Atto I, scena IV: Wozzeck arriva dal Doktor, per il quale fa da
cavia in cambio di pochi soldi che regolarmente versa a quella… ehm… madre di
suo figlio, a nome Marie.
Nel (frammentario) originale di Georg Büchner del 1836-7 – che Berg conobbe nella ricostruzione di Karl Emil Franzos, imprecisa persino nel nome, in realtà Woyzeck - uno dei compiti della cavia è riempire una provetta con la sua urina, che il Doktor analizzerà per formulare le sue teorie che dovrebbero (secondo lui) garantirgli il Premio Nobel. Capita però che Woyzeck, invece di tenere la pipì per farla poi nella provetta del Doktor, la faccia contro un muro per strada, osservato dalla finestra dello studio dal medesimo scienziato, che quindi lo rimprovera aspramente:
DOKTOR:
Ich hab's gesehn, Woyzeck; er hat auf die Straß gepißt, an die Wand
gepißt, wie ein Hund. –
Und doch drei Groschen täglich und die Kost!
Woyzeck, das ist schlecht; die Welt wird schlecht, sehr schlecht!
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DOTTORE:Ho visto, Woyzeck; lei ha pisciato per strada, ha pisciato contro un muro, come un cane. –
E ancora le dò
tre soldi ogni giorno più il vitto!
Woyzeck, ciò è
male; il mondo diventa cattivo, molto cattivo!
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Nello stendere il suo libretto – operazione che
comportò la ristrutturazione delle scene e numerosi tagli - Berg cambiò le carte
in tavola toilette (!) e mise in bocca al Doktor un rimprovero a prima
vista (e anche a...seconda) inverosimile e strampalato:
DOKTOR:
Ich habs gesehn, Wozzeck , Er
hat wieder gehustet, auf der Straße gehuset, gebellt wie ein Hund!
Geb’ ich Ihm dafür alle Tage
drei Groschen?
Wozzeck! Das ist schlecht! Die
Welt ist schlecht, sehr schlecht!
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DOTTORE:
Ho visto, Wozzeck, che ha di nuovo tossito, ha
tossito nella strada, abbaiando come un cane!
È per questo che le do ogni giorno tre soldi?
Wozzeck! È male questo! Il mondo è cattivo, molto
cattivo!
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Ed altri riferimenti all’orinare presenti nella scena vennero da Berg sostituiti con il tossire. Gli esegeti si sono ovviamente scervellati per trovare le ragioni di questa bizzarra modifica all’originale (il quale è assolutamente coerente e verosimile, date le circostanze) che Berg apportò per proporci in cambio qualcosa di banale e pochissimo plausibile. Si è ad esempio spiegato che Berg soffriva d’asma e che quindi, identificandosi con il protagonista del suo dramma, lo abbia voluto contagiare con la sua patologia. O che dietro ci fossero contorte ragioni legate all’antisemitismo (ricordiamo che Berg non era ebreo). Mah…
In ogni caso c’è chi non si rassegna, e ripropone (con quanta autorevolezza non saprei dire) la pipì al posto della tosse: lo fece Maderna nel film del 1970 (a 26’19”) poi Carlos Kleiber (qui a 1’02”) quindi anche Claudio Abbado (a Vienna, a 24’34”) oltre alla premiata coppia Chéreau-Barenboim (e magari altri ancora…)
Perché invece
non accettare la spiegazione più ovvia e immediata, che cioè Berg si sia fatto
prendere da una specie di pudore (e magari dal timore della censura…) nel
presentare nella sua opera - pur zeppa di bassezze materiali e morali - un
gesto comunemente considerato osceno e indecente? Certo, oggi le cose sono
cambiate e noi, mentre raccogliamo diligentemente (e con le mani) le deiezioni
dei nostri cagnolini, assistiamo con fatalistica indifferenza alle pisciate di
cristiani (o islamici, fa lo stesso) sui muri delle nostre strade. Ma io ricordo
benissimo (dalla mia infanzia) come gli atti di… bio-dumping fossero considerati cose sporche e inconfessabili. Nel
profondo sud delle valli bresciane circolava – non molti anni dopo la fine della
guerra – una barzelletta che aveva per protagonisti due adolescenti: dopo un
vespro domenicale si infrascano in un bosco e lei (le femmine sono sempre più
precoci dei maschietti, si sa) di punto in bianco sbotta (cerco di scrivere in dialèt bresà): Giani, fòm le bröte robe? E lui, dopo un attimo di perplessità e di
sconcerto, concorda entusiasta: Sé dài,
cagòm!
Evabbè, se
proprio la spiegazione legata al pudore (o alla censura) non convince, allora
non resta che concludere che neanche l’atonalità consentì a Berg di inventare
il Leitmotif della pipì!
(4. fine)
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