Ieri pomeriggio il Comunale di Bologna ha ospitato
la quarta delle sette recite della Zauberflöte, in una nuova produzione
caratterizzata dall’impiego di tecnologie cinematografiche 3D, con tanto di
occhialini bicolori distribuiti al pubblico all’ingresso in sala.
Devo purtroppo
dire subito che - ai miei occhi (e un po’ anche alle mie orecchie) - il 3D è
apparso come sinonimo di 3Delusioni. A cominciare proprio dalla base
tecnologica materiale della ZAPRUDER:
personalmente avevo avuto modo di vedere i primi, pioneristici filmati 3D (prima
in USA e poi qui da noi) addirittura decine di anni fa e devo dire che erano di
qualità e soprattutto di efficacia immensamente superiore a ciò che è stato presentato
in questa edizione del Flauto. Immagini a prevalente contenuto di… frasche e
con poche e per nulla impressionanti, né aggressive, apparizioni di oggetti e pupazzi
assortiti.
Seconda
delusione, il carattere generale dell’allestimento della compagnia di Luigi De Angelis e Chiara Lagani: l’impostazione targata Fanny&Alexander ha purtroppo finito per contagiare di
infantilismo l’intera proposta, scaduta a livello di una recita scolastica. Scenografia
inesistente; costumi di taglio francamente dimesso; eccessiva presenza in scena
di frotte di bambini e ragazzi (a proposito di saggio di fine anno); e poi le
solite trovate più disturbanti che gradevoli, quali le passeggiate di personaggi
lungo i corridoi della platea, come il corteo di fine primo atto, col coro e
poi con Sarastro che arrivano dal fondo della sala e costringono il Direttore a
girarsi verso il pubblico, dando le spalle all’orchestra… Poco o nulla anche sul
piano attoriale, dove i cantanti sembrano lasciati liberi di muoversi (o di
star fermi) a loro discrezione.
E infine, terza
(solo mezza, per fortuna) delusione anche sul piano strettamente musicale: dove
mi sentirei di salvare la coppia Mariotti-Faidutti
(e relativi… addetti) che hanno proposto un Mozart di discreto livello. Delle
voci darei ampia sufficienza al Papageno di Nicola
Ulivieri (peraltro non esente da qualche pecca sulle note più alte); poi al
convincente Tamino di Paolo Fanale (bella
voce dal piglio eroico e benissimo impostata); e infine a Maria Cristina Schiavo, una Pamina almeno onesta e gradevole. Tutti
gli altri francamente al limite della sufficienza: alla Astrifiammante Christina Poulitsi non serve staccare i
FA sovracuti, se poi gli arpeggi che li contornano sono approssimativi e dall’intonazione
precaria; Mika Kares è un Sarastro imponente
soltanto in… altezza (da pivot) ma
per il resto gli mancano autorevolezza e corretto portamento; Gianluca Floris è un Monostatos piuttosto
vociferante che cantante; e Anna Corvino
una Papagena che canta meglio le frasi che richiedono la palese alterazione della
voce (da vecchina sdentata) rispetto a quelle che ne caratterizzano la natura
di donna piacente. Gli altri (Dame, Sacerdoti, Oratore) senza infamia e senza
lode. Quanto ai tre fanculli-genietti qui si è deciso di schierare proprio tre voci
bianche: scelta simpatica quanto discutibile.
La buona notizia
è che il pubblico, piuttosto folto, direi, ha mostrato di gradire assai,
tributando applausi e ovazioni indistintamente a tutti: quindi tutto bene così!
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