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01 marzo, 2014

Orchestraverdi – Concerto n°23

 

Sul podio dell’Auditorium torna Gaetano D’Espinosa proponendoci un programma incentrato sullo Schubert sinfonico, arricchito da un paio di brani lontanissimi fra loro (e non solo nel tempo).

Apre la musica di danza dall’Idomeneo (K366) mozartiano, che è accorpata sotto un proprio numero di catalogo (K367). Riporto più sotto la struttura del brano: come si vede dai nomi che compaiono nei sottotitoli, la musica fu espressamente preparata per alcuni famosi danzatori dell’epoca (così come tutta quella dell’Idomeneo fu composta avendo in mente la famosa orchestra di Mannheim che suonò alle recite inaugurali di Monaco nel gennaio 1781). Questi balletti dovrebbero chiudere l’opera, ma solitamente vengono cassati dalle rappresentazioni teatrali (lo furono anche alla prima!) e anche quando vengono eseguiti (come nelle recenti edizioni alla Scala) subiscono dei tagli.

I 5 numeri di balletto - nell’edizione critica di Bärenreiter per la NMA - sono così articolati (ho indicato sommariamente l’agogica, le tonalità principali e il numero di battute delle diverse sezioni - che peraltro possono variare di poco a seconda che il Direttore impieghi o meno parti aggiuntive):

1. Chaconne (Allegro, RE maggiore)
    Pour le Ballet (1-25)
    Pas de deux pour M.me Hartig et M.r Antoine (26-61)
    Pour le Ballet (62-79)
    Pas seul de M.me Falgera (80-129)
    Pour le Ballet (130-153)
   Larghetto pour M.me Hartig (SIb maggiore, 153-161)
    Pas seul de M.me Hartig (161-206)
    La Chaconne, qui reprend (Allegro, RE minore – FA maggiore, 207-225)
    Pas de M.me Hartig (226-283)
    Pour le Ballet (RE maggiore, 284-318)
2. Pas seul de M.r Le Grand (RE maggiore)
    (Largo, 1-18)
    (Allegretto, 19-47)
    (Più allegro, 48-97) 
    Pour le Ballet (Più allegro, 98-160) 
3. Passepied pour Mad.selle Redwen
    (Minuetto - Sib maggiore 1-8, 9-16, ritornelli)  
    (Minuetto - Sib minore 17-24, 25-32, ritornelli)  
    (Minuetto - Sib maggiore 1-8, 9-16, ritornelli)  
    Pas seul de Mad.selle Redwen   
    (Trio - Sib maggiore 33-40, 41-48, ritornelli)  
    Passepied (Minuetto - Sib maggiore 1-8, 9-16, ritornelli)  
4. Gavotte   
    (SOL maggiore, 1-8, 9-16, ritornelli)
    (SOL maggiore, RE maggiore, 17-46)
    (SOL maggiore, 47-54, 54-62, ritornelli)
    (coda modulante a MIb, 62-65)
5. Passacaille pour M.r Antoine (MIb maggiore, 1-23)   
    Pas seul de M.r Antoine (MIb maggiore - Sib maggiore – MIb maggiore, 24-63)
    Pour le Ballet (64-71)
    Pas de deux de Mad.me Falgera e M.r Le Grand (72-114)
    Pour le Ballet (115-128)

Qualche volta la Gavotte n°4 viene inserita - come suggerito dall’edizione critica, più o meno plausibilmente - nel finale dell’atto primo. Il suo tema verrà qualche anno dopo impiegato da Mozart nel Finale del Concerto K503 per pianoforte:

Nemmeno sulla sequenza dei brani - così come presentata nell’edizione critica – c’è concordanza di vedute. Ad esempio alla Scala il balletto finale fu tagliato della Gavotte, ma è pur vero che questa si chiude con il ponte modulante al MIb della finale Passacaille, il che lascerebbe pensare che ad essa vada necessariamente premessa… Da parte sua la Passacaille mal si presta a chiudere l’intero spettacolo, con tre accordi in pianissimo di MIb. Ecco che allora c’è chi suggerisce una sequenza dei numeri assai diversa: eseguire la Chaconne fino alla battuta 206 (fine del Larghetto in SIb) e far seguire quindi i numeri 4-5-3, arrivando perciò ad un SIb maggiore come in chiusura del Larghetto. Da qui riprendere la Chaconne a battuta 207 per chiudere poi con l’enfatico n°2 in RE maggiore, che è la tonalità del DNA dell’opera!    

Insomma, il destino di questa musica è piuttosto curioso: nell’opera per la quale fu composta non viene (quasi) mai eseguita, sia per non dilatarne eccessivamente i tempi, e soprattutto perché si appenderebbero circa 25’ di puro balletto ad uno spettacolo teatrale ormai arrivato alla sua conclusione, con gli interpreti di canto che nulla hanno più da cantare. In compenso l’esecuzione del K367 in concerto è abbastanza rara poiché si tratta di musica che – senza le evoluzioni dei danzatori - tende un pochino a… stancare. Insomma, il povero Teofilo ha fatto una cosa assai bella in sé, ma che viene considerata né carne, né pesce.

Comunque D’Espinosa ce la porge con il massimo della dedizione e si merita l’applauso convinto del pubblico (non proprio oceanico) dell’Auditorium.
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Ecco poi la Quinta, una sinfonietta leggera-leggera, che torna a farsi udire in Auditorium qui dopo quasi quattro anni. Ma è sempre un piacere ascoltare questo Schubert cameristico-liederistico, che lascia sfogare la sua vena spontanea, lontano dalle elucubrazioni (in senso positivo, ovviamente) di Beethoven e dalla compassata austerità di Haydn, restando forse più vicino e ispirandosi (vedi il Menuetto) al geniale Teofilo. 

D’Espinosa in effetti la prende come fosse la K182… (del coetaneo Mozart) e questo credo sia un bene: fossi stato in lui, avrei anche smagrito il pacchetto degli archi, per accentuare il carattere cameristico dell’opera. Per asciugarla ulteriormente, salta un paio di ritornelli (prima sezione del Menuetto ed esposizione del Finale); nonostante (o a merito di) ciò si procura l’applauso dell’affezionato pubblico. 
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Continuando la tradizione de laVerdi, consistente nell’affiancare al grande repertorio classico anche lavori moderni, ecco che ci viene proposto Gutta cavat lapidem di Lucia Ronchetti.

A leggere il titolo, qualcuno potrebbe… preoccuparsi un po’: mica sarà (stra-smile!) un supplizio della goccia?! Beh, la nostra contemporanea compositrice romana (proprio una romana... autentica, di quelle che dicono va ‘bbane e fa sampre fraddo) ci ha, quanto meno per stavolta, risparmiati.

Io sarò un retrogrado insensibile alle novità, però il meglio che posso dire di questa musica è che mi va bene come usa-e-getta: per una volta la puoi anche sentire e digerire senza bisogno dell’alka-selzer (smile!) però basta così, grazie!

Quindi iersera anch’io ho devoluto qualche clap a direttore, professori (in particolare a Luca Santaniello, promosso seduta stante a sgocciolatore emerito, smile!) e… compositrice presente in sala.  
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Chiude la serata la Tragica. Beh, in confronto al pezzo della Ronchetti, qui siamo in trionfo e in paradiso (mega-smile!) È anch’essa un’opera udita da queste parti abbastanza di recente, e i ragazzi evidentemente la masticano con grande facilità.

D’Espinosa è bravo anche qui a non farne un pesante polpettone tardo-romantico: tiene tempi assai spediti e – al solito – cassa il ritornello del finale.

Dopo aver fatto applaudire le prime parti delle diverse sezioni, chiude abbracciando il suo ex-collega Santaniello, e ci dà appuntamento per fine aprile.

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