Per
quanto gli uomini, ammucchiati in uno stretto spazio a centinaia di migliaia, cercassero di isterilire quella terra sulla quale si
stringevano; per quanto coprissero quella terra di pietre affinchè nulla più ci
crescesse; per quanto estirpassero ogni stelo di erba che vi germogliava; per
quanto appestassero l’aria col carbon fossile ed il petrolio; per quanto
tagliassero le piante e cacciassero tutti gli animali e tutti gli uccelli; –
pur tuttavia la primavera era la primavera, anche in città. Il sole riscaldava,
l’erba spuntava, cresceva e verdeggiava dovunque non la strappavano, e non solo
sulle zolle dei giardini pubblici, ma
anche fra i ciottoli delle vie; e le betulle, i pioppi, i viscioli allargavano
i loro rami e le loro foglie odorose, ed i tigli gonfiavano le loro gemme pronte
a sbocciare; i corvi, i passeri ed i colombi preparavano allegramente i loro
nidi, e le mosche ronzavano vicino ai muri delle case, riscaldati dal sole. Ed
erano allegri gli uccelli, gl’insetti, e le piante, ed i bimbi. Ma gli uomini –
gli uomini adulti – non cessavano dall’ingannare e dal tormentare sè stessi e
gli altri. Gli uomini consideravano per savia ed importante non quella
mattinata primaverile, non quella bellezza del mondo di Dio, data per il bene
di tutti gli esseri, – quella bellezza che predisponeva alla pace, all’accordo,
all’amore; ma invece solo sacro ed importante ciò che essi stessi avevano inventato
per dominare gli uni sugli altri.
Greta? Francesco?
Queste parole di assoluta attualità sono l’apertura
di Risurrezione
di Leo Tolstoi, 1899. Da questa
novella nel 1902 Henry Bataille trasse il testo di una pièce teatrale che fu vista da Franco Alfano. Il quale ne rimase tanto
colpito da decidere di metterla in musica; ma le pretese eccessive del
letterato francese indussero
il compositore a ripiegare su una soluzione diversa: un libretto (affidato a Cesare Hanau, supportato dal drammaturgo
Camillo Antona-Traversi) direttamente ispirato a
Tolstoi e non a Bataille, il che spiega le non banali divergenze fra il testo
del francese e quello dell’italiano.
L’OF ospiterà
fra pochi giorni quattro rappresentazioni di quest’opera
che ebbe un discreto successo al suo apparire, per poi... sparire o quasi dai
cartelloni dei Teatri. Quando Alfano la presentò a Torino Giacomo Puccini aveva da meno di un anno sfornato la Butterfly, e certo non immaginava che
una ventina d’anni dopo proprio al giovane collega partenopeo sarebbe stata
affidata la sua tormentata e incompiuta Turandot
per portarla... all’altare.
Il lavoro di Tolstoi ha caratteristiche piuttosto
particolari, anche se non certo insolite per un’opera letteraria di quel genere:
è infatti un racconto pieno di flash-back
che mal si adatta al teatro (di prosa o musicale, cambia poco) e che la stessa
cinematografia ha le sue belle gatte da pelare per rendere in modo efficace. Tolstoi
apre il suo racconto proprio in-medias-res,
in questo caso nel bel mezzo cronologico della sua storia (il processo a
Caterina) metà della quale apprenderemo via via, appunto, come ricordi e
riferimenti al passato, e l’altra metà come descrizione di eventi successivi,
fino alla catartica conclusione. La pièce di Bataille e il libretto di Alfano-Hanau
seguono invece un percorso rettilineo, che parte dall’evento scatenante del
dramma (il prolifico incontro nella
notte di Pasqua fra Dimitri e Caterina) e da lì procede fino alla fine.
Va
subito sottolineato come le due riduzioni teatrali (Bataille e Alfano-Hanau) si
concentrino esclusivamente (e, direi, appropriatamente, essendo opere destinate
al teatro) sulla vicenda umana dei due protagonisti (Dimitri e Caterina) che
invece in Tolstoi rappresenta - si potrebbe dire - solo il pretesto per
l’esposizione di un vero e proprio trattato
scientifico-antropologico-politico-giuridico-religioso, con tanto di critica
corrosiva della società del suo tempo! Nel racconto del russo - che ha risvolti
autobiografici - troviamo lunghissime dissertazioni sulla problematica della
proprietà privata, in particolare di quella delle terre; e le proposte
concrete, con tanto di contrattualistica, che il Principe Dimitri fa ai
contadini dei suoi poderi essendo intenzionato a cedere loro la terra. Non
parliamo poi della tematica relativa all’amministrazione della giustizia e
delle carceri, con tanto di analisi dettagliate di leggi, norme, consuetudini e
soprattutto con l’elencazione di casi che testimoniano infinite storture e
brutalità del sistema. Ancora: argomenti squisitamente politici e ideologici,
che occupano la mente di Dimitri, la cui parabola passa da un ingenuo idealismo
adolescenziale, al conformismo che subentra con la maggiore età e il contatto
con l’ambiente della nobiltà e dell’esercito, comprese le attitudini da libertino verso le
donne (testimoniate anche da una relazione con una nobile sposata) di cui la
povera Caterina diventa vittima; e infine - dopo il drammatico e quasi casuale
incontro in tribunale con la ragazza sedotta anni prima e ora imputata di
omicidio - il subentrare, attraverso il senso di colpa, di una volontà di
riparazione, non solo del male fatto alla ragazza, ma del male dell’intero
universo... maturando con ciò idee che oggi definiremmo catto-comuniste, un
misto di radicalismo e filantropia, di cui è lampante esempio
l’incontro-scontro con il cognato, membro dell’establishment
dell’amministrazione giudiziaria e portatore di idee conservatrici, se non
proprio reazionarie. Il racconto di Tolstoi si chiude con Dimitri che rilegge il
Vangelo dopo l’addio di Caterina,
rifiutatasi di accettare la sua proposta di matrimonio riparatore, il che fa esplodere
in lui una profonda fede religiosa, che ispirerà la sua vita futura (Risurrezione!)
La mappa che segue reca le indicazioni
delle principali località di cui si parla nel romanzo:
Panovo
è la residenza delle zie di Dimitri, presso le quali il giovane aveva passato,
da laureando, un periodo di vacanza, iniziando una tenera amicizia con la piccola Caterina.
A distanza di pochi anni - ufficiale dell’Esercito - ci torna per trascorrere
la Pasqua prima di andare a Odessa, e di lì al fronte per la guerra contro i
turchi. Nella notte di Pasquetta mette incinta Caterina. (Si noti che Tolstoi
ci rivela il nome del villaggio solo al 62° capitolo del racconto, dopo averne
parlato già in lungo e in largo!) Alla periferia sud-est di Mosca (Kusminskoie) c’è il possedimento
della madre di Dimitri, che lui deciderà poi di cedere ai suoi contadini. A Mosca
(lo si deduce dal contesto, non viene detto esplicitamente!) si svolge anche -
dopo qualche anno da quella Pasqua con Caterina - il processo alla ragazza (nel
frattempo finita in casa di tolleranza) nel quale Dimitri fa da giurato
popolare. A Pietroburgo si svolge la sessione del Senato in cui si discute la
richiesta di cassazione del processo a Caterina, richiesta promossa da Dimitri
ma respinta, il che comporta per la donna l’esecuzione della pena: lavori
forzati in Siberia. Nizni (allora capolinea della ferrovia) Perm, Ekaterinburg,
Tjumen e Tomsk sono le città citate nel romanzo e incontrate sul percorso di
Caterina e dei deportati in Siberia, che Dimitri ha seguito, intenzionato a
convincere la donna a sposarlo: dopo Tomsk la marcia prosegue ancora, ma senza
che venga esplicitamente citata la località (forse Krasnojarsk...o l’ancor più
remota Irkutsk) dove avviene la definitiva separazione fra Dimitri e Caterina.
Tolstoi
non dà precise indicazioni sull’epoca degli avvenimenti, ma il periodo storico
si può abbastanza plausibilmente individuare in quella decina d’anni che
decorre dallo scoppio della seconda guerra Russia-Turchia (1877): un indizio di
ciò è nella presenza della ferrovia che passa nei pressi di Panovo, che Dimitri
usa per andare al fronte turco, che certo non poteva esistere al tempo della
prima guerra (quella di Crimea, per intenderci, che è del 1853-56).
Ora,
dovendo ridurre un
tomo di 800 pagine (129 capitoli suddivisi in tre parti) ad un testo
teatrale, o a libretto d’opera, è evidente che si dovessero fare delle scelte.
Lo schema sottostante riporta sinteticamente la struttura dei due lavori
teatrali di Bataille
e Hanau(-Alfano):
Come si può notare, le due riduzioni
hanno alcune parti importanti in comune, ma altre diverse, a conferma
dell’indipendenza del libretto di Hanau dal testo di Bataille. Entrambi
contengono inoltre parecchie divergenze rispetto all’originale di Tolstoi,
quasi inevitabili in casi come questo: quando si prendono, da un enorme
mosaico, soltanto alcune tessere per costruirne uno più ridotto, è fatale che
le tessere scelte poi non combacino più perfettamente, il che costringe a
qualche... acrobazia per far tornare i conti. Incominciamo da Hanau. Il quale,
nel secondo atto, modifica radicalmente la vicenda del mancato incontro fra
Caterina e Dimitri alla stazione di Panovo.
Tolstoi: Dimitri è di ritorno dal
fronte, ma fa sapere alle zie di non aver tempo di fermarsi nemmeno un giorno;
è probabile che voglia evitare di incontrarsi con Caterina, che ancora abita lì
(la sua gravidanza è tuttora un segreto, scoperto il quale verrà brutalmente
cacciata): lei quindi, avendo evidentemente avuto l’informazione del giorno e
ora di passaggio da Panovo del treno su cui viaggia Dimitri, si propone di
parlargli in quei tre minuti di sosta del treno alla stazione, in piena notte.
Purtroppo non ci riesce, per banali contrattempi.
Ora,
costruire su questo prosaico episodio un intero atto d’opera sarebbe davvero
dura... ed ecco che allora Hanau si inventa tutto di sana pianta: che Dimitri
si ferma dalle zie per qualche giorno e (per matematica conseguenza) che la
gravidanza di Caterina è stata già scoperta, portando alla cacciata della
giovane dalla casa (altrimenti i due si incontrerebbero proprio lì, dalle
zie...) Quindi si vede costretto ad inventare che Caterina abbia saputo da
qualcuno della presenza a Panovo di Dimitri e del giorno della sua partenza, e
che si rechi quindi alla stazione per incontrare il padre della creatura che
porta in pancia (domanda: perchè non va direttamente a cercare Dimitri?) Ma adesso bisogna anche inventare un motivo per il quale
l’incontro va a vuoto: ed ecco quindi la creazione del personaggio (muto) di
Nora, che accompagna Dimitri e la cui presenza trattiene Caterina dal farsi
avanti con l’amato (!)
Transigiamo
sull’inspiegabile scambio di ruoli nel ricordo della corsa nei prati (in Tolstoi
è lui che cade in mezzo alle ortiche, non lei, come nell’opera!) e sulla collocazione
di Hanau della prigione di Caterina a Pietroburgo, invece che a Mosca, come
correttamente fa Bataille. Il quale, da parte sua, costruisce il suo secondo
atto mescolando due distinti episodi del romanzo: il battibecco a sfondo
ideologico fra Dimitri e il cognato, e la rottura del fidanzamento dello stesso
Dimitri con Missy. Comune a Bataille e Hanau è l’invenzione - nell’ultimo atto
- della Pasqua in Siberia (in Tolstoi il racconto si chiude ancora in pieno
inverno e sul mistico colpo-di-fulmine di Dimitri).
L’opera di Alfano viene (non proprio unanimemente)
definita come verista: ma è un
verismo (almeno secondo me) che si riduce a qualche contenuto musicale
particolarmente carico di colori ed eccessi drammatici. Nella sostanza, il
verismo autentico è in Tolstoi! Insieme all’assoluta coerenza del testo. Basta
osservare come ci viene presentata dallo scrittore russo la vicenda della
seduzione pasquale: Dimitri si era già, per così dire, traviato nei tre anni
precedenti, con l’ingresso in società e il suo approccio verso Caterina in
quella fatale Pasqua-Pasquetta, dopo un iniziale quanto fugace slancio
romantico, fu di pura libidine e carnalità, desiderio maschilista di possesso:
per tutta la giornata di Pasqua lui non fece che pensare a come possederla e
per tutta la notte successiva non fece altro che darle letteralmente la caccia,
fino a raggiungere il suo libidinoso obiettivo (infatti ricompensato con una
banconota da 100 rubli, consegnata quasi di forza alla povera ragazza, trattata
quindi come una prostituta!)
La
stessa chiusa dell’opera è quanto di più melodrammatico (ma anche banalotto) si
possa immaginare: il duetto strappalacrime fra due che si giurano amore e
contemporaneamente si lasciano... e l’invenzione (mutuata da Bataille) della Pasqua
siberiana con quella reiterata invocazione Cristo è risuscitato! che sa tanto di sagra
paesana (dove magari spadroneggia la più grande ipocrisia). Tolstoi al
contrario ci mostra il distacco fra Dimitri e Caterina con grande realismo (i due
si lasciano come buoni amici, senza alcuna enfasi); e poi chiude con un
fulminante concetto: dopo la lettura del Vangelo, che Dimitri fa la notte
successiva, preparandosi a tornare in Russia, nulla - per lui, almeno - sarà
più come prima!
___
Sul piano
musicale siamo di fronte - sempre a parere mio personale - ad un velleitarismo
degno di miglior causa. Per carità, si può apprezzare la buona volontà di
questo 28enne che cerca di farsi largo seguendo la corrente italiana che in
quel momento pareva prevalere, ma i risultati sono piuttosto modesti. E non a
caso lo stesso compositore abbandonerà assai presto il filone verista per
cercare altre strade originali (Sakuntala
ne sarà un frutto apprezzabile). Tornando a Risurrezione,
a parte pochi spunti (da contarsi col contagocce) non trovo in quelle quasi due
ore di musica molto di coinvolgente, nulla che faccia vibrare genuinamente
qualche corda interiore. È un quasi continuo recitativo accompagnato (o arioso al massimo) su motivi abbastanza
anonimi, poco scolpiti e poco penetranti, che devono oltretutto supportare un
testo di per sè piuttosto piatto e incolore. Qui una delle poche
registrazioni dell’opera, dove di apprezzabile c’è soprattutto la
straordinaria voce di Magda Olivero.
Insomma: un’opera appena appena interessante, certo non bella. Possiamo sperare che il bravo Lanzillotta e la creativa Cucchi ce la rendano almeno interessante! Venerdi 17 alle 20 su Radio3 la prima.
Insomma: un’opera appena appena interessante, certo non bella. Possiamo sperare che il bravo Lanzillotta e la creativa Cucchi ce la rendano almeno interessante! Venerdi 17 alle 20 su Radio3 la prima.
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