Ieri sera Jordi
Savall è stato ospite, con il suo il suo ensemble
di 6 strumentisti del complesso Les Concerts des Nations,
del Teatro Valli di Reggio Emilia per una straordinaria esecuzione della bachiana Musikalisches Opfer.
Composta
a Lipsia nel 1747 e dedicata al Re di
Prussia Federico II il Grande, musicista lui stesso, che aveva proposto a
Bach, durante una visita di questi a Potsdam, un tema da sviluppare in una fuga. Cosa che Bach fece in buona parte
lì, sul posto e seduta stante, e che completò nel giro di qualche settimana a
casa propria. Inviandone poi al sovrano una copia fatta appositamente stampare,
e recante questa (apparentemente esagerata) esternazione:
O Sovrano il più benigno, è con la più
profonda sottomissione che dedico alla Vostra Maestà un’Offerta Musicale, la
cui parte più nobile è opera della Vostra stessa illustre mano…
Oltre
all’invenzione musicale, Bach mostra di possedere anche quella… letteraria,
inventandosi per la speciale occasione un acronimo di Ricercare (l’antica forma di canto fugato che è impiegata due volte
nella Opfer: Regis Iussu Cantio Et Reliqua Canonica Arte Resoluta (Tema ordinato dal Re e
sue variazioni sviluppate secondo l’arte del canone).
La strabiliante abilità di Bach nell’arte del contrappunto e della
fuga (Die Kunst der Fuge seguirà di
poco la Opfer e sarà il suo estremo
lascito) emerge ad ogni piè sospinto. Insieme alla stupefacente padronanza dei
procedimenti codificati due secoli prima dai fiamminghi, di cui abbiamo un
semplicissimo ma pregevole esempio nel primo dei Canones
diversi super thema regium:
Il tema – parte alta della figura - è scritto su un solo rigo, ma
definisce sia la voce principale che quella in
imitazione, come ci dicono i simboli di chiave, accidenti e tempo posti
alla fine del brano in immagine speculare.
Ciò significa che la voce in imitazione deve procedere a gambero, dalla fine all’inizio, in contrappunto con quella
principale. Il tutto, trasportato su due righi, appare come mostra la parte
inferiore della figura. Dove si ha la precisa immagine delle due linee
melodiche che si incontrano a metà del cammino, e da lì prendono strade
opposte! Che la sovrapposizione delle due voci dia luogo ad un risultato
musicalmente non solo plausibile, ma mirabile, è cosa che lascia di sasso! (Qui una strepitosa spiegazione
visiva!) E
gli altri canoni sono di complicazione (criticità di decifrazione) e di
risultato estetico ulteriormente elevati a potenza! Il quinto dei Canones
diversi (Per tonos) chiude l’esposizione del tema su un tono intero al di
sopra di quello di partenza e quindi potrebbe essere ripetuto all’infinito
continuando a percorrere le ottave per toni interi. Normalmente si esegue un
giro completo, quindi si ripete il tema per 6 volte (DO, RE, MI, FA#, LAb, SIb)
chiudendo quando si arriva sul DO un’ottava sopra.
La sequenza dei brani è oggetto di dispute, poiché non ci è arrivato un corpus unico originale dell’opera, ma componenti separate. Per la verità un’edizione completa fu presentata già nel 1747 dallo stampatore Johann Georg Schübler, che raggruppava i brani in tre capitoli (uno con i ricercari, gli altri due con i canoni). Tuttavia si è storicamente accettata quella proposta da Alfred Dörffel (Bach Gesellschaft Ausgabe, 1885) che è stata usata, per dire, per le ormai storiche incisioni di Richter, Harnoncourt e Leonhardt. La stessa sequenza è proposta da Hans Gal per l’edizione Bosey, che in più aggiunge una numerazione generale dei brani, o gruppi di brani, da 1 a 9. Tale sequenza è stata giustificata di recente (1980) dagli studi di Ursula Kirkendale, che sostiene sia stata decisa da Bach seguendo nientemeno che i principi della Institutio Oratoria di Quintiliano (che Bach effettivamente conosceva).
Savall struttura invece la sua Offerta in modo assai personale (e molti lo criticano per questo, ma già 40 anni prima di lui Karl Münchinger si era preso analoghe libertà) rispetto alle tradizionali versioni pubblicate ed eseguite. Lo specchietto che segue riassume le principali differenze fra l’edizione di Dörffel e la struttura di due esecuzioni di Savall, quella registrata da tempo su CD, ed ascoltabile sul tubo e quella eseguita ieri. La colonna di sinistra riporta i brani nella sequenza di Dörffel, cui ho aggiunto la numerazione di Gal, usata poi come riferimento nelle due colonne di Savall:
La sequenza dei brani è oggetto di dispute, poiché non ci è arrivato un corpus unico originale dell’opera, ma componenti separate. Per la verità un’edizione completa fu presentata già nel 1747 dallo stampatore Johann Georg Schübler, che raggruppava i brani in tre capitoli (uno con i ricercari, gli altri due con i canoni). Tuttavia si è storicamente accettata quella proposta da Alfred Dörffel (Bach Gesellschaft Ausgabe, 1885) che è stata usata, per dire, per le ormai storiche incisioni di Richter, Harnoncourt e Leonhardt. La stessa sequenza è proposta da Hans Gal per l’edizione Bosey, che in più aggiunge una numerazione generale dei brani, o gruppi di brani, da 1 a 9. Tale sequenza è stata giustificata di recente (1980) dagli studi di Ursula Kirkendale, che sostiene sia stata decisa da Bach seguendo nientemeno che i principi della Institutio Oratoria di Quintiliano (che Bach effettivamente conosceva).
Savall struttura invece la sua Offerta in modo assai personale (e molti lo criticano per questo, ma già 40 anni prima di lui Karl Münchinger si era preso analoghe libertà) rispetto alle tradizionali versioni pubblicate ed eseguite. Lo specchietto che segue riassume le principali differenze fra l’edizione di Dörffel e la struttura di due esecuzioni di Savall, quella registrata da tempo su CD, ed ascoltabile sul tubo e quella eseguita ieri. La colonna di sinistra riporta i brani nella sequenza di Dörffel, cui ho aggiunto la numerazione di Gal, usata poi come riferimento nelle due colonne di Savall:
La presentazione del tema
regio (che viene anteposta da Savall al Ricercare
a 3, suonato come di consueto dal clavicembalo, e che inizia già di suo con
l’esposizione del tema) è affidata al Flauto
traverso, chiaro omaggio allo strumento prediletto dal regale dedicatario,
che aveva come maestro il massimo flautista del tempo, tale Johann Joachim Quantz.
Il Ricercare a 6 viene
ripetuto ed è collocato in modo da chiudere due immaginarie parti della Opfer,
mentre il lunghissimo Trio viene
anticipato e posto praticamente al centro dell’opera. Nella presentazione dei Canoni, talvolta Savall fa eseguire inizialmente
il tema da un singolo strumento, e poi via via introduce le altre voci (per poi
magari farle progressivamente tacere) animandone con ciò ulteriormente
l’atmosfera.
Altre peculiarità di questa esecuzione sono le ripetizioni dei da-capo nei canoni: per tradizione si tende ad eseguire due volte la sezione
intera e una terza volta la parte della sezione fino alla pausa (corona puntata,
o altro punto di cadenza conveniente). Savall invece esegue assai più
ripetizioni, a volte fino a cinque. Inoltre, nel canone Per tonos lui esegue il tema per sette volte (ripetendolo anche sul
DO superiore e… ritoccando la chiusa, per restare sul DO).
Il tutto, aggiungendosi alla doppia presentazione del Ricercare a 6, alle due versioni del
quarto dei Canones diversi e del Quaerendo invenietis, porta il tempo di
esecuzione abbondantemente oltre l’ora, rispetto ai circa 45-50’ delle
interpretazioni che si attengono alla struttura tradizionale.
L’ensemble – oltre allo
stesso Savall che suona due diverse viole da gamba, grande e piccola –
comprende altri sei strumentisti di: clavicembalo (Pierre
Hantaï),
flauto traverso (Marc Hantaï), due violini (Riccardo
Minasi e Mauro Lopes Ferreira), violoncello (Balázs Máté) e violone (Xavier
Puertas).
Una
parentesi sull’altezza dei suoni. Le esecuzioni come questa sono fatte con
strumenti d’epoca, o comunque accordati sul diapason
(Kammerton) dei tempi di Bach, che
era attorno ai 415Hz, circa un semitono più basso dell’attuale (440Hz). Ciò fa
sì che il DO (nella cui tonalità è espresso il Thema regium) suonato da quegli strumenti equivalga ad un SI emesso
da strumenti moderni. Se si ascoltano tutte le registrazioni fatte con
strumenti d’epoca (o surrogati), come quelle citate di Harnoncourt e Leonhardt,
ma anche quella dello stesso Savall (così come l’esecuzione di ieri) si può
notare quel fenomeno. Invece il citato Münchinger, impiegando un’orchestra da
camera moderna, suona l’Opfer con l’altezza del DO di oggi (che Bach
prenderebbe per un DO#!)
A parte la
disposizione dei brani, su cui si può eccepire, l’esecuzione è stata davvero
eccelsa, in un teatro quasi esaurito dove non si sentiva volare una mosca (salvo qualche isolata… espettorazione da primavera bagnata). Peccato che i bis abbiano un po’… guastato
l’atmosfera: ancora ancora il Bach della seconda suite (minuetto e badinerie)
ma il resto era proprio alieno al clima della serata!
C’è
chi sostiene – e con solidi argomenti, derivati
dalla minuziosa analisi della partitura, confrontata con altre della sterminata
produzione bachiana – che l’Opfer,
dietro l’apparenza laica (la dedica al Re Federico, che oltretutto non era
certo uno scrupoloso osservante) celi in realtà contenuti altamente e
profondamente religiosi (affini del resto alla personalità dell’Autore):
l’Offerta sarebbe l’Offertorio liturgico, il Re sarebbe quello dei Cieli, nel
Ricercare a 6 si ritroverebbe un riferimento criptato ai 10 Comandamenti, e
altri simili indizi.
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