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02 maggio, 2015

Orchestraverdi 14-15 – Concerto n° 32


John Axelrod rimane ancorato al podio de laVERDI anche per la quarta delle sinfonie dispari di Mahler: l’ombrosa settima.

Sinfonia composta fra il 1904 e il 1905 quando Mahler era l’uomo più felice del mondo… ma eseguita per la prima volta a Praga nel 1908, dopo che tre disgrazie si erano abbattute sulla sua testa (Alma, peraltro… col senno di poi, le associò ai tre colpi di martellone che abbattono l’eroe-Mahler nel finale della coeva sesta): il licenziamento da Generalmusikdirektor della Hofoper, la morte da scarlattina della piccola Putzi e la diagnosi della sua (pur blanda) disfunzione cardiaca. Sostenere che questi accadimenti abbiano in qualche modo determinato significativi interventi sulla sinfonia già ultimata sarebbe fuori luogo, certo è che Mahler (come del resto faceva abitualmente) apportò all’opera diversi ritocchi in vista della prima, e altri ancora dopo le successive esecuzioni del 1909.

È la sinfonia ancor oggi meno compresa (e quindi anche poco eseguita) di Mahler: forse perché, dopo le notevoli innovazioni portate (in senso positivo) dalla quinta e (in senso involutivo) dalla sesta, qui sembra che il compositore senta quasi il bisogno di ritornare indietro, magari proprio alla quinta, ma in realtà anche alla sua terza e addirittura alla seconda. Di quest’ultima (come della quinta) mantiene quasi identica la macro-struttura: due movimenti estremi, fra loro labilmente collegati dal ritorno del tema principale, e tre movimenti intermedi (due andanti e uno scherzo) che paiono quasi fuori dal contesto (ed infatti le due Nachtmusik furono composte per prime nel 1904, assieme al completamento della sesta, un anno prima dei restanti tre movimenti).

Qui non ci sono voci umane, ma il programma interno richiama assai (oltre che la quinta) proprio la Auferstehung, magari vestendo l’abito borghese e tenendo un approccio laico: fatto sta che veniamo condotti su un percorso che potremmo chiamare dalle stalle alle stelle. In effetti si inizia quasi con un calvario (anche se non è proprio il mortorio della Totenfeier, nè lo spettrale richiamo della trombetta della quinta, ma poco ci manca): tutto il primo movimento lascia trasparire uno sforzo continuo per scalare impervie asperità, in cerca di qualche provvisorio altopiano dove respirare aria pulita. Il MI maggiore che lo chiude sembra un anticipo della serenità che verrà progressivamente avvicinata dalla seconda Nachtmusik e raggiunta nello smagliante DO del Rondo conclusivo.

Ecco poi la prima Nachtmusik, costellata da marce ora faticose, ora più scorrevoli, sempre oscillante fra maggiore e minore (come si sente la vicinanza di composizione con la sesta…) È un ambiente che richiama vagamente quello dei Berlioz-iani pellegrini dell’Harold, qui in più ci sono anche dei campanacci (come nella precedente sinfonia) pur se limitati a pochissime battute.

Segue il cupo scherzo, una specie di sgangherato walzerone da halloween, che rivaleggia in bizzarria con la predica di SantAntonio ai pesci della seconda (quello della quinta, diciamolo pure, è al confronto di livello nobile).

Una nuova Nachtmusik comincia ad introdurre un po’ di pace e serenità, anche se siamo più al Prater che al Musikverein, con tanto di chitarra e mandolino (meno pacchiani, peraltro, del martellone della sesta, trattandosi pur sempre di strumenti a corda).

Da ultimo arriva il Rondo, che contiene dentro di sè molto teatro (e non parlo dei Meistersinger, né della Vedova Allegra, che pure vi aleggiano chiaramente) e chiude la sinfonia, dopo un preoccupante ritorno del primo tema del movimento iniziale, in modo quasi esilarante, come a voler esorcizzare (proprio mentre quelli materiali si eran già fatti vivi) i fantasmi – tutti di natura estetica! - che Mahler si era inventato nella sesta.

Lascio infine alle parole di Ugo Duse il giudizio su quest’opera:  

È una grande sinfonia che vuoI essere sentita al di fuori completamente della linea di evoluzione delle altre. In tal senso essa è il punto di approdo della Sesta e nello stesso tempo ne è la critica più verosimile e spietata.

Non si rinnega il proprio mondo impunemente; chi è stato mandato sulla terra non tanto per comporre, ma per essere composto dalle voci di natura, perché in lui siano indimenticabili segnali di un'acustica rifiutatasi alla manipolazione musicale ma che, purificata, in essa s'inserisce come fondamento ontologico inalienabile; chi è stato mandato sulla terra per copiare la natura e ha preteso poi di soggettivare la musica sino a farla aderire al proprio corpo, al proprio esistenziale problema, in un gesto che sa di rivolta biblica; costui deve conoscere le vie dell'espiazione.

E l'espiazione deve assumere i caratteri altrettanto irrazionali della colpa. La Settima infatti non è una riconciliazione di Mahler col mondo del primigenio, col bosco sotto le stelle, coi fruscii della notte; è il bagno nella proiezione popolaresca della natura, la preghiera per rientrare in contatto diretto, immediato con essa. La Settima è un grande grido di dolore scaturito dalla necessaria illusione di riconquistare la perduta innocenza attraverso il ludibrio della più profonda depravazione.

Chi ha potuto lasciarsi deviare tra le luminose costellazioni della semplicità apollinea, fatte d'intricate, complesse, difficili virtù, per battere le vie del proprio dolore, della propria ira, del proprio sentimento assolutizzato, deve ora andare sino in fondo senza infingimenti, senza veli, senza mendicare scuse.

Questa è la Settima Sinfonia e sotto il profilo morale è opera d'arte quanto lo sono le Confessioni agostiniane. Sfugge al giudizio estetico perché grande è la sua moralità ma non avvertibile, o per lo meno difficile a provarsi. Bella e ripugnante a uno stesso tempo partecipa in qualche modo dell'estetismo morale, non moraleggiante, del Dorian Gray.
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Com’è andata ieri sera? Beh, la congiunzione astrale che ha condensato in una giornata come questo 1° maggio a Milano tanti accadimenti (economici, politici, di costume e di… scostume) forse non ha giovato alla miglior resa del concerto.

Axelrod, che mi era assai piaciuto nella Quinta, ieri mi è parso poco a suo agio con questa Settima che è obiettivamente difficile da rendere al meglio: temo che l’eccesso di decibel che ha dispensato (soprattutto nei movimenti esterni) abbia mascherato una certa insicurezza da parte sua; discreta peraltro la resa delle due musiche notturne. I ragazzi al solito hanno cercato di dare il meglio, in specie gli ottoni, impegnati allo stremo da Mahler. Purtroppo però proprio fra gli ottoni si è registrata una défaillance non da poco: il corno tenore, che ha un ruolo di grandissimo rilievo nel primo movimento, proprio scandendo la frase iniziale ha prodotto un suono piuttosto rauco e sgradevole, e poi alla battuta 33 ha chiaramente mancato la terzina di biscrome (arpeggio ascendente di RE maggiore) che è forse il passaggio più impegnativo per l’esecutore (in questo caso… esecutrice): si perdona ovviamente tutto, ma al momento il disappunto è stato grande.

Il pubblico (abbastanza scarso rispetto alla media, forse proprio causa ponte-expo-blackbloc) ha comunque apprezzato assai distribuendo applausi a tutti. Personalmente mi è rimasto un po’ di amaro in bocca: sono certo che domenica (un 3 maggio qualunque…) le cose andranno decisamente meglio.
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Proviamo a seguire la Sinfonia facendoci guidare da Claudio Abbado (a Lucerna, 2005).

Il primo movimento (Langsam, 4/4, SI e MI minore) è in forma sonata, come sempre piuttosto liberamente interpretata. Vi riconosciamo un’introduzione, con almeno tre motivi diversi, l’esposizione di tre temi, un grande sviluppo, la ripresa e la coda.

46” L’Introduzione è aperta sommessamente da archi e legni con figurazioni marziali in metro dattilo… esasperato (croma puntata + 2 biscrome) sulla triade di SI minore (SI-RE-FA#) arricchita però della sesta SOL#. Il primo motivo dell’Introduzione è costituito da diverse sezioni, esposte da diversi strumenti. A 55” Il corno tenore espone la prima:

A 1’06” oboi e clarinetti rispondono con la seconda, cui ancora fa seguito (1’19”) una terza nelle trombe e (1’30”) una quarta negli strumentini e poi (1’44”) una quinta, assai corposa, col corno tenore a contrappuntare l’intervento dei primi violini. È lo stesso corno tenore a chiudere questo primo disegno con l’incipit del tema.

Ora (2’20”) i legni presentano un secondo motivo dell’Introduzione:


Esso, rinforzato poi dagli archi, è importante da ricordare, poiché anticipa il terzo tema dell’Esposizione. Si arriva così ad un terzo motivo dell’Introduzione (2’41”) che è pure anticipatore del primo tema dell’Esposizione, che udremo tra breve. A 3’00” torna il corno tenore per esporre una variante in RE maggiore del primo motivo, completata (3’16”) dalle trombe. A 3’27” sono gli archi, poi i fiati, a riprendere la transizione che porta ad un crescendo (3’41”) che chiude l’Introduzione e senza soluzione di continuità porta alla successiva…

Esposizione, in Allegro risoluto, aperta (3’51”) da corni e violoncelli, con il primo tema, in MI minore:
Tema subito ripetuto (4’07”) e chiuso (4’14”) da un’impertinente irruzione della trombetta. A 4’21” compare una variante in SI maggiore del primo tema, esposta dai violini, seguita da un’altra (4’48”) in MI in fiati, viole e celli. Tutto ciò porta ad una cadenza che sposta la tonalità a DO maggiore, sulla quale viene esposto (5’14”) il secondo tema:
È una lunga melodia nei violini, che sale (6’02”) fino all’acutissimo FA#6, prima di essere bruscamente interrotta dall’incipit del primo tema (trombe, a 6’05”). Il terzo tema, come detto, è figlio del secondo dell’Introduzione, e lo si ode da 6’08”, con il compito di condurci rapidamente alla chiusura dell’Esposizione. 

A 6’26” ha infatti inizio il lungo e complesso Sviluppo, che si può suddividere in tre sezioni (o in due, a seconda di dove si posiziona l’inizio della Ripresa…) La prima sezione è occupata da una variante (inversione) del primo tema che poi ricompare (6’43”) nella sua originaria forma. A 6’53” ritroviamo la variante del primo tema che ne accompagna una del primo dell’Introduzione, chiuso dal corno tenore. Il secondo motivo dell’Esposizione si contrappunta poi (7’31”) rallentando i tempi (Moderato) ad una variante del primo, quindi ancora (7’54”) tornando al tempo Allegro, spezzoni del primo tema e del secondo dell’Introduzione portano a chiudere la prima sezione dello Sviluppo.

La cui seconda sezione, che si apre a 8’10”, è costituita da frammenti dei primi due temi dell’Introduzione e dell’Esposizione. A 8’45” ancora questi temi subiscono nuove trasformazioni, finchè (9’09”) non subentra improvvisamente una gran calma, con la tromba che ripete pianissimo, in SIb, il ritmo marziale dell’esordio e introduce una prima oasi di pace, dove (9’29”) si distingue un inciso nei flauti che tornerà successivamente:
Dopo due irruzioni dell’oboe, su frammenti del primo tema, la quiete viene rotta (9’51”) dal ritorno del primo tema nel corno inglese, contrappuntato da una sua variante nei violino solo. Ma gli oboi (10’21”) ci portano verso un’altra oasi di calma, introdotta (10’28”) da un’irruzione del clarinetto, poi da arpeggi delle trombe, e  quindi da apparizioni dell’inciso nei flauti, mentre i violini accompagnano in sordina e gli altri archi irrompono due volte con spezzoni del primo tema.

Si arriva quindi a 11’23”, dove ottoni e violoncelli con 4 battute di corale modulano a SI maggiore per introdurre un’incantevole visione (11’38”): sugli arabeschi delle due arpe e sul contrappunto dell’inciso dei flauti, ora esposto anche da oboi e corni, i violini con l’ottavino sviluppano ampiamente il secondo tema, contrappuntati dal primo e da quelli dell’Introduzione.

La progressione è davvero emozionante e culmina (12’51”) su un DO acuto nei violini, da cui si ricade per tre ottave e si arriva (13’04”) alla terza sezione dello Sviluppo (o ad una falsa-partenza della Ricapitolazione!): qui aizzati dai violoncelli (13’12”) il primo tema dell’Introduzione e i primi due dell’Esposizione vengono plasmati in una stupefacente sequenza, protagonisti tromboni e corno tenore:


La quale sfocia (14’13”) in una lancinante perorazione di violini e strumentini, basata sul secondo tema e poi sul primo dell’Introduzione:

A 14’27” ancora il corno tenore riprende spezzoni del primo tema dell’Introduzione, quindi i violini il secondo dell’Esposizione, portando in crescendo ad una cadenza che chiude definitivamente lo Sviluppo.

A 15’16” ecco la Ripresa, con il primo tema attaccato a lunghezza doppia (Maestoso) da corni e tromboni ma poi tornato a lunghezza normale, che porta prima ad una progressione (15’27”) con interventi di legni e archi bassi e infine sfocia (15’40”) in un Grandioso in Mi maggiore che tornerà (in DO) nel Finale della Sinfonia. Il tempo torna Allegro (16’01”) e torna anche il primo tema nella forma quasi originale, seguito (16’15”) dalla sua variante in SI maggiore. Poco dopo (16’49”) ancora il primo tema, ora in SOL minore, conduce alla riesposizione (17’06”) del secondo tema, in SOL maggiore, reiterato ancora (17’46”) e portato, con le ardite scalate, alla sua completezza fino a sfociare (18’14”) nel terzo tema, che conduce alla chiusura della Ripresa.

A 18’27” ha inizio la Coda, in tempo 3/2, dove il primo tema viene sbozzato da trombe e tromboni in un’orgia di suoni di archi e strumentini, dove appaiono anche frammenti del primo tema dell’Introduzione. A 19’00” si presenta nei violini la variante del primo tema, il quale (19’15”) torna in MI minore nei violini e poi nei tromboni.

A 19’50” si torna in tempo Allegro e 4/4 tagliato, con il primo tema in MI minore e la sua variante; un ultimo rallentamento (20’06”) fa prender fiato per il rush finale (20’12”) e la secca chiusura con la variante del primo tema, in MI maggiore. 
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La prima delle due Nachtmusiken si presenta come un Rondo, con la seguente macro-struttura: Introduzione-A-B-A-C-A-B-A-Coda, dove la sezione A è in forma marziale, B e C sono dei Trii (nel dettaglio vedremo come la struttura sia assai più articolata). La tonalità principale è DO, con continui passaggi da maggiore a minore (eredità chiara della Sesta, completata insieme ai due notturni della Settima) mentre i trii sono rispettivamente in LAb maggiore e nella relativa FA minore.

20’36” Il corno (di Alessio Allegrini) attacca il motivo dell’Introduzione, che anticipa il tema principale della sezione A. Gli risponde, con la sordina, come un eco lontano, il terzo corno e fra i due udiamo ancora un botta-e-risposta, chiuso dal primo sulla sopratonica RE; poi (21’06”) oboe e clarinetto entrano con melismi, sui quali il corno inglese ripete la frase iniziale; si uniscono altri due clarinetti e poi la frase introduttiva passa al fagotto; qui (21’31”) si aggiungono i flauti con trilli sulla dominante SOL, mentre è la tuba a reiterare due volte il motivo iniziale. L’atmosfera si fa sempre più incandescente e il tempo serrato, fino all’esplodere (21’47”) di due battute (dove il DO maggiore trascolora in minore) caratterizzate da velocissime discese dei fiati e poi degli archi bassi.

Ecco ora (21’51”) il primo corno (imitato dai violoncelli a distanza di una battuta) esporre il tema principale della sezione A, che ripercorre il motivo dell’Introduzione ma, invece di salire all’ottava, passa cromaticamente dalla dominante alla sesta per poi ricadere sulla tonica, dalla quale riparte per completare un lungo percorso melodico:

A 22’14” i primi violini rispondono con un controsoggetto che chiude la frase. A 22’42” ecco in contrabbassi e controfagotto-fagotti un nuovo e cupo motivo marziale, che Mahler si premura di segnare Non strascicando, ma che in effetti appare come un procedere faticoso e pesante; il timpano (22’57”) sembra voler richiamare all’ordine, ma ancora senza risultato, finchè un suo nuovo intervento (23’15”) porta alla riesposizione del tema principale, questa volta negli archi imitati dai legni bassi. Tema e controsoggetto vengono a completare la sezione A.

A 24’11” ecco il primo Trio (sezione B del Rondo) con il tema affidato ai violoncelli, che partendo dal precedente DO, preso come mediante, portano la tonalità a LAb maggiore:
Il tema è preso poi in carico dai violini e infine chiuso dagli strumentini. A 24’44” ne udiamo una variante che modula alla dominante MIb. A 25’09” in oboi e flauti abbiamo una transizione che rimodula a LAb e qui (25’19”) abbiamo un nuovo motivo, che si chiude a 25’50” sulla ricomparsa del corno che intona quello dell’Introduzione. Ora abbiamo una transizione, protagonisti corni, poi violoncelli, quindi i legni, che porta alla seconda ricorrenza della sezione A del Rondo (26’48”) protagonisti i corni e, nella seconda parte, i violini.

Si arriva poi al secondo Trio (sezione C del Rondo): siamo in FA minore e la sezione è costituita da due parti inframmezzate dal tronco finale dell’Introduzione. A 27’41” sono principalmente flauti e oboi ad esporne il motivo assai dimesso e piangente:

che sfocia (28’28”) nei trilli dei flauti già uditi nell’Introduzione e poi nella caduta DO maggiore-minore, qui solo negli archi, con il resto dell’orchestra a far riempitivo. Torna il motivo del trio (28’52”) che poi va progressivamente a spegnersi, frantumandosi in una serie di interventi isolati di diversi strumenti, fino (30’07”) agli squilli della tromba, dell’oboe e del clarinetto che i flauti riprendono per riportarci alla terza apparizione della sezione A del Rondo (30’21”). Ora però c’è una sorpresa: dopo l’esposizione della prima sezione del tema, eccone una del tutto nuova, in MIb maggiore (30’43”):

che si inserisce prima della seconda sezione, ripresa a 31’03” e riesposta completa in tutte le sue componenti.

A 31’59” ecco la seconda apparizione della sezione B del Rondo, sempre in LAb maggiore, sfociante (32’33”) sulla dominante MIb per poi tornare a LAb fino a spegnersi sulla mediante DO negli oboi. A 33’20” il corno torna a far sentire il suo richiamo iniziale: gli rispondono clarinetto e oboe, che aprono l’ultima apparizione della sezione A del Rondo (33’31”) non in DO ma in LAb, che però qui è incompleta, partendo dalla sezione mediana introdotta nella precedente apparizione.

A  34’24” riecco il richiamo del corno, che apre la conclusiva Coda, che mutua la prima parte dall’Introduzione, con i clarinetti in bella vista, per poi spegnersi con una discesa di terzine in pizzicato nei violini, due sordi colpi di piatti e tamtam e il SOL in armonici dei violoncelli.
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Lo Scherzo (3/4, RE minore) reca l’agogica Schattenhaft, letteralmente ombroso, ma anche, volendo, fantomatico. Ha una struttura apparentemente semplice (Scherzo-Scherzo-Trio-Scherzo-Scherzo) ma in realtà è (come tutto in Mahler) assai articolato.

La prima ricorrenza dello Scherzo presenta (35’57”) l’Introduzione, dove timpani e archi bassi in pizzicato, poi corni, clarinetti e flauti smozzicano i frammenti del ritmo di walzer. Il primo motivo (36’12”) è esposto dai primi violini:

 
Motivo che viene sviluppato ulteriormente (36’12”) da archi e legni, fino a sfociare – a 36’35”, contrappuntandolo – in un secondo tema, una specie di accorato lamento (non per nulla notato come klagend) del flauto:


Ecco poi (36’50”) un repentino passaggio a RE maggiore, dove udiamo un nuovo motivo, di una gaiezza un po’ equivoca, che chiude la prima esposizione:


Subito lo Scherzo viene riproposto (37’08”) a partire dall’Introduzione, seguita dal primo tema (37’22”) e dal suo sviluppo, quindi (37’42”) dal secondo in forma ridotta e poi (37’50”) dal terzo, che insieme al secondo viene sviluppato assai, portando (38’33”) ad una Coda-transizione verso il Trio.

Il quale è in RE maggiore e presenta (38’51”) negli oboi un primo tema:

seguito (39’01”) da un controsoggetto e ancora (39’24”) da un nuovo motivo che è parente di quello dell’Introduzione della Sinfonia.

Dopo che (39’50”) gli archi hanno esposto un lungo ostinato, culminato (39’57”) in un’enfatica perorazione, il Trio si chiude (40’01”) con un ultimo motivo, strettamente derivato dal primo:
Abbiamo ora (40’33”) una transizione in MIb minore, in cui udiamo diversi spezzoni di motivi già presentati, che ci porta con un secco colpo di timpano (40’49”) alla prima ripresa dello Scherzo, con Introduzione, primo tema nella viola solista (41’08”) e suo sviluppo, secondo tema (41’41”) e poi terzo (41’55”) che si contrappuntano.

L’ultima ripresa dello scherzo (42’35”) ha una struttura abbastanza anomala, comprendendo motivi provenienti dal Trio. Ha un’introduzione brevissima, seguita (42’40”) dal primo tema, poi da una variante del secondo che si accompagna all’ultimo tema del trio. Poi (43’01”) del Trio udiamo la seconda sezione del primo tema e quindi (43’20”) anche il secondo nel corno inglese. 

Una nuova comparsa (43’40”) nei violoncelli del terzo tema del Trio porta direttamente alla Coda, che chiude in modo davvero spettrale (colpo di timpano seguito da triade di RE maggiore in pizzicato nelle viole) questo grottesco movimento di sinfonia.
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La seconda Nachtmusik è una serenata (2/4, FA maggiore, Andante amoroso). Ha una struttura definibile come pseudo-forma-sonata: esposizione, sviluppo e ricapitolazione. Ma come ogni serenata che si rispetti ha un suo ritornello che ricompare di continuo a separare i diversi motivi che la compongono. Esso viene subito (44’39”) esposto dal violino solista ed è seguito da un motivo di accompagnamento nel clarinetto, che assumerà anche un ruolo tematico, e dagli accordi della chitarra:

Il corno espone (44’54”) il primo dei quattro temi principali della serenata; gli risponde (45’02”) l’oboe con un controsoggetto derivato dal motivo di accompagnamento:

 
Il primo tema viene subito (45’10”) reiterato dal corno e il ritornello (45’21”) del violino lo separa dal secondo tema, esposto (45’30”) dai violini:

e chiuso dall’oboe, col ritornello (45’44”) ora esposto dal violoncello solo. Altro ritorno nel corno (45’49”) del tema principale, ora arricchito nella parte conclusiva, con il ritornello (46’13”) che lo separa dall’esposizione, nei violini (46’22”) del terzo tema:


Un crescendo sonoro ci porta (46’56”) ad una nuova esposizione, questa volta nell’oboe, del primo tema, contrappuntato nei violini dal terzo. Segue una lunga transizione caratterizzata dal primo tema arricchito e variato.

A 47’35” possiamo collocare la chiusura dell’Esposizione e l’inizio dello Sviluppo, dove il primo tema viene, per così dire, sviscerato nei suoi dettagli, in un’atmosfera davvero rarefatta, dove chitarra e mandolino fanno sentire la loro presenza. Dopo una transizione a LA maggiore, si modula a LAb e a 48’40” ricompare il terzo tema nei violini, che lo sviluppano fino a 48’59” dove una sospensione della melodia prepara il ritorno del primo e poi del terzo tema che conducono ad un crescendo (49’10”) dove spezzoni dei due temi si contrappuntano energicamente (si noti l’intervento del corno) per poi tornare lentamente ad acquietarsi con una lunga cadenza in cui chitarra e mandolino ancora si distinguono. 

Si arriva quindi a 49’56”, dove possiamo identificare una specie di Trio, basato su un quarto tema, in SIb maggiore, inizialmente presentato dal violoncello solo:
Tema che viene arricchito nella melodia dal corno (50’09”) in contrappunto con i violoncelli. Un ulteriore sviluppo del tema è introdotto (50’38”) dagli archi, in MIb minore, con interventi del mandolino, poi (51’07”) torna, adesso in FA maggiore, il tema del Trio, che viene sviluppato in modo quasi eroico, con un culmine a 51’35” da cui si degrada verso un alleggerimento del suono, con l’intervento dell’arpa che porta a modulare prima a RE e poi (nell’oboe) a LA maggiore.

Con un brusco ritorno al FA (52’15”) i violini ripropongono il ritornello, ora in dimensioni allargate, segnalando l’inizio della Ricapitolazione. Ricompare quindi (52’25”) il tema principale nel corno, cui subentra il violino, poi ancora il corno il cui tema sfocia nel ritornello (variato). A 53’00” ecco il secondo tema, negli archi, quindi ancora (53’14”) il ritornello, nel violoncello. Torna il corno (53’19”) con il primo tema chiuso da un’ennesima ricomparsa, sotto mentite spoglie… del ritornello (53’43”).

A 53’51” riecco il terzo tema, che adesso viene sviluppato in modo drammatico, con un poderoso crescendo che ha culmine a 54’15”. Subito dopo (54’19”) ecco l’oboe esporre il tema principale, spalleggiato poi dal clarinetto e quindi dall’accompagnamento di flauto e violini. A 54’35” l’ultima comparsa del primo e del terzo tema, che si trasferiscono dai legni agli archi, poi ancora ai legni, con i corni a tenere bordone e la chitarra a ribadire i suoi accordi. 

A 55’12”, introdotta dal corno inglese, ecco la stupefacente Coda, con il clarinetto che chiude in modo davvero mirabile la serenata.  
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Il Rondo finale è un autentico rompicapo, tanto inafferrabile ne è la struttura: dove si può vedere un simulacro di forma-sonata, con una doppia esposizione, lo sviluppo e la ripresa; oppure una bizzarra forma di rondo (A-B-A’-A-C-A”-A-D-A’”-A””-A). Gli studiosi preferiscono quindi parlare di Durchführung (sviluppo) permanente o di applicazione del principio di variazione perpetua. I denigratori di Mahler vi trovano pretesti a josa per irridere al suo velleitarismo da strapazzo…

Un assolo di timpani, sulla triade di MI minore, lo apre (56’16”) subito imitato nel suo gesto – trilli compresi - dal pacchetto dei corni:


Ecco ora (56’27”) il tema principale, esposto dagli ottoni, in un’atmosfera da Meistersinger, con la trombetta in evidenza:

Subito dopo (56’42”) archi e ottoni espongono - accompagnati da velocissime volate di semicrome negli strumentini - altre varianti del tema, fino a quando, su un tempo Pesante,  non compare in orchestra (56’58”) un secondo motivo:

che poi viene sviluppato ulteriormente fino a culminare (57’40”) in un’esilarante cadenza, la stessa che chiuderà poi la Sinfonia, ma che adesso, dopo l’accordo di DO maggiore porta repentinamente, tramite sesta napoletana, a LAb.

Qui (57’55”) inizia la sezione B del Rondo e vi fa subito capolino negli oboi una simpatica conoscenza degli amanti dell’operetta: la Vedova allegra!

Sono i violoncelli (58’01”) a sviluppare poi il tema, seguiti (58’28”) dagli strumentini, che portano alla conclusione della sezione e alla tonalità di DO. Gli ottoni (58’44”) ripropongono una variante del tema principale, aprendo la sezione A’ del Rondo dove troviamo, anticipato dagli strumentini, un nuovo motivetto (59’23”) che conduce ad una transizione verso l’autentica sezione A, attaccata dagli ottoni (59’57”) che ripropongono il tema principale, seguito poi dalle altre sue varianti.

La sezione C del Rondo  ripropone in viole e celli (1h00’50”) il tema di… Lehar assai variato ed elaborato insieme ad altri motivi, fino all’approdo ad una nuova sezione A” (1h01’57”) che si presenta assai complessa ed articolata, con numerosi cambi di agogica e tonalità (LA maggiore) e richiami di diversi motivi già ascoltati.

Torna (1h04’17”) in DO maggiore la sezione A del Rondo che presenta varianti dei temi principali. Una modulazione a LA maggiore porta al completamento di questa sezione, che cede il passo, su un’ardita modulazione a SOLb maggiore (1h05’22”) alla sezione D del Rondo nella quale torna a farsi subito sentire la… Vedova, che si vede poi ripresa in tutte le… pose musicali.

Si arriva così (1h06’46”) ad una nuova sezione A”’ del Rondo, che inizia col tema principale in SIb maggiore per poi divagare assai, manipolando i diversi motivi e mutando spesso il tempo e la tonalità, infine riportata a DO.

Un’altra sezione (A””) del Rondo è aperta (1h08’58”) dal tema principale negli ottoni, in RE maggiore, ma poi ecco un’inaspettata irruzione (1h09’08”): ritorna infatti minaccioso, in RE minore nei corni, il primo tema del movimento iniziale, subito dopo ripreso in DO# minore e successivamente ancora (1h09’29”) in DO minore dai violini. Segue una transizione vin tempo scorrevole che porta ad un momento solenne (1h10’09”) con il tema del movimento iniziale suonato in REb maggiore dalle trombe, lieto presagio di ciò che avverrà fra poco.

Una transizione in cui spezzoni dei vari motivi vengono a contatto e spesso a scontro fra loro porta verso l’ultima sezione A del Rondo (1h11’12”) che vede ancora protagonista le trombe nell’apertura, poi tutta l’orchestra espone il tema principale con grande energia. Torna in tutta l’orchestra (Pesante) anche il secondo tema (1h11’41”) prima che i corni (1h11’52”) con campana in alto ripropongano una variante del tema principale, in contrappunto con le trombe. Ancora archi e legni accompagnano la tuba che dà il suo contributo al tema, prima dell’apoteosi conclusiva.

Che si raggiunge con la trasfigurazione, principalmente nei corni, del cupo tema iniziale della sinfonia da minore a maggiore (1h12’38”) che porta rapidamente alla chiusura – quasi uno sberleffo – di questa nobile mappazza.
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PS: chi vuole gustarla… con comodo, può chiedere aiuto a tale Otto Klemperer! 

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