John Axelrod rimane
ancorato al podio de laVERDI anche per la quarta delle sinfonie dispari di Mahler: l’ombrosa settima.
Sinfonia
composta fra il 1904 e il 1905 quando Mahler era l’uomo più felice del mondo…
ma eseguita per la prima volta a Praga nel 1908, dopo che tre disgrazie si
erano abbattute sulla sua testa (Alma, peraltro… col senno di poi, le associò
ai tre colpi di martellone che abbattono l’eroe-Mahler nel finale della coeva sesta): il licenziamento da
Generalmusikdirektor della Hofoper, la morte da scarlattina della piccola Putzi
e la diagnosi della sua (pur blanda) disfunzione cardiaca. Sostenere che questi
accadimenti abbiano in qualche modo determinato significativi interventi sulla
sinfonia già ultimata sarebbe fuori luogo, certo è che Mahler (come del resto
faceva abitualmente) apportò all’opera diversi ritocchi in vista della prima, e altri ancora dopo le successive
esecuzioni del 1909.
È la
sinfonia ancor oggi meno compresa (e quindi anche poco eseguita) di Mahler: forse perché,
dopo le notevoli innovazioni portate (in senso positivo) dalla quinta e (in senso involutivo) dalla sesta, qui sembra che il compositore
senta quasi il bisogno di ritornare indietro, magari proprio alla quinta, ma in realtà anche alla sua terza e addirittura alla seconda. Di quest’ultima (come della quinta)
mantiene quasi identica la macro-struttura: due movimenti estremi, fra loro
labilmente collegati dal ritorno del tema principale, e tre movimenti intermedi
(due andanti e uno scherzo) che paiono quasi fuori dal
contesto (ed infatti le due Nachtmusik
furono composte per prime nel 1904, assieme al completamento della sesta, un anno prima dei restanti tre movimenti).
Qui non ci sono voci umane, ma il programma interno richiama assai (oltre
che la quinta) proprio la Auferstehung, magari vestendo l’abito
borghese e tenendo un approccio laico: fatto sta che veniamo condotti su un
percorso che potremmo chiamare dalle
stalle alle stelle. In effetti si inizia quasi con un calvario (anche se
non è proprio il mortorio della Totenfeier,
nè lo spettrale richiamo della trombetta della quinta, ma poco ci manca): tutto il primo movimento lascia
trasparire uno sforzo continuo per scalare impervie asperità, in cerca di
qualche provvisorio altopiano dove respirare aria pulita. Il MI maggiore che lo
chiude sembra un anticipo della serenità che verrà progressivamente avvicinata
dalla seconda Nachtmusik e raggiunta nello
smagliante DO del Rondo conclusivo.
Ecco poi la prima Nachtmusik, costellata da marce ora faticose, ora più scorrevoli,
sempre oscillante fra maggiore e minore (come si sente la vicinanza di
composizione con la sesta…) È un
ambiente che richiama vagamente quello dei Berlioz-iani
pellegrini dell’Harold, qui in più ci
sono anche dei campanacci (come nella
precedente sinfonia) pur se limitati
a pochissime battute.
Segue il cupo scherzo, una specie di sgangherato walzerone da halloween, che rivaleggia in bizzarria
con la predica di SantAntonio ai pesci
della seconda (quello della quinta, diciamolo pure, è al confronto
di livello nobile).
Una nuova Nachtmusik comincia ad introdurre un po’ di pace e serenità, anche
se siamo più al Prater che al Musikverein, con tanto di chitarra e
mandolino (meno pacchiani, peraltro, del martellone
della sesta, trattandosi pur sempre
di strumenti a corda).
Da ultimo arriva il Rondo, che contiene dentro di sè molto
teatro (e non parlo dei Meistersinger,
né della Vedova Allegra, che pure vi
aleggiano chiaramente) e chiude la sinfonia, dopo un preoccupante ritorno del
primo tema del movimento iniziale, in modo quasi esilarante, come a voler esorcizzare
(proprio mentre quelli materiali si eran già fatti vivi) i fantasmi – tutti di natura
estetica! - che Mahler si era inventato nella sesta.
Lascio infine alle parole di Ugo Duse il giudizio su quest’opera:
È una grande sinfonia che vuoI essere
sentita al di fuori completamente della linea di evoluzione delle altre. In tal
senso essa è il punto di approdo della Sesta e nello stesso tempo ne è
la critica più verosimile e spietata.
Non si rinnega il proprio mondo impunemente;
chi è stato mandato sulla terra non tanto per comporre, ma per essere composto dalle
voci di natura, perché in lui siano indimenticabili segnali di un'acustica rifiutatasi
alla manipolazione musicale ma che, purificata, in essa s'inserisce come
fondamento ontologico inalienabile; chi è stato mandato sulla terra per copiare
la natura e ha preteso poi di soggettivare la musica sino a farla aderire al
proprio corpo, al proprio esistenziale problema, in un gesto che sa di rivolta biblica;
costui deve conoscere le vie dell'espiazione.
E
l'espiazione deve assumere i caratteri altrettanto irrazionali della colpa. La Settima
infatti non è una riconciliazione di Mahler col mondo del primigenio, col
bosco sotto le stelle, coi fruscii della notte; è il bagno nella proiezione
popolaresca della natura, la preghiera per rientrare in contatto diretto, immediato
con essa. La Settima è un grande grido di dolore scaturito dalla necessaria
illusione di riconquistare la perduta innocenza attraverso il ludibrio della più profonda depravazione.
Chi ha potuto lasciarsi deviare tra le luminose
costellazioni della semplicità apollinea, fatte d'intricate, complesse, difficili
virtù, per battere le vie del proprio dolore, della propria ira, del proprio sentimento
assolutizzato, deve ora andare sino in fondo senza infingimenti, senza veli,
senza mendicare scuse.
Questa è la Settima Sinfonia e sotto
il profilo morale è opera d'arte quanto lo sono le Confessioni agostiniane.
Sfugge al giudizio estetico perché grande è la sua moralità ma non avvertibile,
o per lo meno difficile a provarsi. Bella e ripugnante a uno stesso tempo
partecipa in qualche modo dell'estetismo morale, non moraleggiante, del Dorian
Gray.
___
Il pubblico
(abbastanza scarso rispetto alla media, forse proprio causa ponte-expo-blackbloc) ha comunque apprezzato
assai distribuendo applausi a tutti. Personalmente mi è rimasto un po’ di amaro
in bocca: sono certo che domenica (un 3 maggio qualunque…) le cose andranno decisamente
meglio.
___
Com’è andata ieri sera? Beh, la congiunzione
astrale che ha condensato in una giornata come questo 1° maggio a Milano tanti accadimenti
(economici, politici, di costume e di… scostume) forse non ha giovato alla miglior
resa del concerto.
Axelrod,
che mi era assai piaciuto nella Quinta, ieri mi è parso poco a suo agio con
questa Settima che è obiettivamente difficile da rendere al meglio: temo che
l’eccesso di decibel che ha dispensato (soprattutto nei movimenti esterni) abbia
mascherato una certa insicurezza da parte sua; discreta peraltro la resa delle
due musiche notturne. I ragazzi al solito hanno cercato di dare il meglio, in
specie gli ottoni, impegnati allo stremo da Mahler. Purtroppo però proprio fra
gli ottoni si è registrata una défaillance non da poco: il corno tenore, che ha
un ruolo di grandissimo rilievo nel primo movimento, proprio scandendo la frase
iniziale ha prodotto un suono piuttosto rauco e sgradevole, e poi alla battuta
33 ha chiaramente mancato la terzina di biscrome (arpeggio ascendente di RE
maggiore) che è forse il passaggio più impegnativo per l’esecutore (in questo
caso… esecutrice): si perdona ovviamente tutto, ma al momento il disappunto è
stato grande.
___
Proviamo
a seguire la Sinfonia facendoci guidare da Claudio Abbado (a Lucerna, 2005).
Il
primo movimento (Langsam, 4/4, SI e
MI minore) è in forma sonata, come sempre piuttosto liberamente interpretata.
Vi riconosciamo un’introduzione, con
almeno tre motivi diversi, l’esposizione
di tre temi, un grande sviluppo, la ripresa e la coda.
46” L’Introduzione è aperta sommessamente da archi e legni con
figurazioni marziali in metro dattilo… esasperato (croma puntata + 2 biscrome) sulla
triade di SI minore (SI-RE-FA#) arricchita però della sesta SOL#. Il primo motivo dell’Introduzione è costituito da
diverse sezioni, esposte da diversi strumenti. A 55” Il corno tenore
espone la prima:
A
1’06”
oboi e clarinetti rispondono con la seconda, cui ancora fa seguito (1’19”)
una terza nelle trombe e (1’30”) una quarta negli strumentini
e poi (1’44”) una quinta, assai corposa, col corno tenore a
contrappuntare l’intervento dei primi violini. È lo stesso corno tenore a
chiudere questo primo disegno con l’incipit del tema.
Ora
(2’20”)
i legni presentano un secondo motivo dell’Introduzione:
Esso,
rinforzato poi dagli archi, è importante da ricordare, poiché anticipa il terzo
tema dell’Esposizione. Si arriva così
ad un terzo motivo dell’Introduzione (2’41”) che è pure anticipatore del
primo tema dell’Esposizione, che udremo tra breve. A 3’00” torna il corno
tenore per esporre una variante in RE maggiore del primo motivo, completata (3’16”)
dalle trombe. A 3’27” sono gli archi, poi i fiati, a riprendere la transizione
che porta ad un crescendo (3’41”) che chiude
l’Introduzione e senza soluzione di continuità
porta alla successiva…
Esposizione, in Allegro risoluto, aperta (3’51”) da corni e violoncelli, con il primo tema, in MI minore:
Tema
subito ripetuto (4’07”) e chiuso (4’14”) da un’impertinente irruzione
della trombetta. A 4’21” compare una variante in SI maggiore del primo tema,
esposta dai violini, seguita da un’altra (4’48”) in MI in fiati, viole e
celli. Tutto ciò porta ad una cadenza che sposta la tonalità a DO maggiore,
sulla quale viene esposto (5’14”) il secondo tema:
È
una lunga melodia nei violini, che sale (6’02”) fino all’acutissimo FA#6,
prima di essere bruscamente interrotta dall’incipit del primo tema (trombe, a 6’05”).
Il terzo tema, come detto, è figlio del secondo dell’Introduzione, e lo si ode
da 6’08”,
con il compito di condurci rapidamente alla chiusura dell’Esposizione.
A
6’26”
ha infatti inizio il lungo e complesso Sviluppo,
che si può suddividere in tre sezioni (o in due, a seconda di dove si posiziona
l’inizio della Ripresa…) La prima
sezione è occupata da una variante (inversione) del primo tema che poi
ricompare (6’43”) nella sua originaria forma. A 6’53” ritroviamo la
variante del primo tema che ne accompagna una del primo dell’Introduzione,
chiuso dal corno tenore. Il secondo motivo dell’Esposizione si contrappunta poi
(7’31”)
rallentando i tempi (Moderato) ad una
variante del primo, quindi ancora (7’54”) tornando al tempo Allegro, spezzoni del primo tema e del secondo dell’Introduzione
portano a chiudere la prima sezione dello Sviluppo.
La cui seconda sezione, che si apre a 8’10”, è costituita da
frammenti dei primi due temi dell’Introduzione e dell’Esposizione. A 8’45”
ancora questi temi subiscono nuove trasformazioni, finchè (9’09”) non subentra
improvvisamente una gran calma, con la tromba che ripete pianissimo, in SIb, il
ritmo marziale dell’esordio e introduce una prima oasi di pace, dove (9’29”)
si distingue un inciso nei flauti che tornerà successivamente:
Dopo
due irruzioni dell’oboe, su frammenti del primo tema, la quiete viene rotta (9’51”)
dal ritorno del primo tema nel corno inglese, contrappuntato da una sua variante
nei violino solo. Ma gli oboi (10’21”) ci portano verso un’altra
oasi di calma, introdotta (10’28”) da un’irruzione del
clarinetto, poi da arpeggi delle trombe, e
quindi da apparizioni dell’inciso nei flauti, mentre i violini
accompagnano in sordina e gli altri archi irrompono due volte con spezzoni del
primo tema.
Si
arriva quindi a 11’23”, dove ottoni e violoncelli con 4 battute di corale
modulano a SI maggiore per introdurre un’incantevole visione (11’38”):
sugli arabeschi delle due arpe e sul contrappunto dell’inciso dei flauti, ora
esposto anche da oboi e corni, i violini con l’ottavino sviluppano ampiamente
il secondo tema, contrappuntati dal primo e da quelli dell’Introduzione.
La
progressione è davvero emozionante e culmina (12’51”) su un DO acuto
nei violini, da cui si ricade per tre ottave e si arriva (13’04”) alla terza
sezione dello Sviluppo (o ad una falsa-partenza della Ricapitolazione!): qui aizzati
dai violoncelli (13’12”) il primo tema dell’Introduzione e i primi due
dell’Esposizione vengono plasmati in una stupefacente sequenza, protagonisti
tromboni e corno tenore:
La
quale sfocia (14’13”) in una lancinante perorazione di violini e strumentini,
basata sul secondo tema e poi sul primo dell’Introduzione:
A
14’27”
ancora il corno tenore riprende spezzoni del primo tema dell’Introduzione,
quindi i violini il secondo dell’Esposizione, portando in crescendo ad una
cadenza che chiude definitivamente lo Sviluppo.
A
15’16”
ecco la Ripresa, con il primo tema attaccato
a lunghezza doppia (Maestoso) da
corni e tromboni ma poi tornato a lunghezza normale, che porta prima ad una
progressione (15’27”) con interventi di legni e archi bassi e infine sfocia (15’40”)
in un Grandioso in Mi maggiore che
tornerà (in DO) nel Finale della
Sinfonia. Il tempo torna Allegro (16’01”)
e torna anche il primo tema nella forma quasi originale, seguito (16’15”)
dalla sua variante in SI maggiore. Poco dopo (16’49”) ancora il primo
tema, ora in SOL minore, conduce alla riesposizione (17’06”) del secondo tema,
in SOL maggiore, reiterato ancora (17’46”) e portato, con le ardite
scalate, alla sua completezza fino a sfociare (18’14”) nel terzo tema,
che conduce alla chiusura della Ripresa.
A
18’27”
ha inizio la Coda, in tempo 3/2, dove
il primo tema viene sbozzato da trombe e tromboni in un’orgia di suoni di archi
e strumentini, dove appaiono anche frammenti del primo tema dell’Introduzione.
A 19’00”
si presenta nei violini la variante del primo tema, il quale (19’15”)
torna in MI minore nei violini e poi nei tromboni.
A
19’50”
si torna in tempo Allegro e 4/4 tagliato,
con il primo tema in MI minore e la sua variante; un ultimo rallentamento (20’06”)
fa prender fiato per il rush finale (20’12”) e la secca chiusura con la variante
del primo tema, in MI maggiore.
___
La prima delle due Nachtmusiken si presenta come un Rondo, con la seguente macro-struttura:
Introduzione-A-B-A-C-A-B-A-Coda, dove la sezione A è in forma marziale, B e C
sono dei Trii (nel dettaglio vedremo
come la struttura sia assai più articolata). La tonalità principale è DO, con
continui passaggi da maggiore a minore (eredità chiara della Sesta, completata
insieme ai due notturni della Settima) mentre i trii sono rispettivamente in
LAb maggiore e nella relativa FA minore.
20’36”
Il corno (di
Alessio Allegrini) attacca il motivo
dell’Introduzione, che anticipa il tema principale della sezione A. Gli
risponde, con la sordina, come un eco lontano, il terzo corno e fra i due udiamo
ancora un botta-e-risposta, chiuso dal primo sulla sopratonica RE; poi (21’06”)
oboe e clarinetto entrano con melismi, sui quali il corno inglese ripete la
frase iniziale; si uniscono altri due clarinetti e poi la frase introduttiva
passa al fagotto; qui (21’31”) si aggiungono i flauti con
trilli sulla dominante SOL, mentre è la tuba a reiterare due volte il motivo
iniziale. L’atmosfera si fa sempre più incandescente e il tempo serrato, fino
all’esplodere (21’47”) di due battute (dove il DO maggiore trascolora in
minore) caratterizzate da velocissime discese dei fiati e poi degli archi
bassi.
Ecco
ora (21’51”)
il primo corno (imitato dai violoncelli a distanza di una battuta) esporre il
tema principale della sezione A, che ripercorre il motivo dell’Introduzione ma,
invece di salire all’ottava, passa cromaticamente dalla dominante alla sesta
per poi ricadere sulla tonica, dalla quale riparte per completare un lungo
percorso melodico:
A
22’14”
i primi violini rispondono con un controsoggetto che chiude la frase. A 22’42”
ecco in contrabbassi e controfagotto-fagotti un nuovo e cupo motivo marziale,
che Mahler si premura di segnare Non
strascicando, ma che in effetti appare come un procedere faticoso e
pesante; il timpano (22’57”) sembra voler richiamare
all’ordine, ma ancora senza risultato, finchè un suo nuovo intervento (23’15”)
porta alla riesposizione del tema principale, questa volta negli archi imitati
dai legni bassi. Tema e controsoggetto vengono a completare la sezione A.
A
24’11”
ecco il primo Trio (sezione B del
Rondo) con il tema affidato ai violoncelli, che partendo dal precedente DO,
preso come mediante, portano la tonalità a LAb maggiore:
Il tema
è preso poi in carico dai violini e infine chiuso dagli strumentini. A 24’44”
ne udiamo una variante che modula alla dominante MIb. A 25’09” in oboi e flauti
abbiamo una transizione che rimodula a LAb e qui (25’19”) abbiamo un nuovo
motivo, che si chiude a 25’50” sulla ricomparsa del corno
che intona quello dell’Introduzione. Ora abbiamo una transizione, protagonisti
corni, poi violoncelli, quindi i legni, che porta alla seconda ricorrenza della
sezione A del Rondo (26’48”) protagonisti i corni e,
nella seconda parte, i violini.
Si
arriva poi al secondo Trio (sezione C
del Rondo): siamo in FA minore e la sezione è costituita da due parti
inframmezzate dal tronco finale dell’Introduzione. A 27’41” sono principalmente
flauti e oboi ad esporne il motivo assai dimesso e piangente:
che
sfocia (28’28”) nei trilli dei flauti già uditi nell’Introduzione e poi
nella caduta DO maggiore-minore, qui solo negli archi, con il resto
dell’orchestra a far riempitivo. Torna il motivo del trio (28’52”) che poi va
progressivamente a spegnersi, frantumandosi in una serie di interventi isolati
di diversi strumenti, fino (30’07”) agli squilli della tromba,
dell’oboe e del clarinetto che i flauti riprendono per riportarci alla terza
apparizione della sezione A del Rondo (30’21”). Ora però c’è una sorpresa:
dopo l’esposizione della prima sezione del tema, eccone una del tutto nuova, in
MIb maggiore (30’43”):
che
si inserisce prima della seconda sezione, ripresa a 31’03” e riesposta
completa in tutte le sue componenti.
A
31’59”
ecco la seconda apparizione della sezione B del Rondo, sempre in LAb maggiore,
sfociante (32’33”) sulla dominante MIb per poi tornare a LAb fino a
spegnersi sulla mediante DO negli oboi. A 33’20” il corno torna a far sentire il
suo richiamo iniziale: gli rispondono clarinetto e oboe, che aprono l’ultima apparizione
della sezione A del Rondo (33’31”) non in DO ma in LAb, che però
qui è incompleta, partendo dalla sezione mediana introdotta nella precedente apparizione.
A 34’24” riecco il richiamo del corno,
che apre la conclusiva Coda, che mutua
la prima parte dall’Introduzione, con i clarinetti in bella vista, per poi spegnersi
con una discesa di terzine in pizzicato nei violini, due sordi colpi di piatti e
tamtam e il SOL in armonici dei violoncelli.
___
Lo
Scherzo (3/4, RE minore) reca
l’agogica Schattenhaft, letteralmente
ombroso, ma anche, volendo, fantomatico. Ha una struttura
apparentemente semplice (Scherzo-Scherzo-Trio-Scherzo-Scherzo) ma in realtà è
(come tutto in Mahler) assai articolato.
La
prima ricorrenza dello Scherzo presenta (35’57”) l’Introduzione, dove timpani
e archi bassi in pizzicato, poi corni, clarinetti e flauti smozzicano i
frammenti del ritmo di walzer. Il primo motivo (36’12”) è esposto dai
primi violini:
Motivo
che viene sviluppato ulteriormente (36’12”) da archi e legni, fino a
sfociare – a 36’35”, contrappuntandolo – in un secondo tema, una specie di
accorato lamento (non per nulla notato come klagend)
del flauto:
Ecco
poi (36’50”)
un repentino passaggio a RE maggiore, dove udiamo un nuovo motivo, di una
gaiezza un po’ equivoca, che chiude la prima esposizione:
Subito
lo Scherzo viene riproposto (37’08”) a partire dall’Introduzione,
seguita dal primo tema (37’22”) e dal suo sviluppo, quindi (37’42”)
dal secondo in forma ridotta e poi (37’50”) dal terzo, che insieme al
secondo viene sviluppato assai, portando (38’33”) ad una Coda-transizione verso
il Trio.
Il
quale è in RE maggiore e presenta (38’51”) negli oboi un primo tema:
seguito
(39’01”)
da un controsoggetto e ancora (39’24”) da un nuovo motivo che è
parente di quello dell’Introduzione della Sinfonia.
Dopo
che (39’50”)
gli archi hanno esposto un lungo ostinato,
culminato (39’57”) in un’enfatica perorazione, il Trio si chiude (40’01”)
con un ultimo motivo, strettamente derivato dal primo:
Abbiamo
ora (40’33”)
una transizione in MIb minore, in cui udiamo diversi spezzoni di motivi già
presentati, che ci porta con un secco colpo di timpano (40’49”) alla prima
ripresa dello Scherzo, con Introduzione, primo tema nella viola solista (41’08”)
e suo sviluppo, secondo tema (41’41”) e poi terzo (41’55”)
che si contrappuntano.
L’ultima
ripresa dello scherzo (42’35”) ha una struttura abbastanza
anomala, comprendendo motivi provenienti dal Trio. Ha un’introduzione
brevissima, seguita (42’40”) dal primo tema, poi da una
variante del secondo che si accompagna all’ultimo tema del trio. Poi (43’01”)
del Trio udiamo la seconda sezione del primo tema e quindi (43’20”)
anche il secondo nel corno inglese.
Una
nuova comparsa (43’40”) nei violoncelli del terzo tema del Trio porta
direttamente alla Coda, che chiude in
modo davvero spettrale (colpo di timpano seguito da triade di RE maggiore in pizzicato
nelle viole) questo grottesco movimento di sinfonia.
___
Ecco ora
(56’27”)
il tema principale, esposto dagli ottoni, in un’atmosfera da Meistersinger, con la trombetta in
evidenza:
___
La
seconda Nachtmusik è una serenata (2/4, FA maggiore, Andante amoroso). Ha una struttura
definibile come pseudo-forma-sonata: esposizione,
sviluppo e ricapitolazione. Ma come ogni serenata che si rispetti ha un suo ritornello che ricompare di continuo a
separare i diversi motivi che la compongono. Esso viene subito (44’39”)
esposto dal violino solista ed è seguito da un motivo di accompagnamento nel
clarinetto, che assumerà anche un ruolo tematico, e dagli accordi della
chitarra:
Il
corno espone (44’54”) il primo dei quattro temi principali della serenata;
gli risponde (45’02”) l’oboe con un controsoggetto derivato dal motivo di
accompagnamento:
Il
primo tema viene subito (45’10”) reiterato dal corno e il
ritornello (45’21”) del violino lo separa dal secondo tema, esposto (45’30”)
dai violini:
e
chiuso dall’oboe, col ritornello (45’44”) ora esposto dal violoncello
solo. Altro ritorno nel corno (45’49”) del tema principale, ora
arricchito nella parte conclusiva, con il ritornello (46’13”) che lo separa
dall’esposizione, nei violini (46’22”) del terzo tema:
Un
crescendo sonoro ci porta (46’56”) ad una nuova esposizione, questa
volta nell’oboe, del
primo tema, contrappuntato nei violini dal terzo. Segue una lunga transizione
caratterizzata dal primo tema arricchito e variato.
A
47’35”
possiamo collocare la chiusura dell’Esposizione
e l’inizio dello Sviluppo, dove il
primo tema viene, per così dire, sviscerato nei suoi dettagli, in un’atmosfera
davvero rarefatta, dove chitarra e mandolino fanno sentire la loro presenza. Dopo
una transizione a LA maggiore, si modula a LAb e a 48’40” ricompare il terzo
tema nei violini, che lo sviluppano fino a 48’59” dove una sospensione della
melodia prepara il ritorno del primo e poi del terzo tema che conducono ad un
crescendo (49’10”) dove spezzoni dei due temi si contrappuntano
energicamente (si noti l’intervento del corno) per poi tornare lentamente ad
acquietarsi con una lunga cadenza in cui chitarra e mandolino ancora si
distinguono.
Si
arriva quindi a 49’56”, dove possiamo identificare una specie di Trio, basato
su un quarto tema, in SIb maggiore, inizialmente presentato dal violoncello
solo:
Tema
che viene arricchito nella melodia dal corno (50’09”) in contrappunto
con i violoncelli. Un ulteriore sviluppo del tema è introdotto (50’38”)
dagli archi, in MIb minore, con interventi del mandolino, poi (51’07”)
torna, adesso in FA maggiore, il tema del Trio, che viene sviluppato in modo
quasi eroico, con un culmine a 51’35” da cui si degrada verso un
alleggerimento del suono, con l’intervento dell’arpa che porta a modulare prima
a RE e poi (nell’oboe) a LA maggiore.
Con un
brusco ritorno al FA (52’15”) i violini ripropongono il
ritornello, ora in dimensioni allargate, segnalando l’inizio della Ricapitolazione. Ricompare quindi (52’25”)
il tema principale nel corno, cui subentra il violino, poi ancora il corno il cui
tema sfocia nel ritornello (variato). A 53’00” ecco il secondo tema, negli archi,
quindi ancora (53’14”) il ritornello, nel violoncello. Torna il corno (53’19”)
con il primo tema chiuso da un’ennesima ricomparsa, sotto mentite spoglie… del ritornello
(53’43”).
A
53’51”
riecco il terzo tema, che adesso viene sviluppato in modo drammatico, con un poderoso
crescendo che ha culmine a 54’15”. Subito dopo (54’19”)
ecco l’oboe esporre il tema principale, spalleggiato poi dal clarinetto e quindi
dall’accompagnamento di flauto e violini. A 54’35” l’ultima comparsa del
primo e del terzo tema, che si trasferiscono dai legni agli archi, poi ancora ai
legni, con i corni a tenere bordone e la chitarra a ribadire i suoi accordi.
A
55’12”,
introdotta dal corno inglese, ecco la stupefacente Coda, con il clarinetto che chiude in modo davvero mirabile la serenata.
___
Il
Rondo finale è un autentico
rompicapo, tanto inafferrabile ne è la struttura: dove si può vedere un
simulacro di forma-sonata, con una doppia esposizione, lo sviluppo e la
ripresa; oppure una bizzarra forma di rondo (A-B-A’-A-C-A”-A-D-A’”-A””-A). Gli
studiosi preferiscono quindi parlare di Durchführung
(sviluppo) permanente o di
applicazione del principio di variazione
perpetua. I denigratori di Mahler vi trovano pretesti a josa per irridere
al suo velleitarismo da strapazzo…
Un
assolo di timpani, sulla triade di MI minore, lo apre (56’16”) subito imitato
nel suo gesto – trilli compresi - dal pacchetto dei corni:
Subito
dopo (56’42”) archi e ottoni espongono - accompagnati da velocissime
volate di semicrome negli strumentini - altre varianti del tema, fino a quando,
su un tempo Pesante, non compare in orchestra (56’58”)
un secondo motivo:
che poi
viene sviluppato ulteriormente fino a culminare (57’40”) in un’esilarante
cadenza, la stessa che chiuderà poi la Sinfonia, ma che adesso, dopo l’accordo
di DO maggiore porta repentinamente, tramite sesta napoletana, a LAb.
Qui
(57’55”)
inizia la sezione B del Rondo e vi fa subito capolino negli oboi una simpatica
conoscenza degli amanti dell’operetta: la Vedova
allegra!
Sono
i violoncelli (58’01”) a sviluppare poi il tema, seguiti (58’28”) dagli
strumentini, che portano alla conclusione della sezione e alla tonalità di DO.
Gli ottoni (58’44”) ripropongono una variante del tema principale, aprendo
la sezione A’ del Rondo dove troviamo, anticipato dagli strumentini, un nuovo
motivetto (59’23”) che conduce ad una transizione verso l’autentica
sezione A, attaccata dagli ottoni (59’57”) che ripropongono il tema
principale, seguito poi dalle altre sue varianti.
La
sezione C del Rondo ripropone in viole e
celli (1h00’50”) il tema di… Lehar assai variato ed elaborato insieme
ad altri motivi, fino all’approdo ad una nuova sezione A” (1h01’57”) che si presenta
assai complessa ed articolata, con numerosi cambi di agogica e tonalità (LA
maggiore) e richiami di diversi motivi già ascoltati.
Torna
(1h04’17”)
in DO maggiore la sezione A del Rondo che presenta varianti dei temi principali.
Una modulazione a LA maggiore porta al completamento di questa sezione, che
cede il passo, su un’ardita modulazione a SOLb maggiore (1h05’22”) alla sezione D
del Rondo nella quale torna a farsi subito sentire la… Vedova, che si vede poi ripresa in tutte le… pose musicali.
Si
arriva così (1h06’46”) ad una nuova sezione A”’ del Rondo, che inizia col
tema principale in SIb maggiore per poi divagare assai, manipolando i diversi
motivi e mutando spesso il tempo e la tonalità, infine riportata a DO.
Un’altra
sezione (A””) del Rondo è aperta (1h08’58”) dal tema principale negli ottoni,
in RE maggiore, ma poi ecco un’inaspettata irruzione (1h09’08”): ritorna infatti
minaccioso, in RE minore nei corni, il primo tema del movimento iniziale, subito
dopo ripreso in DO# minore e successivamente ancora (1h09’29”) in DO minore dai
violini. Segue una transizione vin tempo scorrevole che porta ad un momento solenne
(1h10’09”)
con il tema del movimento iniziale suonato in REb maggiore dalle trombe, lieto presagio
di ciò che avverrà fra poco.
Una transizione
in cui spezzoni dei vari motivi vengono a contatto e spesso a scontro fra loro porta
verso l’ultima sezione A del Rondo (1h11’12”) che vede
ancora protagonista le trombe nell’apertura, poi tutta l’orchestra espone il tema
principale con grande energia. Torna in tutta l’orchestra (Pesante) anche il secondo tema (1h11’41”) prima
che i corni
(1h11’52”) con campana in alto ripropongano una variante del
tema principale, in contrappunto con le trombe. Ancora archi e legni accompagnano
la tuba che dà il suo contributo al tema, prima dell’apoteosi conclusiva.
Che
si raggiunge con la trasfigurazione, principalmente nei corni, del
cupo tema iniziale della sinfonia da minore a maggiore (1h12’38”) che
porta rapidamente alla chiusura – quasi uno sberleffo – di questa nobile
mappazza.
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