ricongiungimenti

Maurizio & Claudio

08 marzo, 2014

Orchestraverdi – Concerto n°24

 

Ecco, questo è un concerto davvero particolare, da tanti punti di vista, e non tutti piacevoli… Intanto perché è diretto da una signora. Direte: oh, che novità, la Xian! Eh no, invece abbiamo Claire Gibault, un’altra delle poche quote rosa del firmamento direttoriale. Poi perché mette in programma una prima, il che non è cosa di tutti i giorni. Infine perché ci permette doveva permettere di ascoltare ancora dal vivo le note, genuine o supposte tali, dell’estremo lascito mahleriano.

Ma andiamo con ordine. Di Fabio Vacchi, compositore in residence presso l’Orchestra, abbiamo ascoltato la prima assoluta del melologo Veronica Franco. Ispirato ai testi letterari della più colta ed emancipata puttana che la storia ricordi, si compone di versi originali della Franco cantati dal soprano (ieri era Talia Or) e di testi che Paola Ponti ha tratto da altri scritti (epistolari, per lo più) della honorata cortigiana veneziana del XVI secolo (ieri recitati da Giovanna Bozzolo).

La musica di Vacchi, oltre ad accompagnare il canto, si incarica anche di creare l’atmosfera adatta per supportare il racconto della voce recitante. Il soggetto, se così si può dire, del melologo è incentrato sul processo che la Franco subì da parte dell’Inquisizione (accusa: stregoneria) e nel quale lei si difese da sola, ottenendo la piena assoluzione.

Si parte dalla sera precedente all’udienza, dove la donna prepara la sua difesa (-offesa in realtà) per continuare con la sua arringa auto-difensiva che le consente di salvarsi dal rogo. E dai versi e dai racconti di Veronica emerge tutto lo spaccato di civiltà a lei contemporanea, insieme alle sue incredibili doti di intelligenza, cultura e saggezza.

Vacchi trova il giusto equilibrio di suoni e colori per evocare le tante facce della vicenda di Veronica: dalle atmosfere non proprio idilliache dei pregiudizi e delle accuse contro di lei, ai suoi slanci di donna orgogliosa e decisa a vender cara la pelle, fino alla positiva conclusione della storia. Per raggiungere l’obiettivo il compositore impiega tutte le risorse disponibili in orchestra (percussioni in grande evidenza) ma senza mai esagerare in enfasi o retorica. E sempre mantenendo alto il livello di cantabilità e di lirismo dei suoi temi, cosa che del resto caratterizza tutta la sua produzione.

Convinti applausi e ovazioni hanno accolto l’esecuzione e gli autori.
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La Decima di Mahler prevista in questo concerto è una delle ultime ricostruzioni della sinfonia (che l’Autore, come noto, lasciò allo stadio di torso). A quasi tre anni fa risale l’ultima esecuzione qui in Auditorium: allora venne impiegata la versione predisposta da Derick Cooke, che negli anni ’60 del secolo scorso era stato il primo a cimentarsi nell’impresa (ardua ed anche discutibile, e assai discussa) di tradurre gli schizzi – corredati da indicazioni… extramusicali! - di Mahler in qualcosa di eseguibile.


Da allora altri si sono cimentati in questa stessa impresa e uno di questi è una vecchia – e ahinoi scomparsa – conoscenza de laVerdi: Rudolf Barshai. Il quale nel 2000 produsse la sua versione dell’opera, che ha poi eseguito varie volte (ecco una di queste) ed ha presentato anche qui nel 2002.  

Ferme restando le solite considerazioni relative all’arbitrarietà delle scelte operate dal ricostruttore/completatore - che ovviamente cerca (in perfetta buona fede, s’intende) di mettersi nei panni di Mahler per decidere come strumentare ciò che l’Autore aveva semplicemente abbozzato su pochi pentagrammi - si possono fare apprezzamenti sulle diverse ricostruzioni, come fa – qui peraltro in modo interessato – il recensore della Universal Edition che ha pubblicato la versione Barshai, in concorrenza a Faber Music che pubblicò quella di Cooke.  

Le differenze fra le due versioni - anche se magari è difficile coglierle all’ascolto dal vivo - non sono propriamente trascurabili, riguardando la scelta degli strumenti cui affidare le linee melodiche e/o le armonie indicate da Mahler e soprattutto la dinamica (a volte persino l’agogica) da perseguire.
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Tutto questo tormentone in realtà non serve ad alcunché, dato che ieri sera, meno di mezz’ora prima dell’inizio del concerto, un cartello esposto sulla locandina avvertiva che della sinfonia sarebbe stato eseguito soltanto l’Adagio iniziale, quello che Mahler lasciò ad uno stadio avanzato di completamento e che fu pubblicato da Universal (edizione di Erwin Ratz) già quasi un secolo fa e da allora eseguito e registrato da Direttori grandi e piccini.

Spiacevole contrattempo davvero, che ha provocato all’uscita reazioni piuttosto inviperite (e non senza motivo). Ciascuno può fare le illazioni che crede sulle cause che hanno portato al default (chissà se la Fondazione darà in proposito spiegazioni non puerili). Resta  purtroppo il fatto incontestabile che di episodio poco edificante si è trattato.

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