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21 maggio, 2015

Il Flauto in 3D a Bologna

 

Ieri  pomeriggio il Comunale di Bologna ha ospitato la quarta delle sette recite della Zauberflöte, in una nuova produzione caratterizzata dall’impiego di tecnologie cinematografiche 3D, con tanto di occhialini bicolori distribuiti al pubblico all’ingresso in sala.

Devo purtroppo dire subito che - ai miei occhi (e un po’ anche alle mie orecchie) - il 3D è apparso come sinonimo di 3Delusioni. A cominciare proprio dalla base tecnologica materiale della ZAPRUDER: personalmente avevo avuto modo di vedere i primi, pioneristici filmati 3D (prima in USA e poi qui da noi) addirittura decine di anni fa e devo dire che erano di qualità e soprattutto di efficacia immensamente superiore a ciò che è stato presentato in questa edizione del Flauto. Immagini a prevalente contenuto di… frasche e con poche e per nulla impressionanti, né aggressive, apparizioni di oggetti e pupazzi assortiti.

Seconda delusione, il carattere generale dell’allestimento della compagnia di Luigi De Angelis e Chiara Lagani: l’impostazione targata Fanny&Alexander ha purtroppo finito per contagiare di infantilismo l’intera proposta, scaduta a livello di una recita scolastica. Scenografia inesistente; costumi di taglio francamente dimesso; eccessiva presenza in scena di frotte di bambini e ragazzi (a proposito di saggio di fine anno); e poi le solite trovate più disturbanti che gradevoli, quali le passeggiate di personaggi lungo i corridoi della platea, come il corteo di fine primo atto, col coro e poi con Sarastro che arrivano dal fondo della sala e costringono il Direttore a girarsi verso il pubblico, dando le spalle all’orchestra… Poco o nulla anche sul piano attoriale, dove i cantanti sembrano lasciati liberi di muoversi (o di star fermi) a loro discrezione.

E infine, terza (solo mezza, per fortuna) delusione anche sul piano strettamente musicale: dove mi sentirei di salvare la coppia Mariotti-Faidutti (e relativi… addetti) che hanno proposto un Mozart di discreto livello. Delle voci darei ampia sufficienza al Papageno di Nicola Ulivieri (peraltro non esente da qualche pecca sulle note più alte); poi al convincente Tamino di Paolo Fanale (bella voce dal piglio eroico e benissimo impostata); e infine a Maria Cristina Schiavo, una Pamina almeno onesta e gradevole. Tutti gli altri francamente al limite della sufficienza: alla Astrifiammante Christina Poulitsi non serve staccare i FA sovracuti, se poi gli arpeggi che li contornano sono approssimativi e dall’intonazione precaria; Mika Kares è un Sarastro imponente soltanto in… altezza (da pivot) ma per il resto gli mancano autorevolezza e corretto portamento; Gianluca Floris è un Monostatos piuttosto vociferante che cantante; e Anna Corvino una Papagena che canta meglio le frasi che richiedono la palese alterazione della voce (da vecchina sdentata) rispetto a quelle che ne caratterizzano la natura di donna piacente. Gli altri (Dame, Sacerdoti, Oratore) senza infamia e senza lode. Quanto ai tre fanculli-genietti qui si è deciso di schierare proprio tre voci bianche: scelta simpatica quanto discutibile.

La buona notizia è che il pubblico, piuttosto folto, direi, ha mostrato di gradire assai, tributando applausi e ovazioni indistintamente a tutti: quindi tutto bene così!


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