Ieri
pomeriggio l’Auditorium di Largo Mahler (quello de laVERDI) ha ospitato la
presentazione dell’ultimo (per ora…) libro di Paolo Isotta. Il quale è personalmente intervenuto, di fronte ad alcune centinaia di
persone sedute in platea (compreso il venerabile Bonaldo Giaiotti, oltre ai giovani Direttori di casa Jader Bignamini e Giuseppe Grazioli) per raccontare – con la sua proverbiale e
corrosiva arguzia partenopea - le origini e le vicissitudini di questa specie di
non-autobiografia. In essa il critico musicale oggi più discusso in Italia ha raccolto
le esperienze di tutta una vita – fino ai recenti burrascosi rapporti con la Scala - mescolando volgari pettegolezzi e
frecciatine (o frecciatone, proprio da querela) contro questo o quello a sempre
acutissimi (condivisibili o meno che siano) giudizi su personaggi, opere, idee,
correnti di pensiero, luoghi e fatti della musica (e non solo) di ogni tempo e luogo.
Chiudendo poi il suo intervento con un simpatico omaggio al suo grande
conterraneo Giovan Battista Basile.
A spiegazione del
titolo del tomo (600 pagine!) veniamo a sapere – ma è anche scritto nell’Avvertenza che lo apre - che uno degli
elefanti che – a suo credere – protegge Isotta fin dall’infanzia è Babar, protagonista della favola di Brunhoff
musicata da Poulenc per voce recitante e pianoforte. Che ci è stata puntualmente e piacevolmente
proposta (in italiano) da un caro amico di Isotta, Peppe Barra, accompagnato dalla brava Carlotta Lusa, un’esile giovinetta che suona spesso ne laVERDI le
parti per tastiera (pianoforte e
celesta).
Barra ha poi
chiuso l’incontro divertendoci con la sua versione de La vecchia scorticata, da Lo cunto de li cunte, ossia il
Pentamerone
di Basile.
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