È ormai consolidata consuetudine de laVerdi offrire al suo pubblico, per gli auguri di Capodanno, il sommo capolavoro sinfonico beethoveniano: la nona. L'orchestra e il coro sono reduci dall'Oman, dove hanno collaudato, con alcune Carmen, l'acustica della nuovissima Royal Opera House (il loro DG Corbani, almeno a giudicare dall'abbronzatura, deve essersi assiduamente dedicato al collaudo di tutte le piscine del sultanato, smile!) La bravissima Viviana Mologni invece deve aver importato dall'oriente un'acconciatura tipo Sheherazade, la qual cosa non le impedisce di percuotere al meglio le pelli dei suoi timpani!
Zhang Xian sul podio e Nicolai von Dellingshausen sulla seggiola del Konzertmeister hanno trascinato l'orchestra in una prestazione di gran qualità, completata da quella del coro di Erina Gambarini e da quelle dei quattro solisti (soprano Eva Oltivanyi, mezzo Maria José Montiel, tenore Arthur Espiritu e basso-baritono David Wilson Johnson). Confermando il suo approccio interpretativo, la Zhang ha tenuto tempi sempre stringati e ha fatto risaltare tutti i chiaroscuri della partitura, in particolare le linee del corno, cui Beethoven riserva un trattamento particolare. Il finale è stato una specie di sceneggiata, con Johnson uscito dalla quinta di sinistra e catapultatosi sul palco giusto in tempo per attaccare il suo appello:
seguito poi a ruota dagli altri tre solisti.
seguito poi a ruota dagli altri tre solisti.
Trionfo per tutti, con finale a sorpresa: non tanto per il bis dell'ultima sezione della sinfonia, ormai tradizionale come il Danubio e la Radetzky, ma per il tocco tutto viennese degli auguri di Buon Anno gridati da maestro, orchestra e coro, come si usa (e rivedremo fare domenica) al Musikverein.
Si riprende il 12 gennaio con Haydn e Bruckner. Ma anche alla Befana l'Auditorium sarà aperto alla barocca per il gigantesco Oratorio di Natale.
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