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10 maggio, 2015

L’ultima favola a Torino


Oggi pomeriggio al Regio torinese è andata in scena l’ultima delle 5 consecutive repliche di Hänsel und Gretel, in un teatro piacevolmente affollato e con una simpatica componente di spettatori giovani e giovanissimi.

Che hanno accolto la recita con un entusiasmo da stadio, esploso già al momento dello sfornamento della Strega e culminato ben prima che si esaurissero gli ultimi accordi di FA maggiore. Accordi che hanno chiuso una convincente prestazione dell’Orchestra, che Pinchas Steinberg ha guidato con grandissima delicatezza, ottenendo sempre un suono dolce, proprio da favola, e accendendo appropriatamente i fuochi nei momenti più drammatici della storia. A parte qualche incertezza dei corni proprio in avvio del Preludio (la partenza a freddo non è mai agevole) mi pare che i suoni provenienti dalla buca abbiano centrato in pieno lo spirito di questa favola.  

Quanto alle voci, do la precedenza a quelle… bianche dei cori del Regio e del Conservatorio, guidate da Claudio Fenoglio, che hanno splendidamente illuminato il finale dell’Opera. Fra gli interpreti, benissimo l’unico… maschio (papà Peter) Tommy Hakala, voce solida, autorevole e ben intonata; più che bene la Strega Natasha Petrinsky  che ha ricevuto il suo applauso a scena aperta dopo la cavalcata nel terzo quadro; e benissimo anche la sdoppiata Bernadette Müller (efficacissima nei panni dei due maghetti che rispettivamente addormentano e risvegliano i fratellini persisi nel bosco). Discreta anche Atala Schöck, nei panni della mamma a buon motivo complessata, che ha ben esposto nel primo quadro la sua crisi esistenziale. 

I due protagonisti (al maschile nel senso di soprano e mezzosoprano) erano Annalisa Stroppa e Regula Mühlemann. Di entrambe mi sento di dire bene quanto a intonazione ed espressività, ma un po’ ad entrambe è mancata la… penetrazione: voci sottili, come si conviene a personaggi men che adolescenti, ma anche poco passanti, nonostante Steinberg tenesse il volume al minimo. 

Ma in complesso una prestazione, sul piano musicale, assolutamente convincente.
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La regìa di Vittorio Borrelli ha rispettato in modo quasi ossessivo le indicazioni del testo, prendendosi soltanto due piccolissime libertà: dividere i 14 angeli in 8 in carne-ed-ossa (le bravissime danzatrici istruite da Anna Maria Bruzzese) e 6 in… cartone (!); e poi incaricando anche Hänsel di toccare i piccoli ciecati per restituir loro la vista. Il suo è uno spettacolo davvero godibilissimo. Anche grazie alle scene, semplici e scarne di Emanuele Luzzati, che benissimo evocano il mondo magico di queste fiabe popolari germaniche che affondano le radici nei secoli XVII e XVIII. Così come i costumi di Santuzza Calì, appropriatissimi sia per i protagonisti umani che per quelli… fiabeschi; e le luci di Andrea Anfossi, che hanno efficacemente ricreato le diverse atmosfere di cui l’opera è ricca. 

In definitiva, una bella riscoperta (almeno per il pubblico italiano) di cui dare atto al Teatro torinese. 
 

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