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31 marzo, 2014

La Cambiale onorata a ReggioE.


Il Teatro Valli di ReggioE. ha proposto in questo week-end la rossiniana Cambiale di matrimonio, in un nuovo allestimento già presentato circa un mese fa al Regio di Parma.

Si tratta del primo grande successo nella lunga-breve carriera del sommo pesarese, allora nemmeno 18enne, che gli aprì le porte per i trionfi che arrivarono a ripetizione, sia nel genere farsa-commedia che in quello dell’opera-seria.

Già dalle prime battute dell’Ouverture – composta precedentemente alla farsa, come esercizio di Liceo - si capisce il perché del nomignolo affibbiato a Rossini di tedeschino: un dreimalige Akkord di MIb maggiore che par venire direttamente dalla Zauberflöte:

Ma c’è di più. Si afferma sempre che i primi stilemi musicali autenticamente romantici siano i richiami dei corni con i quali Weber apre le Ouverture del Freischütz e poi dell’Oberon. Beh, Rossini – forse senza nemmeno sapere cosa fosse il romanticismo… - aveva fatto qualcosa di analogo con più di 10 anni di anticipo!


Che la stoffa del Rossini maturo fosse già ben distinguibile in questa opera d’esordio lo constatiamo da un inciso che ritroveremo qualche anno più tardi nel Barbiere (uno dei tanti auto-imprestiti che l’Autore si concederà con gran disinvoltura). Si tratta di un frammento dell’aria di Fanny, che – abbassato di un tono, dal LA al SOL, per trasportarlo dalla voce di soprano a quella di mezzo - ritroveremo nel canto di Rosina:

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Ma tutta la musica della Cambiale mostra una freschezza di ispirazione, una geniale inventiva e una maturità di concezione che lasciano sempre sbalorditi. E il merito di Francesco Ciluffo è di averli fatti emergere al meglio, guidando con sobrietà ed equilibrio l’Orchestra del Conservatorio A. Boito di Parma, fatta di giovani promettenti e affiatatissimi.

Così come bravi, oltre che promettenti, sono stati gli interpreti dell’opera, allievi delle classi di canto dello stesso Conservatorio.

Su tutti i tre bassi: il sir Tobia Mill di Marco Granata (che è anche provetto organista), lo Slook di Hideya Masuhara e il Norton di Adriano Gramigni. Discreto anche Lorenzo Caltagirone  (Edoardo Milfort, nella cui parte ha sostituito all’ultimo momento il suo… sostituto, Yasushi Watanabe).

Un filino sotto le due voci femminili (Nao Yokomae come Fanny e Nozomi Kato come Clarina) vocine magari adatte alle parti, ma dal timbro un tantino metallico e dagli acuti non sempre puliti.

Comunque, applausi a scena aperta per tutti dopo ciascun numero; bravo Riccardo Mascia che al fortepiano ha impreziosito anche i recitativi. Ma in generale, date le circostanze, si è avuta una prova in più del fatto che per gustare della buona musica e del buon canto non c’è proprio bisogno del cosiddetto star-system!
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Naturalmente personaggi e vicenda che costituiscono il soggetto della farsa sono… farseschi: caricature di una certa borghesia neo-ricca quanto ignorante e retriva. Mill è il classico tipo del commerciante import-export della Gran Bretagna imperiale: probabilmente importa seta, spezie e thé dalle colonie orientali per poi rivenderli con enormi margini ai clienti delle colonie… occidentali. E, pur di far affari, non esita a vendere anche la figlia! Certo che anche Slook è un tipo poco coerente, come minimo: prima ordina per posta, a 6000Km di distanza, una moglie, neanche fosse una bambola gonfiabile; poi però si meraviglia che Mill, per rifilargliela, abbia trattato la figlia, appunto, alla stregua di una bambola gonfiabile!

Tutto ciò viene piuttosto edulcorato dalla messinscena di Andrea Cigni (coadiuvato da Dario Gessati per le scene, Valeria Donata Bettella per i costumi e Fiammetta Baldiserri alle luci): un allestimento sicuramente gustoso, ambientato proprio qui nelle terre del parmigiano, del culatello e del lambrusco, posti dove si lavora nella sana economia del primario, non in quella (spesso puramente parassitaria) del cosiddetto terziario…  Così Mill viene quasi nobilitato, vestendo i panni di un laborioso imprenditore lattiero-caseario, che però non si capisce bene perché riceva dal canadese Slook quello strano ordinativo che nulla ha a che vedere con vacche e forme di formaggio! E per di più decida di… onorarlo a spese della figlia.

Ma siamo in una farsa e la plausibilità della vicenda è proprio l’ultima cosa che ci deve interessare. Così diventa divertente anche l’autentico omaggio che, alla fine dello spettacolo, Cigni fa all’ormai antico (ma mai invecchiato!) Rinaldo di Pizzi, qui di casa fin dal remoto 1985, presentandoci i quattro protagonisti appollaiati su imponenti vacche di cartapesta!
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Pieno successo per tutti, con un solo grande rammarico: il Valli semivuoto (a dispetto di prezzi invero popolari) al quale Alessandro Baricco, prima dell’inizio, ha indirizzato alcune interessanti riflessioni sul teatro di 200 anni fa.

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