La Direttora
Zhang Xian fa il suo ritorno – e proprio alla grande! - sul podio dell’Auditorium
per dirigere un concerto imperniato su Mozart, ma aperto da Campogrande e chiuso da Prokofiev. Concerto che sulla carta
sembrerebbe eccessivamente lungo, ma che in realtà scorre via velocemente e
piacevolmente.
Per il ciclo EXPO Variations è il turno dell’Inno nazionale dell’Argentina, che Nicola Campogrande camuffa e nasconde nelle
pieghe del suo canovaccio universale. Dove, in omaggio al tema espositivo, nella
fattispecie potrebbe pure starci un bel bife de chorizo, ecco.
Poi ecco il cuore mozartiano del
programma, aperto dall’Ouverture di Così
fan tutte: Xian scalda i motori dell’Orchestra dandone una lettura
nervosa e agitata, proprio nello spirito di quest’opera dalla natura indecifrabile.
laVERDI conta due prime parti di clarinetto, che sono casualmente pure
marito&moglie: Raffaella Ciapponi
e Fausto Ghiazza. Entrambi hanno nel
loro repertorio il Concerto per clarinetto, e forse ogniqualvolta viene messo in
programma si giocano a dadi chi dei due lo debba interpretare. Quest’anno il
sorteggio deve aver favorito ancora Fausto, che credo sia alla sua terza, se
non quarta esibizione.
E la sua è stata una prestazione davvero
superlativa: non soltanto tecnicamente perfetta, ma soprattutto mirabile sul piano
dell’espressività e del pathos di cui Fausto ha ricoperto le celestiali note del
grande Teofilo. Perfettamente coadiuvato dai suoi colleghi dell’orchestra, con
i quali lui era in perenne contatto attraverso… gli occhi della Xian.
Successo strepitoso e ripetute chiamate
da parte di un pubblico tornato per l’occasione ad affollare piacevolmente l’Auditorium.
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Dopo l’intervallo si chiude la
scorpacciata di Mozart con la 36ma
Sinfonia, cosiddetta di Linz: Xian ne restringe al massimo
il brodo, evitando tutti i ritornelli (salvo i due inderogabili del Menuetto) e ciò che ne risulta è un vero
e proprio cammeo, un gioiellino da ammirare a bocca aperta, ecco.
Tocca infine a Prokofiev l’ultima parola, con la celeberrima Classica. Ciò che
ascoltiamo sembra proprio una sinfonia di Haydn, ma un Haydn che ha buttato la
parrucca alle ortiche per poter prendersi finalmente qualche libertà rispetto
ai pedanti canoni del suo tempo. Convincente l’interpretazione di Xian e
soprattutto strepitosa la prestazione dei ragazzi (guidati da Dellingshausen) che trascinano il
pubblico ad un’autentica esaltazione.
Insomma, una serata di quelle da
incorniciare.
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