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31 agosto, 2016

La Rotterdam Philharmonic a Rimini


In una Rimini ancora immune dal grande contro-esodo (spiagge e alberghi tuttora in assetto quasi-ferragostano... vuoi vedere che il PIL sta crescendo?) ha aperto ieri i battenti – in una sala di 1500 posti del Palacongressi piacevolmente gremita di pubblico - la stagione concertistica della 67a Sagra Musicale Malatestiana, ospiti (per un ritorno a tre anni di distanza) la prestigiosa Rotterdam Philharmonic, guidata dal suo Direttore Yannick Nézet-Séguin, e la premiata coppia Renaud&Gautier Capuçon.

Essendo giornata di lutto nazionale, a Orchestra accordata e Direttore sul podio viene osservato un minuto di silenzio in memoria delle vittime del terremoto che ancora sta sconvolgendo zone d’Italia non troppo lontane da qui.

Il concerto è aperto da un’autentica primizia: l’Ouverture di un’opera semi-sconosciuta e rarissimamente rappresentata di Josephus Haydn, L’isola disabitata (libretto del Metastasio) composta sul modello di Gluck (recitativi sempre accompagnati). Una specie di variante molto, molto semplificata ed edulcorata del mozartiano Ratto, con il quale ha in comune la presenza di due coppie che sono protagoniste del quartetto che chiude l’opera con un classico lieto fine.
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L’Ouverture (qui eseguita dal venerabile Harnoncourt con i suoi del Concentus) si apre in SOL minore con un’introduzione di 22 battute in tempo Largo di 3/4 e ambientazione cupa; introduzione che chiude adagiandosi sulla dominante RE. Segue (1’33”) un Vivace assai (4/4, sempre SOL minore) dove viene esposto il tema principale. Dopo un breve ponte ecco che, alla battuta 47 (2’05”) il tema viene riproposto, variato e sviluppato, nella tonalità relativa di SIb maggiore, sulla quale entra poi - a battuta 76 (2’41”) - un controsoggetto, sempre in SIb, di sapore più elegiaco. A battuta 95 (3’13) sempre in SIb, udiamo una nuova variante del tema, che dopo un ulteriore sviluppo torna al SOL minore d’impianto che prepara (battuta 132, 4’00”) la ricomparsa del tema nella sua forma originaria, tema che viene ulteriormente sviluppato e sfocia in una cadenza sulla dominante RE. Essa prelude all’attacco in 3/4 di un Allegretto in SOL maggiore, che si configura come un Trio in due sezioni (entrambe ripetute): la prima (battuta 165, 4’44”) e la seconda (battuta 176, 5’15”) più lunga. Il trio si chiude da battuta 197 (6’27”) con una coda che porta (battuta 214, 7’05”) alla ripresa del Vivace assai (4/4) con il tema in SOL minore, che chiude rapidamente l’Ouverture.  
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Pregevole l’esecuzione dei filarmonici olandesi, schierati qui in organico ridotto di fiati (1 flauto, 2 oboi, 1 fagotto, 2 corni) e invece con ampia sezione di archi, che l’imparruccato Haydn certo non aveva a disposizione quel lontano giovedì 6 dicembre 1779, quando l’opera andò per la prima volta in scena in occasione dell’onomastico del suo “patron” Nicholaus Esterházy.
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Ecco poi il Doppio Concerto di Brahms, interpretato dai due Capuçon: Renaud al violino e Gautier al cello (fra i due corrono meno di 6 anni, e il primo ne ha poco più di 40). I due si sono presentati in abbigliamento da perfetti... baristi (smile!): oltretutto nessuno direbbe mai che siano fratelli, tanto diversi sono i loro aspetti esteriori.

Però, accipicchia, hanno dato gran prova di sè, in questo concerto difficile e ostico per chi lo ascolta e ancor più – immagino - per chi lo esegue. Da incorniciare, in particolare, l’Andante centrale, dove i due solisti sono in grande evidenza e dove i due fratelli hanno saputo cavar fuori dai loro strumenti pregevoli sonorità, sempre ben spalleggiati dall’Orchestra, che il Direttore guida con gesto forse un po’ troppo plateale, ma evidentemente efficace.
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Chiusura magniloquente con la tardo-romantica Seconda Sinfonia di quel gran consumatore di alcool che rispondeva al nome di Jan (Jean) Sibelius. Ispirata dalla natura di Rapallo (evidentemente quel mare fa bene alla fantasia dei musicisti, visto il precedente di Wagner che a Lerici inventò il Preludio del Rheingold) è, con la Quinta, la più eseguita del finnico. Sul suo contenuto ho già espresso un personalissimo parere non proprio... edificante in occasione di una sua precedente proposta de laVERDI con Marshall.

I Rotterdamer e Nézet-Séguin fanno di tutto per farcene apprezzare anche il lato poco... apprezzabile, così ne è uscita un’esecuzione vibrante, carica di chiaroscuri e di contrasti, dove i fiati in particolare (tutti eccezionali poi gli ottoni: corni, trombe, tromboni, tuba) hanno recitato la parte del leone.

Ripetute chiamate finchè il Direttore mima una bevuta con successiva dormita per convincere il pubblico che si è fatto tardi ed è ora di rincasare. Quindi, niente bis, ecco.

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