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01 ottobre, 2014

Mehta creatore alla Scala

 

La stagione concertistica del Teatro è stata aperta Iunedi da Zubin Mehta con l’esecuzione dell’oratorio Die Schöpfung (La creazione) di Josephus Haydn. Ieri sera la prima delle due repliche (oggi l’ultima) in un Piermarini che presentava più di un vuoto qua e là.


A Milano quest’opera era ultimamente risuonata un paio d’anni fa nella Sala grande del Conservatorio, proposta in chiusura del MITO-2012 da Helmuth Rilling con i suoi complessi orchestrali e vocali di Stoccarda. Nell’occasione avevo scritto alcune note, focalizzate principalmente su quell’autentico gioiello che è l’Ouverture.

Rispetto a Rilling, Mehta ha messo in campo una squadra un po’ più nutrita: il coro SATB di Casoni era di 60 elementi (17-17-14-12) rimasti in 59 proprio alla fine per la defezione di un soprano (speriamo per lei non si sia trattato di nulla di grave…) e gli strumentisti erano 50 (51 nella terza parte, dove si aggiunge un terzo flauto) più timpani e tastiera.

Ai tre interpreti principali - il soprano Julia Kleiter, il tenore Peter Sonn e il basso Thomas E.Bauer - si è aggiunta Lilly Jørstad, mezzosoprano dell’Accademia scaligera, per cantare 4 Amen (neanche una quarantina di note…) nell’Andante conclusivo (di solito per questa incombenza si fa avanzare una componente del coro). La Kleiter non mi è parsa impeccabile, soprattutto negli acuti e nelle volate di semicrome che costellano la sua parte. Meglio han fatto il tenore e il basso.

Con scelta (per me) infelice, anche se non rara, si è fatto dopo la seconda parte un intervallo in piena regola, che finisce per rompere l’unità dell’opera e la concentrazione del pubblico: credo che un’ora e cinquanta minuti filati dovrebbero essere più che sopportabili sia per gli interpreti che per il pubblico.

Ad ogni buon conto, il successo è stato pieno e meritato.  

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