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17 agosto, 2013

ROF XXXIV: L’Italiana in Algeri, ossia… altro petrolio


La mia personale avventura al ROF-2013 è cominciata ier sera con la terza delle cinque rappresentazioni dell’Italiana al Teatro Rossini, gremito quasi come la spiaggia di Rimini.


Quest’anno è toccato a Davide Livermore (che deve avere col ROF un contratto… vitalizio, smile!) riproporci uno dei più splendidi prodotti del genio di questi luoghi. 


Miracolo dell’invenzione registica moderna: siamo ad Algeri!

Niente Route66, niente Baku, niente MountRushmore, niente AlexanderPlatz, niente WallStreet. Però qualcosa che richiama il recente capolavoro di Castorf a Bayreuth c’è anche qui: il petrolio! Già, perché circa 150 anni dopo la composizione del dramma giocoso l’Algeria scoprì di avere sotto il culo un pochino (non certo tanto quanto ne hanno quei fottutissimi sceicchi) di oro nero, e così il regista ci ha trovato l’ambiente giusto (a suo insindacabile giudizio) per collocarci la sua Italiana.  

Poco importa che l’Algeri di 50 anni fa fosse tutto tranne che una città dedita a baldorie e sfoggio di ricchezza (vi vigeva anzi, con Boumedien,  un socialismo piuttosto austero) e che di Mustafà rossiniani ne circolassero pochi o punti. L’Algeri di Livermore (complici Bovey e Falaschi per scene e costumi) è una specie di sultanato o sceiccato del petrolio trasportato a Hollywood, un minestrone di cartone animato, avanspettacolo, zelig e parodia di quelle che facevano i simpatici del Quartetto Cetra al sabato sera.

Ma alla fine va bene così, compreso il disastro aereo (ma senza conseguenze) che sostituisce l’originale naufragio. Però, accipicchia: petrolio e incidente aereo che coinvolge italiani, a metà del secolo scorso… vien in mente qualcosa di drammatico e assai poco giocoso: Mattei (?!) Ah già, ma Livermore è mica quello che ha infilato la strage di Capaci nei Vespri? Ecco…

Dopodichè l’impresa di mettere in parodia e buttare in ridicolo un soggetto che è già in partenza giocoso o buffo o farsesco non è delle più semplici, diciamolo francamente. E allora il regista e i suoi compari si inventano, in barba al recitar-cantando, il ballar-cantando; dico, non c’è una sola nota di Rossini che sia stata emessa (da interpreti, coro maschile e figuranti assortiti) senza molleggiamenti, mossette da swing o balletti da avanspettacolo! Il che per un po’ diverte, ma dopo 2 ore e mezza rischia francamente di stomacare.

Insomma, una proposta che si può anche digerire, come certi avanspettacoli di 40-50 anni fa allo Smeraldo di Milano (smile!)   

Sul fronte… serio conferme e smentite rispetto alla radioaudizione di sabato scorso.  Le prime vengono da Alex Esposito, che ha riempito il piccolo spazio del Rossini con la sua bella voce brunita, aggiungendovi una gran dose di teatralità (comprese alcune cadute di stile, come l’imbottirsi di viagra e lo spararsi nelle palle, imputabili esclusivamente a Livermore).

Anche Yijie Shi si conferma solido interprete di questi ruoli Lindoriani: chi ha avuto la fortuna di sentire dal vivo Duprez (smile!) non potrà non farci un chiaro accostamento.

Brava anche la Mariangela Sicilia, che ha una voce tanto potente quanto forse non ancora ben… addomesticata. Però nei concertati sovrastava tutti gli altri.

Una menzione anche per Davide Luciano, che canta l’aria forse più mozartiana di tutta la produzione di Rossini (Le femmine d’Italia, un vero gioiellino): e lì il nostro si è davvero ben destreggiato.

Mario Cassi (Taddeo-babbeo) e Raffaella Lupinacci (Zulma) su uno standard di sufficienza.

Chi francamente mi ha deluso (rispetto all’ascolto via radio) è Anna Goryachova: forse per la trasmissione le avevano sistemato un  microfono direttamente in faringe (stra-smile!) Fatto sta che, pur nell’angusto spazio del teatrino pesarese, la sua voce si stentava proprio a percepirla. In compenso, dal vivo si son potute apprezzare altre sue pregevoli qualità: prima fra tutte, quella di essere una gran gnocca!

Il coro dei maschietti di Andrea Faidutti mi è parso all’altezza del compito, gravato oltretutto dai compiti supplementari imposti dal regista.

Orchestra non al meglio, direi, con diverse sbavature (corni, ma non solo) e Direttore (Encinar) a livello di dignitosa routine, nulla più.

Alla fine applausi per tutti (Esposito ne ha mietuti di più) e pubblico (come al solito cosmopolita) tutto sommato soddisfatto e sorridente.
     

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