Gaetano D’Espinosa ridà il
cambio a Zhang Xian sul podio dell’Auditorium per dirigere un concerto del
genere testa-coda. No, non parlo delle ultime
esibizioni della Ferrari, ma dell’accostamento degli autori in programma: poi, quale
sia da considerare testa e quale coda… lo stabilisca ciascuno in piena libertà
(smile!) La prima parte della serata
presenta due opere, diciamo, contemporanee: fra loro e a noi; la seconda ci
ripropone un celeberrimo titolo del profondo ottocento.
I due pezzi di
musica (cosiddetta) moderna sono in programma
per via dell’apparentamento con il Festival di Milano Musica, nel cui cartellone figura questo concerto in Auditorium. Si tratta di
opere di due compositori scomparsi e purtroppo in modo prematuro: Armando Gentilucci a 50 anni († 12 novembre, 1989) e Fausto Romitelli (cui è
dedicato il citato Festival) a soli 41 († 27 giugno, 2004).
Di Gentilucci
abbiamo ascoltato la corposa Suite
dall’opera Moby Dick, unica composizione teatrale del leccese, che vi
aveva dedicato gli ultimi anni di vita e che non è ancora mai stata portata in
scena. Trattandosi di musica per il teatro, è ovviamente legata al famoso
soggetto di Herman Melville, quindi
ci troviamo sottotitoli come: la nave, i mare, il tifone, la balena e i gorghi.
I vari numeri (7) sembrano in effetti galleggiare su un tranquillo tappeto di
suoni cui arpa e celesta in particolare conferiscono un carattere… liquido. Non
mancano ovviamente pochi squarci drammatici, come il tifone e i gorghi. Se devo
proprio essere sincero, nulla di paragonabile, per dire, ai preludi marini del Grimes.
Ecco poi una prima assoluta: Meridiana, composizione giovanile
(26 anni) del goriziano Romitelli, scovata dopo la sua morte fra le sue carte e
recentemente pubblicata. Pare che nessuno ne sappia nulla, quindi ignota è
anche l’origine del titolo: potrebbe essere indifferentemente l’orologio solare
o la compagnia aerea. Personalmente – sentita la musica – propenderei per una
variante friulana dell’après-midi… dove
tutto è calma, rotta tutt’al più da sommessi ronzii di qualche insetto.
Ecco, saldato
il debito con la modernità (smile!) ci
siamo stomacati con una bella fettona di sacher
all’amburghese (stra-smile!): la Quarta
di Brahms. D’Espinosa ha
messo sulla torta qualche pizzico di… peperoncino (piccoli scarti di tempo)
così da rendercela meno abitudinaria. L’orchestra ha risposto bene (Max Crepaldi in testa, con il suo
splendido recitativo al flauto nel Finale)
ma non direi proprio benissimo, e i corni hanno lasciato un poco a desiderare,
specie nel grandioso corale della
conclusiva passacaglia. Ma nessuno ha
protestato, al contrario!
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