Wagner era
antisemita? Certo che sì. Come peraltro un sacco di gente ai suoi tempi (e pure
ai nostri, se è per quello...) Di più: il suo antisemitismo lui lo teorizzò con
approccio quasi scientifico e lo rese pubblico con un libello del 1850, Das Judenthum
in der Musik (Il Giudaismo
in musica) poi reiterato, rincarando la dose, una ventina d’anni dopo.
Contiene una violenta requisitoria contro l’avanzare della sub-cultura ebraica
all’interno della nobile, alta e superiore tradizione germanica. Agli ebrei è
concessa una sola soluzione, quella della rovina e della decadenza (Untergang). Nella riproposizione del
libello (1868, proprio l’anno della prima
dei Meistersinger) Wagner avanza la
constatazione che l’assalto di quella sub-cultura è ormai arrivato ad un
livello tale che essa sta prendendo il sopravvento; e di non saper dire se
l’arresto della caduta della cultura germanica possa avvenire anche attraverso
una sua reazione violenta (eine
gewaltsame Auswerfung)!
E ancora: in Was ist
Deutsch? (Cos’è Tedesco?) pubblicato nel 1878, ma scritto nel
1865, Wagner dipinge gli Ebrei come “elemento alieno che ha invaso la natura
tedesca”. E li addita a primi e principali sfruttatori del sistema
capitalistico, del profitto, del potere economico delle banche. Il tutto
all’interno di un panegirico allo spirito
tedesco, capace di sopravvivere ad ogni avversità e ad ogni sopraffazione.
Probabilmente
gli scritti di Wagner, da soli, non avrebbero avuto diffusione e risonanza così
grandi da condizionare la politica della Germania del 1930... e Hitler non si
sarebbe neanche scomodato a leggerli, ammesso di venirne a conoscenza. Ma
Wagner divenne famoso nel mondo e adorato in Germania per le sue opere musicali e, guarda caso, proprio
nei Meistersinger troviamo abbondanti
dosi di nazionalismo culturale,
inutile negarlo.
Che si tratti
anche di nazional-socialismo in
embrione è invece una tesi che sostengono non pochi ed anche autorevoli
commentatori ed esegeti. Robert W.Gutman (“Richard
Wagner: the Man, his Mind and his Music”, 1968) è probabilmente
stato il primo a sostenere compiutamente la seguente tesi:
Nei
suoi drammi, Wagner altro non vuol rappresentare se non il conflitto
insanabile, anzi mortale, fra la purezza dell’identità culturale
germanico-ariana e il suo pericoloso inquinante semitico (è il succo del Giudaismo in musica). Il fine ultimo
perseguito da Wagner componendo i suoi drammi non sarebbe affatto l’arte, ma l’esplicitazione ante-litteram del
programma politico dell’ideologia nazional-socialista e antisemita. E dato che quelle opere
ebbero una risonanza ed una diffusione enormi, ecco che quel programma, in esse
contenuto e nemmeno troppo cripticamente, potè richiamare l’attenzione e
l’approvazione di Hitler, che non dovette far altro che dargli applicazione
pratica.
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Ed esistono
innumerevoli altri riferimenti a quest’accusa, ad esempio in scritti di
studiosi quali Hartmut Zelinsky
(“Richard Wagner – ein deutsches Thema”) o Barry
Millington (“Wagner”) o Daniel
L.Leeson
(“Antisemitism in the music dramas
of Richard Wagner”) o Chris Nicholson
(“Apotheosis”) o ancora Peter Brach (“The Anti-Semitic Intention of The
Ring of the Nibelung”). E sappiamo
che lo stesso Gottfried Wagner, pronipote del compositore e fratellastro
di Kathi, l’attuale capintesta a Bayreuth, non esita a individuare un binario
che collega direttamente le opere del bisnonno con Auschwitz.
E come vien
dimostrata una tesi di tale distruttiva portata? Con argomentazioni come quelle
schematicamente elencate qui di seguito; in particolare, sono tre le opere messe direttamente
sotto accusa: i Meistersinger, il Ring e Parsifal. Mi
limito qui alla prima, oggetto contingente dell’interesse suscitato
dall’imminente riproposta della Scala.
Attraverso
quest’opera – sostengono i suoi detrattori - Wagner intenderebbe chiamare la nazione tedesca al
riscatto culturale nei confronti dell’inquinante, costituito dall’infiltrazione
ebraica nella società germanica. Ne sarebbe testimonianza lo stesso esplicito
riferimento a Martin Luther, antisemita
fino al midollo, per la cronaca: basti pensare al Von den Jüden
und iren Lügen del 1543 (Dei giudei e delle loro menzogne) dove
si parla di “vermi velenosi, che è un errore non distruggere”:
Ebbene, l’esaltazione
che Wagner fa di Luther nel terzo atto, musicando i primi otto versi della lode
scritta nel 1523 dal Sachs storico in
suo onore (Die wittenbergische Nachtigall,
L’Usignolo di Wittemberg, come Luther vi viene definito) sarebbe un autentico
richiamo (il famoso “Wacht auf!, Risvegliatevi!) alla reazione contro le
influenze straniere, ma in particolare contro gli ebrei.
Il puro ariano
qui sarebbe l’eroico Walther von Stolzing,
e il suo nemico giurato il semita Sixtus
Beckmesser. Quest’ultimo incorporerebbe tutti i cliché antisemiti
ottocenteschi, tutti gli aspetti sgradevoli e pericolosi che Wagner attribuiva
agli ebrei: andatura strascicata, barcollante, occhi strabici, bellicoso,
malintenzionato, senza scrupoli... ma soprattutto: mancanza totale di talento
musicale, di doti poetiche, di senso del ritmo e della metrica. Non è esattamente
ciò che Wagner aveva scritto nel Giudaismo?
“Nel linguaggio e nell’arte musicale l’Ebreo può solo produrre imitazioni e
merce contraffatta, non può scrivere vera poesia, nè creare autentiche opere
d’arte”.
Addirittura
il nome originario che Wagner aveva scelto per il personaggio Beckmesser era Hans Lich, una chiarissima storpiatura
di Eduard Hanslick, il critico
musicale, onesto conservatore, ma soprattutto ebreo (sia pure a metà) che aveva preso posizione per Brahms e che
Wagner avrebbe perciò inteso ridicolizzare, per distruggerlo. (Che il nome sia
stato poi mutato è spiegabile, più che con un improbabile pentimento di Wagner,
con l’obiettivo danno d’immagine che esso arrecava alla figura di Sachs e ai
religiosi richiami alla festa di SanGiovanni.)
E soprattutto verrebbe preso di mira il modo di
cantare di Beckmesser, un’autentica parodia del ritmo e delle inflessioni
vocali dei canti da Sinagoga. Per di più Wagner scrive, per questa parte di
basso, dei passi ad altezze impossibili (addirittura un LA, difficile persino per
un tenore!) ottenendo con ciò l’effetto parodistico del falsetto, della voce effeminata, caratteristica dei castrati (e
nell’800 l’antisemitismo faceva volutamente confusione fra castrazione e
circoncisione!)
Non solo, ma Beckmesser è anche un ladro! Ruba il
testo del lied di Walther (un’autentica opera d’arte... secondo Wagner) ma poi
non riesce nè a decifrarne correttamente le poetiche parole (che traviserà
orribilmente al momento di presentarlo al pubblico) nè quindi a musicarlo
compiutamente, a dimostrazione del fatto che l’ebreo non può produrre alcunchè
di buono, pur avendo a disposizione materiale
ariano di prim’ordine.
Infine, Beckmesser viene esposto al ludibrio anche sul
piano dei sentimenti: lui è un uomo non più giovane che (al contrario di Sachs,
saggio e nobile ariano capace di responsabili rinunce) mira ad impossessarsi
della bella e giovane (pura ariana) Eva, figlia oltretutto di un orafo (!)
Insomma: l’ebreo ladro che ha laide concupiscenze sessuali e venali...
Ecco quindi che le reazioni irridenti e ostili della
gente di Norimberga alle sue performance,
nel secondo e terzo atto, sarebbero rappresentate da Wagner al preciso scopo di
ridicolizzare l’ebreo e di mostrare quale debba essere la sua meritata sorte (l’Untergang del Giudaismo!): disprezzo e scorno, fino alla violenza fisica (finale dell’atto II) da parte del nobile popolo
tedesco!
Dopodichè, basta leggere le cronache dell’epoca
nazista per constatare come i Meistersinger
fossero elevati dal regime nientemeno che a vessillo e strumento
dell’espansionismo tedesco e della necessità della soluzione finale del problema ebraico. E non a caso gli ultimi due Festival di Bayreuth (1943-1944) prima
della sospensione dovuta alla disfatta, furono esclusivamente occupati da ben 28
(16 + 12) rappresentazioni di quest’opera-simbolo, un estremo tentativo di
risollevare il morale del popolo, a fronte della brutta piega che il conflitto
aveva imboccato.
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Beh, certo che gli indizi sembrano
talmente tanti e chiari da apparire prove inoppugnabili! É possibile cercare di
smontarle? Mah, anche se è cosa estremamente difficile - quanto camminare sulla
lama affilatissima di un rasoio - proverò ora a farlo.
Il
riferimento a Luther: beh, in un’opera ambientata nella Norimberga del ‘500 il
fondatore del Protestantesimo non
poteva certo passare sotto silenzio... ma il testo ed il contesto ci dicono che
Luther è citato come esempio per la sua cocciuta resistenza e ribellione alle
gerarchie della Chiesa Cattolica, non per il suo antisemitismo: lo attesta
innanzitutto il riferimento diretto al poema del Sachs storico, tutto
incentrato sull’esaltazione della lotta di Luther contro il Papa, non contro
gli ebrei; e lo conferma anche il finale appello di Sachs che chiama il popolo a
proteggere l’Arte tedesca dalle minacce della wälscher Majestät (la maestà di Roma) non
già da quelle della comunità ebraica.
Ma andiamo oltre: alla fine del primo
atto Beckmesser confida al suo collega cantore
Veit Pogner il desiderio di avere in moglie sua figlia Eva. E Pogner, pur
riaffermando che sarà Eva a dover acconsentire, si impegna ad intercedere per
lui presso la figlia. Ergo: Pogner, rappresentante a pieno titolo della società
e della cultura tedesca, mostra di non avere alcuna preclusione verso il Merker, che evidentemente considera del
tutto degno - Eva consentendo - di diventare suo genero.
Il puro ariano Hans Sachs, viceversa, sarà anche nobile e saggio, rinunciando in partenza ad Eva, ma si mostra assai
carogna (e geloso?) nei confronti di Beckmesser allorquando, nel secondo atto,
fa di tutto (Jerum! Jerum!) per
rovinargli la serenata. Qui la
didascalia di Wagner è inequivocabile:
Beckmesser, che ad ogni colpo (dei martello
di Sachs, ndr) è trasalito dolorosamente, nel reprimere l'interno furore, è
stato obbligato a forzare e ad affrettare il tono, che s'era industriato di
mantenere sempre delicato; la qual cosa ha accentuato il lato comico del suo
canto assolutamente fuori di ogni prosodia.
Chiaro abbastanza, vero? Sono
le reiterate molestie di Sachs a rovinare la serenata allo scrivano! E persino il
giovane David, tratto in inganno dallo scambio di persona Eva-Magdalene (non
certo voluto dal povero Beckmesser) si rende responsabile di percosse e
maltrattamenti nei confronti del Merker,
e della gigantesca rissa che ne segue, da cui l’incolpevole Sixtus uscirà
letteralmente con le ossa rotte! Ed è proprio in conseguenza delle botte subite
la sera prima che Beckmesser, nel terzo atto, in casa di Sachs e poi sul
terrapieno della tenzone canora, appare barcollante e malfermo sulle gambe, non
certo perchè questo sia il modo di camminare congenito agli ebrei!
Beckmesser - è vero - ruba il
foglio su cui Sachs ha trascritto il Lied
di Walther. Non è certo una bella azione, ma non si può non riconoscergli, come
attenuante, il fatto che Sachs si sia comportato con lui in modo davvero
indegno; e adesso quella canzone gli sembra dimostrare che Sachs pretenda alla
mano di Eva, e gli conferma il sospetto che il calzolaio, la sera prima, avesse
architettato tutto ai suoi danni, per pura gelosia e per disfarsi di un pericoloso
concorrente!
Insomma, ragionando a mente
fredda, vien da concludere che Beckmesser sia una vittima, più che un pericolo
pubblico. E che Sachs sarà anche un tedesco
doc, ma è pure parecchio carogna. E allora si potrebbe paradossalmente ribaltare l’accusa
in difesa: ammesso che Beckmesser impersonifichi il semita, non è che Wagner
volesse per caso mostrarci la triste condizione degli ebrei, sottoposti ad ogni
tipo di angheria?
Non dimentichiamo infine che Wagner intendeva creare, con i Meistersinger, un’opera comica, e in tutte le opere comiche c’è necessariamente qualche personaggio che si deve prestare alla bisogna e farsi mettere alla berlina (sarà solo il caso di ricordare un certo don Bartolo...): e una figura come quella del Censore da questo punto di vista e in quel contesto era proprio l’ideale per la bisogna, senza per questo dover scomodare pregiudizi razziali. Ecco qui come Wagner stravolge il testo di Walther(Sachs) agli occhi di Beckmesser:
Beckmesser
"Morgen
ich leuchte in rosigem Schein,
von Blut und Duft geht schnell die Luft; wohl bald gewonnen, wie zerronnen; im Garten lud ich ein garstig und fein."
"Wohn'
ich erträglich im selbigen Raum,
hol' Gold und Frucht, Bleisaft und Wucht... Mich holt am Pranger der Verlanger, auf luft'ger Steige kaum, häng' ich am Baum!"
"Heimlich
mir graut,
weil es hier munter will hergehn: an meiner Leiter stand ein Weib; sie schämt' und wollt' mich nicht besehn; bleich wie ein Kraut umfasert mir Hanf meinen Leib; mit Augen zwinkend, der Hund blies winkend, was ich vor langem verzehrt, wie Frucht so Holz und Pferd vom Leberbaum." |
Walther
(Sachs)
"Morgenlich leuchtend in rosigem
Schein,
von Blüt und Duft geschwellt die Luft, voll aller Wonnen, nie ersonnen, ein Garten lud mich ein, Gast ihm zu sein".
"Wonnig entragend dem seligen Raum,
bot gold'ner Frucht hellsaft'ge Wucht, mit holdem Prangen dem Verlangen, an duft'ger Zweige Saum, herrlich ein Baum".
"Sei euch vertraut,
welch' hehres Wunder mir geschehn: an meiner Seite stand ein Weib, so hold und schön ich nie gesehn: gleich einer Braut umfasste sie sanft meinen Leib; mit Augen winkend, die Hand wies blinkend, was ich verlangend begehrt, die Frucht so hold und wert vom Lebensbaum". |
Beckmesser
"Io
luceva nel roseo chiaror della mattina
profumata di sangue, corre rapida l'aria; presto invero ottenuta come perduta, nel giardino io invitai, laido e fino".
"Discretamente
me la passo nello stesso luogo,
prendo oro e frutti, umor di piombo, leva... Mi prende alla gogna il bramoso, appena sull'aereo sentiero, m'appendo all'albero!"
"Segretamente
rabbrividisco
perché qui l'andrà allegramente; alla mia scala, stava una donna; ella si vergognava e voleva non guardarmi; pallida come un'erba la canapa s'attorciglia al mio corpo; strizzando gli occhi, il cane via soffiò accennando, quel che io avevo da tempo divorato: frutti, legno e cavallo, dell'albero del fegato!" |
Walther
(Sachs)
"Luminoso nel roseo chiaror della
mattina,
del profumo dei fiori l'aria impregnata, pieno di tutte le voluttà mai sognate, un giardino m'invitava ospitalmente ad entrare".
"Voluttuosamente sovrastante al
luogo incantevole,
offriva d'un aureo frutto il succoso balsamico peso con grata magnificenza al desiderio, sull'orlo dei rami odorosi, superbamente un albero".
"Vi sia confidato,
quale alto prodigio m'è avvenuto: al mio fianco stava una donna, così dolce e bella, giammai avevo vista: simile a sposa, soavemente mi cinse la persona; con gli occhi accennando, la mano luminosa indicava quel che io struggendomi bramavo: il frutto così dolce e nobile
dell'albero della vita".
|
Beh, siamo proprio all’avanspettacolo di
Vieni avanti, cretino!
Ma veniamo alla sostanza: la
musica!
Pochi passaggi musicali sono così
magistralmente concepiti, e così belli e moderni come l’assurda e patetica serenata che Beckmesser canta nel secondo atto, e che
doveva servire al compositore – secondo i sostenitori del Wagner nazista - per
prendere di mira la pretesa incultura musicale del mezzo-ebreo Eduard Hanslick (il critico che lo criticava, peraltro con grandissimo
equilibrio). Tutta la musica che sostiene la strepitosa, stupefacente scena
finale della baruffa del secondo atto nasce e si sviluppa proprio da lì, altro
che cantilena da Sinagoga! E si noti che persino David, all’inizio del terzo
atto, intona inizialmente il mottetto “Am Jordan Sankt Johannes stand” proprio sulla melodia
della serenata di Beckmesser! (Alla faccia dell’inquinamento, verrebbe da dire...)
Quanto al Preislied, Wagner appare a sua volta davvero carognesco (lo
abbiamo ben visto poco sopra) nel
formularne la versione Beckmesser: ma
un simile stravolgimento del testo originale è spiegabile con mille
motivazioni, e non solo con la difficoltà di un Ebreo nel comprendere la lingua
tedesca; e chi ci dice invece che non sia stata tutta una manfrina di Sachs,
quella di scrivere il testo appositamente in modo indecifrabile, per tendere un
trappolone al povero Merker?
Musicalmente è poi tutt’altro che da buttar via, e il suo fallimento, nella
generale derisione, è legato precisamente all’insensatezza del testo, come equivocato da Beckmesser, non certo alla musica.
Insomma, di antisemitismo programmatico
è proprio difficile parlare, e anche il proclama politico esposto da Sachs e relativo
alla superiorità dell’Arte tedesca appare
una chiara risposta di Wagner - sul terreno (appunto) artistico - a tutte le incomprensioni di cui il nostro era fatto
oggetto ancora in quegli anni: il tracollo del Tannhäuser tristanizzato e le mille
diffidenze che dovunque (anche nei paesi di lingua tedesca - Vienna in testa - non
solo nella Parigi dell’ebreo Meyerbeer!) sorgevano riguardo al suo Tristan.
___
(continua...)
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