Sul podio
dell’Auditorium torna Gaetano D’Espinosa
proponendoci un programma
incentrato sullo Schubert sinfonico,
arricchito da un paio di brani lontanissimi fra loro (e non solo nel tempo).
Apre la musica di danza dall’Idomeneo
(K366) mozartiano, che è accorpata sotto un proprio numero di catalogo (K367).
Riporto più sotto la struttura del brano: come si vede dai nomi che compaiono
nei sottotitoli, la musica fu espressamente preparata per alcuni famosi
danzatori dell’epoca (così come tutta quella dell’Idomeneo fu composta avendo
in mente la famosa orchestra di Mannheim
che suonò alle recite inaugurali di Monaco nel gennaio 1781). Questi balletti
dovrebbero chiudere l’opera, ma solitamente vengono cassati dalle
rappresentazioni teatrali (lo furono
anche alla prima!) e anche quando vengono eseguiti (come nelle recenti edizioni
alla Scala) subiscono dei tagli.
1. Chaconne
(Allegro, RE maggiore)
Pour le Ballet (1-25)
Pas de deux pour M.me Hartig et M.r Antoine (26-61)
Pour le Ballet (62-79)
Pas seul de M.me Falgera (80-129)
Pour le Ballet (130-153)
Larghetto pour M.me Hartig (SIb maggiore, 153-161)
Pas seul de M.me Hartig (161-206)
La
Chaconne, qui reprend (Allegro,
RE minore – FA maggiore, 207-225)
Pas de M.me Hartig (226-283)
Pour le Ballet (RE maggiore, 284-318)
2. Pas seul de M.r Le Grand
(RE maggiore)
(Largo, 1-18)
(Allegretto, 19-47)
(Più allegro, 48-97)
Pour le Ballet (Più
allegro, 98-160)
3. Passepied pour Mad.selle Redwen
(Minuetto -
Sib maggiore 1-8, 9-16, ritornelli)
(Minuetto - Sib minore 17-24, 25-32,
ritornelli)
(Minuetto
- Sib maggiore 1-8, 9-16, ritornelli)
Pas
seul de Mad.selle Redwen
(Trio - Sib
maggiore 33-40, 41-48, ritornelli)
Passepied
(Minuetto - Sib maggiore 1-8, 9-16, ritornelli)
4. Gavotte
(SOL
maggiore, 1-8, 9-16, ritornelli)
(SOL maggiore,
RE maggiore, 17-46)
(SOL
maggiore, 47-54, 54-62, ritornelli)
(coda
modulante a MIb, 62-65)
5. Passacaille pour M.r Antoine
(MIb maggiore, 1-23)
Pas seul de M.r Antoine (MIb
maggiore - Sib maggiore – MIb maggiore, 24-63)
Pour le Ballet (64-71)
Pas de deux de Mad.me Falgera e M.r Le Grand
(72-114)
Pour le Ballet (115-128)
Qualche
volta la Gavotte n°4 viene inserita -
come suggerito dall’edizione critica, più o meno plausibilmente - nel finale
dell’atto primo. Il suo tema verrà qualche anno dopo impiegato da Mozart nel
Finale del Concerto K503 per
pianoforte:
Nemmeno sulla
sequenza dei brani - così come presentata nell’edizione critica – c’è
concordanza di vedute. Ad esempio alla Scala il balletto finale fu tagliato
della Gavotte, ma è pur vero che questa
si chiude con il ponte modulante al MIb della finale Passacaille, il che
lascerebbe pensare che ad essa vada necessariamente premessa… Da parte sua la
Passacaille mal si presta a chiudere l’intero spettacolo, con tre accordi in
pianissimo di MIb. Ecco che allora c’è
chi suggerisce una sequenza dei numeri assai diversa: eseguire la Chaconne
fino alla battuta 206 (fine del Larghetto in SIb) e far seguire quindi i numeri
4-5-3, arrivando perciò ad un SIb maggiore come in chiusura del Larghetto. Da qui
riprendere la Chaconne a battuta 207 per chiudere poi con l’enfatico n°2 in RE maggiore,
che è la tonalità del DNA dell’opera!
Comunque
D’Espinosa ce la porge con il massimo della dedizione e si merita l’applauso
convinto del pubblico (non proprio oceanico) dell’Auditorium.
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Ecco poi la Quinta,
una sinfonietta leggera-leggera, che torna a farsi udire in Auditorium qui dopo
quasi quattro
anni. Ma è sempre un piacere ascoltare questo Schubert cameristico-liederistico, che lascia sfogare la sua vena
spontanea, lontano dalle elucubrazioni (in senso positivo, ovviamente) di
Beethoven e dalla compassata austerità di Haydn, restando forse più vicino e
ispirandosi (vedi il Menuetto) al geniale Teofilo.
D’Espinosa in effetti la prende come fosse la K182… (del coetaneo Mozart) e questo credo sia un bene: fossi stato in lui, avrei anche smagrito il pacchetto degli archi, per accentuare il carattere cameristico dell’opera. Per asciugarla ulteriormente, salta un paio di ritornelli (prima sezione del Menuetto ed esposizione del Finale); nonostante (o a merito di) ciò si procura l’applauso dell’affezionato pubblico.
D’Espinosa in effetti la prende come fosse la K182… (del coetaneo Mozart) e questo credo sia un bene: fossi stato in lui, avrei anche smagrito il pacchetto degli archi, per accentuare il carattere cameristico dell’opera. Per asciugarla ulteriormente, salta un paio di ritornelli (prima sezione del Menuetto ed esposizione del Finale); nonostante (o a merito di) ciò si procura l’applauso dell’affezionato pubblico.
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Continuando la
tradizione de laVerdi, consistente
nell’affiancare al grande repertorio classico anche lavori moderni, ecco che ci viene proposto Gutta cavat lapidem di Lucia Ronchetti.
A leggere
il titolo, qualcuno potrebbe… preoccuparsi un po’: mica sarà (stra-smile!) un supplizio della goccia?! Beh, la nostra contemporanea compositrice
romana (proprio una romana... autentica, di quelle che dicono va ‘bbane e fa sampre fraddo…) ci ha, quanto meno per stavolta, risparmiati.
Io sarò un retrogrado
insensibile alle novità, però il meglio che posso dire di questa musica è che mi
va bene come usa-e-getta: per una volta
la puoi anche sentire e digerire senza bisogno dell’alka-selzer (smile!) però
basta così, grazie!
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Chiude la
serata la Tragica. Beh, in confronto al pezzo della Ronchetti, qui siamo
in trionfo e in paradiso (mega-smile!)
È anch’essa un’opera udita da queste parti abbastanza di recente, e i ragazzi evidentemente la masticano con grande
facilità.
D’Espinosa è
bravo anche qui a non farne un pesante polpettone tardo-romantico: tiene tempi
assai spediti e – al solito – cassa il ritornello del finale.
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