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28 aprile, 2012

Rinaldo torna in campo a Reggio Emilia


Dopo le recite di Ravenna e prima di quelle di Ferrara, ecco la ripresa al Teatro Valli del Rinaldo in una produzione firmata PierLuigi Pizzi. Figlia di quella che proprio al Valli riportò l’opera in Italia nel 1985, e poi presentata anche alla Scala-Arcimboldi nel 2005. E come là, è sempre Ottavio Dantone a dirigere questo classico esemplare di opera del barocco magico, ma qui con la sua Accademia Bizantina. Opera che lo scorso dicembre avevamo ascoltato – in forma concertante – eseguita da laVerdi barocca all’Auditorium di Largo Mahler. 

Opera somma, figlia del recitar-cantando, mamma del bel-canto e nonna di Wagner! Di cui la messinscena di Pizzi ci restituisce tutta la freschezza, la nobiltà e la raffinatezza. Dove anche i personaggi e le scene più truci sono trattati e presentati – precisamente nello spirito dell’originale - con grande senso estetico, grande misura e soprattutto grande poesia. Sappiamo che in queste opere la trama – per quanto paludata (da Tasso, nella fattispecie) – non è che un mero supporto per musica e canto (si racconta che i testi delle opere di Händel venissero scritti sulla musica già composta, e non viceversa! e come il Rinaldo in particolare sia infarcito di imprestiti da altre composizioni) e quindi è sacrosanto che siano musica e canto ad essere messi al centro dell’attenzione.

È proprio ciò che fa Pizzi con la sua messinscena: gli interpreti addirittura non si muovono (meglio: vengono mossi come pedine su una scacchiera, appollaiati su alti trespoli, o su giganteschi cavalli, o dentro a navicelle, quasi a mostrarsi nella loro ieraticità immateriale) nè si toccano, ma si limitano, appunto, a cantare le stupende arie (i recitativi secchi sono ridotti al minimo in questo allestimento). Anche tutto l’armamentario magico, che era funzionale ai gusti e alle aspettative dell’epoca, non viene certo riproposto oggi in modo pedestre (il che non avrebbe senso) ma con un misto di sorriso e di garbata ironia e soprattutto con grande buon gusto.

Insomma, un modo intelligente e assolutamente moderno di presentare opere come questa, senza bisogno di snaturarne i contenuti o di distrarre lo spettatore con invenzioni gratuite. Non per nulla Pizzi è stato – con Dantone - il più osannato alla fine dello spettacolo, che dopo 27 anni di onorata carriera ancora mostra di essere pienamente vivo e vegeto (domanda tendenziosa: quanti degli allestimenti intelligenti dei registi di avanguardia saranno ancora riproposti e osannati in questo modo nel 2039?)   

Sul fronte musicale, i tagli e gli aggiustamenti ci sono, non sono pochi né indolori (purtroppo!) ma l’approccio della coppia Pizzi-Dantone è tutto sommato simile a quello della coppia originale Hill-Händel, che ad ogni recita modificavano, tagliavano o aggiungevano qualcosa a seconda dello scenario di interpreti, pubblico e teatro.

Sparisce così addirittura Eustazio, che non sarebbe propriamente un personaggio minore, godendo di ben 5 arie (2+2+1 nei 3 Atti)! Però almeno una delle sue arie (Siam prossimi al porto) viene trasferita al fratello Goffredo, così non si butta e… rimane comunque in famiglia (smile!) Per il resto, le principali manipolazioni sono: espunte quattro arie del suddetto Eustazio, tre di Goffredo, due di Rinaldo e una di Argante. Poi spostata dal primo al second’atto Cara sposa (Rinaldo), anticipata Abbruggio, svampo e fremo (Rinaldo) prima dell’aria di Almirena (Lascia, ch’io pianga) e posticipato il duetto Armida-Argante del finale a dopo l’aria di Almirena (Bel piacere e godere).

Così l’intera opera – suddivisa in due blocchi, atto I e poi II-III – non supera di molto le due ore di durata netta, contro le almeno 2h 45’ di un’edizione standard. Peccato perché si perde davvero della grande musica…

Quanto al sesso, gli interpreti - in penuria di castrati (smile!) - sono quasi tutti al loro posto, tranne il Rinaldo en-travesti e il Goffredo, en-travesti al quadrato(!)

Proprio all’ultimo momento viene meno il-la protagonista: Marina De Liso deve dare forfait e viene sostituita da Delphine Galou. La quale fa evidentemente del suo meglio, date le circostanze, ma certo non può inventarsi una voce che non ha (parlo soprattutto dell’ottava bassa, poco udibile anche dalle prime file). Per lei applausi di stima per l’abnegazione. L’Armida di Roberta Invernizzi ha mostrato più le doti di temperamento da vera maga, che quelle canore (smile!) dove ha invece lasciato a desiderare con urlacchiate poco… händeliane. Bene invece Maria Grazia Schiavo nei panni di Almirena. Su un livello (per me) più che accettabile Krystian Adam (Goffredo), Riccardo Novaro (Argante) e Antonio Vincenzo Serra (Mago). Completano dignitosamente  il cast William Corrò (Araldo) e Lavinia Bini (Donna e Sirena in un colpo solo!)

Di alto livello la prestazione dell’ensemble di Dantone, composto da autentici virtuosi e guidato in modo impeccabile dal Direttore.

Encomiabili infine le prove dei non-addetti-al-canto: le furie-sirene Cristina di Paolo e Adriana Ilardi e la squadra di bravissimi movimentatori dei trespoli che reggono protagonisti e mostri assortiti.  

Insomma, un bellissimo spettacolo e una bella serata, che il pubblico del Valli (qualche buco qua e là…) ha accolto con minuti e minuti di ovazioni.

4 commenti:

Amfortas ha detto...

Ciao daland, è la prima testimonianza che leggo su questa ripresa dell'allestimento di Pizzi, e mi fa piacere che sia sostanzialmente positiva.
Alla tua domanda tendenziosa, rispondo tendenziosamente (smile): nessuno degli allestimenti intelligenti sarà ripreso del 2039. Spero che ce ne saranno di più intelligenti e adeguati ai gusti e ai tempi degli umani del 2039!
Linko sul forum di OC, ciao!

daland ha detto...

@Amfortas
Avevo letto anche di trionfi a Ravenna...
Nel 2039 rifaranno ancora lo spettacolo di Pizzi (smile!)
Grazie per citarmi su OC... sia chiaro che non la considero un'offerta di collaborazione (ri-smile!)
Ciao!

Claudio Di Leva ha detto...

mi dispiace dissentire ma ho visto lo spettacolo domenica a Ravenna e mi ha deluso (e non c'è stato tanto trionfo).
La regia di Pizzi è interessante, dal punto di vista storico, ma non si può andare a vedere un'opera, oggi, con solo l'intento di visitare un museo!!! La trama viene stravolta e la vicenda appare in molti punti oscura, i cantanti (quasi tutti eccellenti)non sono a loro agio su quelle macchine perchè oggi sono abituati ad esprimersi liberamente. Insomma l'idea dell'opera barocca di Pizzi mi sembra datata, antiquata anche se, visivamente, è molto affascinate (ma alla lunga annoia)
Claudio

daland ha detto...

@Claudio Di Leva
Innanzitutto grazie per il commento!
Ho letto un resoconto, credo su un giornale online dell'ER, di 15 minuti di applausi alla prima di Ravenna (forse era l'altra recita?)... a Reggio saranno stati 10.
Sull'opera-museo il discorso sarebbe lunghissimo: io semplicemente non disprezzo i musei, anche quelli teatrali (smile!)
Non mi pare che la trama sia stata stravolta: certo era un bigino, con tutti quei tagli: ma la (bellissima, peraltro) Alcina di Carsen sì, quella era proprio stravolta!
Quanto ai cantanti, non credo che cantino meglio sdraiati per terra o a testa in giù, come gli capita di fare con certe regìe moderne (ri-smile!)
Personalmente non mi sono annoiato, come mi pare la gran parte del pubblico del 27 scorso a Reggio.
Se capiterà un Rinaldo "moderno" non mancherò di assistere e di apprezzare, se lo meriterà.
Grazie ancora, ciao!