Oggi pomeriggio al Regio torinese è andata in scena l’ultima delle 5 consecutive
repliche di Hänsel und Gretel, in un teatro piacevolmente affollato e con una
simpatica componente di spettatori giovani e giovanissimi.
Che hanno accolto la recita con un entusiasmo da
stadio, esploso già al momento dello sfornamento
della Strega e culminato ben prima che si esaurissero gli ultimi accordi di FA
maggiore. Accordi che hanno chiuso una convincente prestazione dell’Orchestra,
che Pinchas Steinberg ha guidato con
grandissima delicatezza, ottenendo sempre un suono dolce, proprio da favola, e
accendendo appropriatamente i fuochi nei momenti più drammatici della storia. A
parte qualche incertezza dei corni proprio in avvio del Preludio (la partenza a
freddo non è mai agevole) mi pare che i suoni provenienti dalla buca abbiano
centrato in pieno lo spirito di questa favola.
Quanto alle voci, do la
precedenza a quelle… bianche dei cori del Regio e del Conservatorio, guidate da
Claudio Fenoglio, che hanno splendidamente illuminato il finale dell’Opera. Fra
gli interpreti, benissimo l’unico… maschio (papà Peter) Tommy Hakala, voce solida, autorevole e ben intonata; più che bene
la Strega Natasha Petrinsky che ha ricevuto il suo applauso a scena
aperta dopo la cavalcata nel terzo
quadro; e benissimo anche la sdoppiata Bernadette
Müller (efficacissima nei panni dei due maghetti
che rispettivamente addormentano e risvegliano i fratellini persisi nel bosco).
Discreta anche Atala Schöck, nei
panni della mamma a buon motivo complessata, che ha ben esposto nel primo
quadro la sua crisi esistenziale.
I due protagonisti (al maschile nel senso di
soprano e mezzosoprano) erano Annalisa
Stroppa e Regula Mühlemann. Di
entrambe mi sento di dire bene quanto a intonazione ed espressività, ma un po’
ad entrambe è mancata la… penetrazione: voci sottili, come si conviene a
personaggi men che adolescenti, ma anche poco passanti, nonostante Steinberg
tenesse il volume al minimo.
Ma in complesso una prestazione, sul piano
musicale, assolutamente convincente.
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La regìa di Vittorio
Borrelli ha rispettato in modo quasi ossessivo le indicazioni del testo,
prendendosi soltanto due piccolissime libertà: dividere i 14 angeli in 8 in
carne-ed-ossa (le bravissime danzatrici istruite da Anna Maria Bruzzese) e 6 in… cartone (!); e poi incaricando anche Hänsel
di toccare i piccoli ciecati per restituir loro la vista. Il suo è uno
spettacolo davvero godibilissimo. Anche grazie alle scene, semplici e scarne di
Emanuele Luzzati, che benissimo
evocano il mondo magico di queste fiabe popolari germaniche che affondano le
radici nei secoli XVII e XVIII. Così come i costumi di Santuzza Calì, appropriatissimi sia per i protagonisti umani che
per quelli… fiabeschi; e le luci di Andrea Anfossi, che hanno efficacemente ricreato
le diverse atmosfere di cui l’opera è ricca.
In definitiva, una bella
riscoperta (almeno per il pubblico italiano) di cui dare atto al Teatro
torinese.
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