Ieri sera laVerdi è stata ospite del Piermarini
per un concerto a sostegno delle benemerite attività della LILT.
Il programma
ricalcava in parte quello dell’ultimo concerto della stagione dell’Orchestra,
ed anche i protagonisti erano gli stessi: Wayne
Marshall ed Emanuele Arciuli. La
prima parte della serata era infatti occupata dal Concerto di Grieg. Le tre repliche all’Auditorium
dei giorni immediatamente precedenti devono aver fatto bene a tutti, così ieri
abbiamo assistito ad una performance di alto livello, sia dal lato solistico
(ma qui Arciuli aveva poco da migliorare…) che da quello del ripieno orchestrale. Che mi è parso
assai più equilibrato, quanto meno rispetto alla prima di giovedì scorso in Largo Mahler.
A meno che la
differenza non l’abbia fatta l’enorme spazio del teatro, che tende ad ovattare
i suoni, rispetto all’acustica fortemente amplificatrice dell’Auditorium. Fatto
sta che mi è parso di udire un Grieg più nordico e… algido di quello di giovedi
scorso. E chissà che quest’atmosfera più fredda non abbia contagiato anche il
pubblico, che dopo il primo ritorno sul palco dei due protagonisti si è subito
azzittito, al che Luca Santaniello
non ha potuto far altro che alzarsi e salutare, privandoci di un possibile bis.
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Marshall ha
poi proposto il suo amato Gershwin,
ad iniziare dalla simpatica Ouverture
da Of
Thee I Sing. Sono meno di 5
minuti di musica allegra e scanzonata, proprio come irridente è l’intero musical (del 1931) che satireggia il
modo yankee di far politica, ma con una morale positiva (l’amore trionfa su ogni altro interesse e lobby).
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Ha chiuso
degnamente la serata An American in Paris. Riporto qui alcune
note di presentazione, scritte quasi 3 anni orsono, allorquando fu Zhang Xian ad eseguirlo in Auditorium.
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Scritto nel
1928 dopo un viaggio nella capitale francese, questo balletto rapsodico subito si presenta con baldanza mista a
spensieratezza:
È il turista
che se ne va a spasso per la città, col naso all’insù e le orecchie tese. Parigi
è una città dal traffico già caotico, e non mancano quindi automobili e taxi
che strombazzano allegramente. In mezzo al trambusto arrivano anche le note di una
filastrocca (Che cosa importa a me, se
non son bella) forse nota altrettanto bene in Italia che a Parigi:
Ora, stanco
per la lunga camminata, l’americano si riposa un poco e inevitabilmente sogna
il suo paese, e il blues in primo
luogo:
(Si noti la
prescrizione di coprire la campana della trombetta con una guaina di feltro.?
Questo è il
motivo che rimane poi al centro del brano, e che pure lo concluderà. Accanto ad
esso però arriva anche un ricordo allegro, il charleston della Louisiana:
Un’ultima veloce
scorribanda per le strade della Ville
lumière culmina nel Grandioso dove
corno inglese, clarinetti e sax contralto ribadiscono per l’ultima volta il
tema americano, prima del poderoso
accordo di FA maggiore che chiude il brano.
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Alla fine
il pubblico si era evidentemente riscaldato e ha quasi preteso il bis: che è arrivato ed è stato poi
ancora… bissato, protagonisti la tromba di Caruana
e soprattutto il clarinetto di Ghiazza.
Un bel regalo per uno come me che ha un quadrupede da custodire… Qui lo
ascoltiamo dai PROMS e così scopriamo anche da dove è uscito fuori il nostro attuale PM (mega-smile!)
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