito tedesco, capace di sopravvivere ad ogni avversità e ad ogni sopraffazione.

Probabilmente gli scritti di Wagner, da soli, non avrebbero avuto diffusione e risonanza così grandi da condizionare la politica della Germania del 1930... e Hitler non si sarebbe neanche scomodato a leggerli, ammesso di venirne a conoscenza. Ma Wagner divenne famoso nel mondo e adorato in Germania per le sue opere musicali e, guarda caso, proprio nei Meistersinger troviamo abbondanti dosi di nazionalismo culturale, inutile negarlo.

Che si tratti anche di nazional-socialismo in embrione è invece una tesi che sostengono non pochi ed anche autorevoli commentatori ed esegeti. Robert W.Gutman (“Richard Wagner: the Man, his Mind and his Music”, 1968) è probabilmente stato il primo a sostenere compiutamente la seguente tesi:

Nei suoi drammi, Wagner altro non vuol rappresentare se non il conflitto insanabile, anzi mortale, fra la purezza dell’identità culturale germanico-ariana e il suo pericoloso inquinante semitico (è il succo del Giudaismo in musica). Il fine ultimo perseguito da Wagner componendo i suoi drammi non sarebbe affatto l’arte, ma l’esplicitazione ante-litteram del programma politico dell’ideologia nazional-socialista e antisemita. E dato che quelle opere ebbero una risonanza ed una diffusione enormi, ecco che quel programma, in esse contenuto e nemmeno troppo cripticamente, potè richiamare l’attenzione e l’approvazione di Hitler, che non dovette far altro che dargli applicazione pratica.

Ed esistono innumerevoli altri riferimenti a quest’accusa, ad esempio in scritti di studiosi quali Hartmut Zelinsky (“Richard Wagner – ein deutsches Thema”) o Barry Millington (“Wagner”) o Daniel L.Leeson (Antisemitism in the music dramas of Richard Wagner”) o Chris Nicholson (“Apotheosis”) o ancora Peter Brach (“The Anti-Semitic Intention of The Ring of the Nibelung”). E sappiamo che lo stesso Gottfried Wagner, pronipote del compositore e fratellastro di Kathi, l’attuale capintesta a Bayreuth, non esita a individuare un binario che collega direttamente le opere del bisnonno con Auschwitz.

E come vien dimostrata una tesi di tale distruttiva portata? Con argomentazioni come quelle schematicamente elencate qui di seguito; in particolare, sono tre le opere messe direttamente sotto accusa: i Meistersinger, il Ring e Parsifal. Mi limito qui alla prima, oggetto contingente dell’interesse suscitato dall’imminente riproposta della Scala.

Attraverso quest’opera – sostengono i suoi detrattori - Wagner intenderebbe chiamare la nazione tedesca al riscatto culturale nei confronti dell’inquinante, costituito dall’infiltrazione ebraica nella società germanica. Ne sarebbe testimonianza lo stesso esplicito riferimento a Martin Luther, antisemita fino al midollo, per la cronaca: basti pensare al Von den Jüden und iren Lügen del 1543 (Dei giudei e delle loro menzogne) dove si parla di “vermi velenosi, che è un errore non distruggere”:


Ebbene, l’esaltazione che Wagner fa di Luther nel terzo atto, musicando i primi otto versi della lode scritta nel 1523 dal Sachs storico in suo onore (Die wittenbergische Nachtigall, L’Usignolo di Wittemberg, come Luther vi viene definito) sarebbe un autentico richiamo (il famoso “Wacht auf!, Risvegliatevi!) alla reazione contro le influenze straniere, ma in particolare contro gli ebrei.  

Il puro ariano qui sarebbe l’eroico Walther von Stolzing, e il suo nemico giurato il semita Sixtus Beckmesser. Quest’ultimo incorporerebbe tutti i cliché antisemiti ottocenteschi, tutti gli aspetti sgradevoli e pericolosi che Wagner attribuiva agli ebrei: andatura strascicata, barcollante, occhi strabici, bellicoso, malintenzionato, senza scrupoli... ma soprattutto: mancanza totale di talento musicale, di doti poetiche, di senso del ritmo e della metrica. Non è esattamente ciò che Wagner aveva scritto nel Giudaismo? “Nel linguaggio e nell’arte musicale l’Ebreo può solo produrre imitazioni e merce contraffatta, non può scrivere vera poesia, nè creare autentiche opere d’arte”.

Addirittura il nome originario che Wagner aveva scelto per il personaggio Beckmesser era Hans Lich, una chiarissima storpiatura di Eduard Hanslick, il critico musicale, onesto conservatore, ma soprattutto ebreo (sia pure a metà) che aveva preso posizione per Brahms e che Wagner avrebbe perciò inteso ridicolizzare, per distruggerlo. (Che il nome sia stato poi mutato è spiegabile, più che con un improbabile pentimento di Wagner, con l’obiettivo danno d’immagine che esso arrecava alla figura di Sachs e ai religiosi richiami alla festa di SanGiovanni.)

E soprattutto verrebbe preso di mira il modo di cantare di Beckmesser, un’autentica parodia del ritmo e delle inflessioni vocali dei canti da Sinagoga. Per di più Wagner scrive, per questa parte di basso, dei passi ad altezze impossibili (addirittura un LA, difficile persino per un tenore!) ottenendo con ciò l’effetto parodistico del falsetto, della voce effeminata, caratteristica dei castrati (e nell’800 l’antisemitismo faceva volutamente confusione fra castrazione e circoncisione!) 
 
Non solo, ma Beckmesser è anche un ladro! Ruba il testo del lied di Walther (un’autentica opera d’arte... secondo Wagner) ma poi non riesce nè a decifrarne correttamente le poetiche parole (che traviserà orribilmente al momento di presentarlo al pubblico) nè quindi a musicarlo compiutamente, a dimostrazione del fatto che l’ebreo non può produrre alcunchè di buono, pur avendo a disposizione materiale ariano di prim’ordine.

Infine, Beckmesser viene esposto al ludibrio anche sul piano dei sentimenti: lui è un uomo non più giovane che (al contrario di Sachs, saggio e nobile ariano capace di responsabili rinunce) mira ad impossessarsi della bella e giovane (pura ariana) Eva, figlia oltretutto di un orafo (!) Insomma: l’ebreo ladro che ha laide concupiscenze sessuali e venali...  

Ecco quindi che le reazioni irridenti e ostili della gente di Norimberga alle sue performance, nel secondo e terzo atto, sarebbero rappresentate da Wagner al preciso scopo di ridicolizzare l’ebreo e di mostrare quale debba essere la sua meritata sorte (l’Untergang del Giudaismo!): disprezzo e scorno, fino alla violenza fisica (finale dell’atto II) da parte del nobile popolo tedesco!

Dopodichè, basta leggere le cronache dell’epoca nazista per constatare come i Meistersinger fossero elevati dal regime nientemeno che a vessillo e strumento dell’espansionismo tedesco e della necessità della soluzione finale del problema ebraico. E non a caso gli ultimi due Festival di Bayreuth (1943-1944) prima della sospensione dovuta alla disfatta, furono esclusivamente occupati da ben 28 (16 + 12) rappresentazioni di quest’opera-simbolo, un estremo tentativo di risollevare il morale del popolo, a fronte della brutta piega che il conflitto aveva imboccato.
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Beh, certo che gli indizi sembrano talmente tanti e chiari da apparire prove inoppugnabili! É possibile cercare di smontarle? Mah, anche se è cosa estremamente difficile - quanto camminare sulla lama affilatissima di un rasoio - proverò ora a farlo. 

Il riferimento a Luther: beh, in un’opera ambientata nella Norimberga del ‘500 il fondatore del Protestantesimo non poteva certo passare sotto silenzio... ma il testo ed il contesto ci dicono che Luther è citato come esempio per la sua cocciuta resistenza e ribellione alle gerarchie della Chiesa Cattolica, non per il suo antisemitismo: lo attesta innanzitutto il riferimento diretto al poema del Sachs storico, tutto incentrato sull’esaltazione della lotta di Luther contro il Papa, non contro gli ebrei; e lo conferma anche il finale appello di Sachs che chiama il popolo a proteggere l’Arte tedesca dalle minacce della wälscher Majest (la maestà di Roma) non già da quelle della comunità ebraica.

Beckmesser. Intanto cominciamo col dire che uno Stadtschreiber non può essere ebreo: come tale mai avrebbe potuto far parte dell’accolita dei Cantori. E allora qualcuno dovrebbe spiegare che senso avrebbe far incarnare ad un non-semita tutte le qualità deteriori - massimamente quelle fisico-morfologiche - attribuite dal Wagner politico agli ebrei. Insomma, per assurdo: se Beckmesser, che certamente non è semita, cammina e parla e canta come un semita... significa che fra semiti e non-semiti non c’è differenza alcuna! E allora casca tutta l’impalcatura di quest’accusa. 

Ma andiamo oltre: alla fine del primo atto Beckmesser confida al suo collega cantore Veit Pogner il desiderio di avere in moglie sua figlia Eva. E Pogner, pur riaffermando che sarà Eva a dover acconsentire, si impegna ad intercedere per lui presso la figlia. Ergo: Pogner, rappresentante a pieno titolo della società e della cultura tedesca, mostra di non avere alcuna preclusione verso il Merker, che evidentemente considera del tutto degno - Eva consentendo - di diventare suo genero.

Il puro ariano Hans Sachs, viceversa, sarà anche nobile e saggio, rinunciando in partenza ad Eva, ma si mostra assai carogna (e geloso?) nei confronti di Beckmesser allorquando, nel secondo atto, fa di tutto (Jerum! Jerum!) per rovinargli la serenata. Qui la didascalia di Wagner è inequivocabile:

Beckmesser, che ad ogni colpo (dei martello di Sachs, ndr) è trasalito dolorosamente, nel reprimere l'interno furore, è stato obbligato a forzare e ad affrettare il tono, che s'era industriato di mantenere sempre delicato; la qual cosa ha accentuato il lato comico del suo canto assolutamente fuori di ogni prosodia.

Chiaro abbastanza, vero? Sono le reiterate molestie di Sachs a rovinare la serenata allo scrivano! E persino il giovane David, tratto in inganno dallo scambio di persona Eva-Magdalene (non certo voluto dal povero Beckmesser) si rende responsabile di percosse e maltrattamenti nei confronti del Merker, e della gigantesca rissa che ne segue, da cui l’incolpevole Sixtus uscirà letteralmente con le ossa rotte! Ed è proprio in conseguenza delle botte subite la sera prima che Beckmesser, nel terzo atto, in casa di Sachs e poi sul terrapieno della tenzone canora, appare barcollante e malfermo sulle gambe, non certo perchè questo sia il modo di camminare congenito agli ebrei!

Beckmesser - è vero - ruba il foglio su cui Sachs ha trascritto il Lied di Walther. Non è certo una bella azione, ma non si può non riconoscergli, come attenuante, il fatto che Sachs si sia comportato con lui in modo davvero indegno; e adesso quella canzone gli sembra dimostrare che Sachs pretenda alla mano di Eva, e gli conferma il sospetto che il calzolaio, la sera prima, avesse architettato tutto ai suoi danni, per pura gelosia e per disfarsi di un pericoloso concorrente!

Insomma, ragionando a mente fredda, vien da concludere che Beckmesser sia una vittima, più che un pericolo pubblico. E che Sachs sarà anche un tedesco doc, ma è pure parecchio carogna. E allora si potrebbe paradossalmente ribaltare l’accusa in difesa: ammesso che Beckmesser impersonifichi il semita, non è che Wagner volesse per caso mostrarci la triste condizione degli ebrei, sottoposti ad ogni tipo di angheria?  

Non dimentichiamo infine che Wagner intendeva creare, con i Meistersinger, un’opera comica, e in tutte le opere comiche c’è necessariamente qualche personaggio che si deve prestare alla bisogna e farsi mettere alla berlina (sarà solo il caso di ricordare un certo don Bartolo...): e una figura come quella del Censore da questo punto di vista e in quel contesto era proprio l’ideale per la bisogna, senza per questo dover scomodare pregiudizi razziali. Ecco qui come Wagner stravolge il testo di Walther(Sachs) agli occhi di Beckmesser:

Beckmesser

"Morgen ich leuchte in rosigem Schein,
von Blut und Duft
geht schnell die Luft;
wohl bald gewonnen,
wie zerronnen;
im Garten lud ich ein
garstig und fein."

"Wohn' ich erträglich im selbigen Raum,
hol' Gold und Frucht,
Bleisaft und Wucht...
Mich holt am Pranger
der Verlanger,
auf luft'ger Steige kaum,
häng' ich am Baum!"

"Heimlich mir graut,
weil es hier munter will hergehn:
an meiner Leiter stand ein Weib;
sie schämt' und wollt' mich nicht besehn;
bleich wie ein Kraut
umfasert mir Hanf meinen Leib;
mit Augen zwinkend,
der Hund blies winkend,
was ich vor langem verzehrt,
wie Frucht so Holz und Pferd
vom Leberbaum."
Walther (Sachs)

"Morgenlich leuchtend in rosigem Schein,
von Blüt und Duft
geschwellt die Luft,
voll aller Wonnen,
nie ersonnen,
ein Garten lud mich ein,
Gast ihm zu sein".

"Wonnig entragend dem seligen Raum,
bot gold'ner Frucht
hellsaft'ge Wucht,
mit holdem Prangen
dem Verlangen,
an duft'ger Zweige Saum,
herrlich ein Baum".

"Sei euch vertraut,
welch' hehres Wunder mir geschehn:
an meiner Seite stand ein Weib,
so hold und schön ich nie gesehn:
gleich einer Braut
umfasste sie sanft meinen Leib;
mit Augen winkend,
die Hand wies blinkend,
was ich verlangend begehrt,
die Frucht so hold und wert
vom Lebensbaum".
   
Beckmesser

"Io luceva nel roseo chiaror della mattina
profumata di sangue,
corre rapida l'aria;
presto invero ottenuta
come perduta,
nel giardino io invitai,
laido e fino".

"Discretamente me la passo nello stesso luogo,
prendo oro e frutti,
umor di piombo, leva...
Mi prende alla gogna
il bramoso,
appena sull'aereo sentiero,
m'appendo all'albero!"

"Segretamente rabbrividisco
perché qui l'andrà allegramente;
alla mia scala, stava una donna;
ella si vergognava e voleva non guardarmi;
pallida come un'erba
la canapa s'attorciglia al mio corpo;
strizzando gli occhi,
il cane via soffiò accennando,
quel che io avevo da tempo divorato:
frutti, legno e cavallo,
dell'albero del fegato!"
Walther (Sachs)

"Luminoso nel roseo chiaror della mattina,
del profumo dei fiori
l'aria impregnata,
pieno di tutte le voluttà
mai sognate,
un giardino m'invitava
ospitalmente ad entrare".

"Voluttuosamente sovrastante al luogo incantevole,
offriva d'un aureo frutto
il succoso balsamico peso
con grata magnificenza
al desiderio,
sull'orlo dei rami odorosi,
superbamente un albero".

"Vi sia confidato,
quale alto prodigio m'è avvenuto:
al mio fianco stava una donna,
così dolce e bella, giammai avevo vista:
simile a sposa,
soavemente mi cinse la persona;
con gli occhi accennando,
la mano luminosa indicava
quel che io struggendomi bramavo:
il frutto così dolce e nobile 
dell'albero della vita".

Beh, siamo proprio all’avanspettacolo di Vieni avanti, cretino!

Ma veniamo alla sostanza: la musica!

Pochi passaggi musicali sono così magistralmente concepiti, e così belli e moderni come l’assurda e patetica serenata che Beckmesser canta nel secondo atto, e che doveva servire al compositore – secondo i sostenitori del Wagner nazista - per prendere di mira la pretesa incultura musicale del mezzo-ebreo Eduard Hanslick (il critico che lo criticava, peraltro con grandissimo equilibrio). Tutta la musica che sostiene la strepitosa, stupefacente scena finale della baruffa del secondo atto nasce e si sviluppa proprio da lì, altro che cantilena da Sinagoga! E si noti che persino David, all’inizio del terzo atto, intona inizialmente il mottetto “Am Jordan Sankt Johannes stand” proprio sulla melodia della serenata di Beckmesser! (Alla faccia dell’inquinamento, verrebbe da dire...)

Quanto al Preislied, Wagner appare a sua volta davvero carognesco (lo abbiamo ben visto poco sopra) nel formularne la versione Beckmesser: ma un simile stravolgimento del testo originale è spiegabile con mille motivazioni, e non solo con la difficoltà di un Ebreo nel comprendere la lingua tedesca; e chi ci dice invece che non sia stata tutta una manfrina di Sachs, quella di scrivere il testo appositamente in modo indecifrabile, per tendere un trappolone al povero Merker? Musicalmente è poi tutt’altro che da buttar via, e il suo fallimento, nella generale derisione, è legato precisamente all’insensatezza del testo, come equivocato da Beckmesser, non certo alla musica.

Insomma, di antisemitismo programmatico è proprio difficile parlare, e anche il proclama politico esposto da Sachs e relativo alla superiorità dell’Arte tedesca appare una chiara risposta di Wagner - sul terreno (appunto) artistico - a tutte le incomprensioni di cui il nostro era fatto oggetto ancora in quegli anni: il tracollo del Tannhäuser tristanizzato e le mille diffidenze che dovunque (anche nei paesi di lingua tedesca - Vienna in testa - non solo nella Parigi dell’ebreo Meyerbeer!) sorgevano riguardo al suo Tristan.   

Per chiudere: sono convinto che vada fatto sempre ogni sforzo per tenere distinti gli aspetti deteriori del Wagner uomo, ideologo, capopopolo – che rappresentano per la sua figura un’autentica tragedia - da quell’unica qualità per la quale Wagner ha invece titolo per essere ricordato ed apprezzato: l’Artista!   
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(continua...)

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