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11 gennaio, 2020

laVerdi-19-20 - Concerto n°12


É ancora il Direttore Musicale a calcare il podio dell’Auditorium proponendo per il primo concerto del 2020 un programma super-tradizionale. Nella prima parte occupato da Beethoven con un’Ouverture e un Concerto, nella seconda da Strauss con uno dei suoi più noti Tondichtungen.

Si parte quindi con Coriolano, una Ouverture che Beethoven compose per la tragedia di vonCollins. A proposito di tragedie, in questa vecchia pubblicità - che si conclude proprio con le note di apertura del Coriolano - compare a più riprese il teatro di una recente tragedia che ancora grida vendetta...

L’Ouverture poggia classicamente su due temi contrastanti, che evocano la vicenda di Coriolano: il primo, DO minore, introdotto da poderosi schianti dell’intera orchestra, è davvero drammatico, come l’intera esistenza del condottiero romano, conclusa - almeno stando a Cicerone - con tanto di suicidio; il secondo, MIb maggiore, di carattere elegiaco, femminile, contemplativo, vuol evocare la figura della madre che scongiura Coriolano di non attaccare la sua città.

É interessante notare come viene gestito il passaggio dal primo al secondo tema da interpreti diversi (si noti che Beethoven per quel punto - e per l’intero brano, per la verità - non indica alcun segno di agogica, niente variazioni di tempo (Allegro con brio) e nemmeno piccole pause, nulla. Così esegue quel passaggio Claudio Abbado (1’23”) che si limita ad un’impercettibile presa di respiro sulla forchetta del diminuendo (lo si osservi sulla pagina di partitura) che porta al SOL di attacco del secondo tema. Anche Riccardo Muti rispetta la lettera beethoveniana (1’21”). Così fa Bernstein (1’31”) cui si può caso mai rimproverare l’eccessiva sostenutezza generale del tempo.

Ecco invece il Furtwängler in piena guerra: a 1’23” rallenta vistosamente il tempo, poi lo riprende ma sempre sotto quello indicato dall’Autore: per qualcuno sarà pure un bell’effetto, per me... un effettaccio! Il suo epigono Thielemann vuol dimostrare di saper superare il maestro, così si permette quello che considero un autentico obbrobrio (2’06”): ferma addirittura il treno, poi lo fa ripartire come una lumaca! Io queste le chiamo pisciatine del cane che vuol segnare il territorio...

Flor? Beh, nulla di meno che perfetto! E non solo in questo passaggio, ma in tutta l’Ouverture, tenuta sempre in massima tensione, fino ai tre DO pizzicati degli archi (indovinate dove li ritroviamo?)   
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Ecco poi il 71enne (ma non li dimostra!) Christian Blackshaw sedersi alla tastiera per deliziarci con il più difficile e impegnativo (almeno secondo il parere mio, e non solo mio) dei cinque concerti beethoveniani: il Quarto. Che lui interpreta proprio in punta di... polpastrello, dandogli un’impronta settecentesca (non a caso lui è uno specialista di Mozart). Flor lo asseconda al meglio trattenendo l’orchestra, salvo gli scoppi del rondò finale.

Un’esecuzione coi fiocchi, accolta dal folto pubblico con grandissimo calore, che il canuto Christian ripaga con una trascendentale esecuzione della Sarabanda dalla Prima Partita in SIb per clavicembalo di Bach.
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Also sprach Zarathustra ha chiuso in bellezza la serata. Strauss, quando giurava di non aver preteso di fare della filosofia in musica, mentiva spudoratamente: intanto perchè, almeno da Beethoven in poi, quasi tutta la musica strumentale aveva tratto ispirazione da programmi interni (e a volte anche esterni...) di natura filosofica o religiosa, e poi perchè è proprio la musica composta da Strauss après une lecture de Nietzsche ad essere ricca di significati filosofici.

Basterà osservare le ultime 8 battute del poema, dove due tonalità (SI e DO) che hanno in precedenza sostenuto rispettivamente lo spirito dell’Uomo e l’evocazione della Natura si fronteggiano come in un estremo braccio-di-ferro: e quando pare che sia la prima – l'Uomo, lo Spirito - ad avere il sopravvento, ecco che la seconda, la Natura, si riprende l'ultima parola, per quanto appena appena esalata: in pizzicato, violoncelli e contrabbassi (con i tromboni a far da pedale armonico) ne ripercorrono, due volte, il tema originariamente esposto alle battute 5-6 dalle quattro trombe (l'ascensione DO-SOL-DO) e infine, dopo l'ultimo accordo di SI maggiore dei flauti, col violino solista sulla dominante FA# sovracuto, chiudono, sempre in pizzicato, con tre DO gravi (ma guarda un po’, praticamente copiati dalla chiusura del Coriolano!) Ha vinto quindi la Natura? Mah, Strauss sembra voler sfumare il concetto: poichè il nostro orecchio fatica assai a distinguere, nel grave e in tripla p, un DO da un SI...

Palco gremito come capita di rado (e Strauss avrebbe addirittura preteso di più...) e prestazione maiuscola di tutti, Santaniello in testa (per i suoi walzerini, haha...) che ha suscitato lunghe e meritate ovazioni.

3 commenti:

Angelo ha detto...

Caro Daland,
prendo atto che non si è dilungato nel recensire il pezzo di Strauss, limitandosi a dire che “ha chiuso in bellezza la serata”; e verso la fine aggiungendo “prestazione maiuscola di tutti”. A mio modesto, modestissimo avviso orchestra e direttore avrebbero dovuto provare di più il brano (certo, assai impegnativo) di Strauss. In ripetuti momenti di pieno orchestrale non c’era coesione, e ne usciva un suono caotico, ahinoi! Certo, il pubblico de la Verdi è sempre generoso e si lascia impressionare dai decibel, dunque applaude, però ….
Eccezionale invece il pianista. Non l’avevo mai visto/sentito, ma l’ho promosso a pieni voti!
P.S. Tornando a Strauss: io parlo della recita di domenica, ma non penso che venerdì fossero tutti più "riposati" e domenica "stanchi"!
Angelo

daland ha detto...

@Angelo
Grazie del commento: sì, alcuni passaggi dello Zarathustra tendono naturalmente al "caotico" e distinguere il caos "organizzato" (dal compositore) da quello realizzato dall'orchestra non è sempre facile! Non credo che domenica i ragazzi fossero più stanchi, anzi di solito la seconda o terza esecuzione migliora le cose... Mi pare che la precedente esecuzione fosse di qualche anno addietro (con Xian) e anche allora qualche imperfezione c'era stata.
A presto!

Angelo ha detto...

Senza dubbio alcuni "fortissimo" di questa Tondichtung suonano caotici proprio per come sono stati scritti, sicché è impossibile (forse anche per un musicista?) separare questo da un eventuale caos imputabile all'esecuzione. Ma le ultimissime misure sono lasciate praticamente solo ai flauti, e allora si capisce se l'orchestra è all'altezza della partitura o no. A me sembrava che le loro entrate non fossero precise, sentivo delle "sbavature" :-(
Angelo