Il Teatro Valli di ReggioE. ha proposto in
questo week-end la rossiniana Cambiale di matrimonio, in un
nuovo allestimento già presentato circa un mese fa al Regio di Parma.
Si tratta
del primo grande successo nella lunga-breve carriera del sommo pesarese, allora
nemmeno 18enne, che gli aprì le porte per i trionfi che arrivarono a
ripetizione, sia nel genere farsa-commedia che in quello dell’opera-seria.
Già dalle
prime battute dell’Ouverture – composta precedentemente alla farsa, come
esercizio di Liceo - si capisce il perché del nomignolo affibbiato a Rossini di
tedeschino: un dreimalige Akkord di MIb maggiore che par venire direttamente dalla
Zauberflöte:
Ma c’è di
più. Si afferma sempre che i primi stilemi musicali autenticamente romantici
siano i richiami dei corni con i quali Weber
apre le Ouverture del Freischütz e poi
dell’Oberon. Beh, Rossini – forse senza
nemmeno sapere cosa fosse il romanticismo… - aveva fatto qualcosa di analogo
con più di 10 anni di anticipo!
Che la
stoffa del Rossini maturo fosse già ben distinguibile in questa opera d’esordio
lo constatiamo da un inciso che ritroveremo qualche anno più tardi nel Barbiere (uno dei tanti auto-imprestiti che l’Autore si
concederà con gran disinvoltura). Si tratta di un frammento dell’aria di Fanny, che – abbassato di un tono, dal
LA al SOL, per trasportarlo dalla voce di soprano a quella di mezzo -
ritroveremo nel canto di Rosina:
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Ma tutta la
musica della Cambiale mostra una freschezza di ispirazione, una geniale
inventiva e una maturità di concezione che lasciano sempre sbalorditi. E il
merito di Francesco Ciluffo è di
averli fatti emergere al meglio, guidando con sobrietà ed equilibrio
l’Orchestra del Conservatorio A.
Boito di Parma, fatta di giovani promettenti e affiatatissimi.
Così come
bravi, oltre che promettenti, sono stati gli interpreti dell’opera, allievi delle
classi di canto dello stesso Conservatorio.
Su tutti i tre
bassi: il sir
Tobia Mill di Marco Granata (che è anche provetto organista), lo Slook di Hideya Masuhara e il Norton di Adriano Gramigni. Discreto anche Lorenzo Caltagirone (Edoardo Milfort, nella cui parte ha sostituito all’ultimo momento il suo… sostituto, Yasushi Watanabe).
Un filino sotto le due voci femminili (Nao Yokomae come Fanny e Nozomi Kato come Clarina) vocine magari adatte alle parti, ma dal timbro un tantino metallico
e dagli acuti non sempre puliti.
Naturalmente
personaggi e vicenda che costituiscono il soggetto della farsa sono… farseschi:
caricature di una certa borghesia neo-ricca quanto ignorante e retriva. Mill è il classico tipo del
commerciante import-export della Gran
Bretagna imperiale: probabilmente importa seta, spezie e thé dalle colonie
orientali per poi rivenderli con enormi margini ai clienti delle colonie…
occidentali. E, pur di far affari, non esita a vendere anche la figlia! Certo
che anche Slook è un tipo poco
coerente, come minimo: prima ordina per posta, a 6000Km di distanza, una
moglie, neanche fosse una bambola gonfiabile; poi però si meraviglia che Mill,
per rifilargliela, abbia trattato la figlia, appunto, alla stregua di una
bambola gonfiabile!
Tutto ciò
viene piuttosto edulcorato dalla messinscena di Andrea Cigni (coadiuvato da Dario
Gessati per le scene, Valeria Donata Bettella per i costumi e Fiammetta
Baldiserri alle luci): un allestimento sicuramente gustoso, ambientato
proprio qui nelle terre del parmigiano, del culatello e del lambrusco, posti dove si lavora
nella sana economia del primario, non
in quella (spesso puramente parassitaria) del cosiddetto terziario… Così Mill viene
quasi nobilitato, vestendo i panni di un laborioso imprenditore
lattiero-caseario, che però non si capisce bene perché riceva dal canadese
Slook quello strano ordinativo che nulla ha a che vedere con vacche e forme di
formaggio! E per di più decida di… onorarlo a spese della figlia.
Ma siamo in una farsa
e la plausibilità della vicenda è proprio l’ultima cosa che ci deve interessare.
Così diventa divertente anche l’autentico omaggio che,
alla fine dello spettacolo, Cigni fa all’ormai antico (ma mai invecchiato!) Rinaldo di Pizzi, qui di casa fin dal remoto 1985, presentandoci i quattro protagonisti
appollaiati su imponenti vacche di cartapesta!
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Pieno successo per tutti, con un solo grande rammarico: il Valli semivuoto (a dispetto di prezzi invero popolari) al quale Alessandro Baricco, prima dell’inizio, ha
indirizzato alcune interessanti riflessioni sul teatro di 200 anni fa.
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