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13 luglio, 2010

Muti e il Requiem di Cherubini a Ravenna

Il prossimo 14 settembre ricorrono i 250 anni dalla nascita del grande musicista fiorentino, avvenimento che per la verità non sembra aver suscitato eccessivi entusiasmi celebrativi.

Va dato perciò merito a Riccardo Muti per aver chiuso il cartellone concertistico del Ravenna-festival guidando la sua Cherubini, l'Orchestra Giovanile italiana, la Stagione Armonica e musicisti delle Accademie di Lubiana e Zagabria, e del Conservatorio di Trieste, con coristi italiani, sloveni e croati, nel Requiem in DO minore, opera che ri-suonerà anche stasera in piazza a Trieste nell'ambito dell'iniziativa Le vie dell'amicizia.

E proprio in onore agli amici sloveni e croati la serata si è aperta con l'esecuzione dei tre inni nazionali; e poi, prima del Requiem, dalla presentazione di due composizioni corali: Libertas animi dello sloveno Andrej Misson (2008) e Himna slobodi del croato Jakov Gotovac (1928). A dispetto degli 80 anni che le separano, non sono poi musicalmente così distanti, ancorate alla tonalità ed alle tradizioni orientali e slave.

Si racconta che Beethoven ammirasse il Requiem di Cherubini più di quello di Mozart, al quale peraltro il nostro è debitore. Nessun solista qui, ma soltanto cori, onde evitare – selon Cherubini - tentazioni melodrammatiche. Che peraltro emergono qua e là, come nel plateale colpo di tam-tam che segue la fanfara di apertura del Dies Irae, prima dell'ingresso in tremolo degli archi alti: curiosa la notazione, che lo pone sul rigo dei bassi del coro:
























O anche nei poderosi accordi di MIb maggiore che chiudono (due volte) il Tempo a cappella dell'Offertorium, precorrendo quelli (in FA) del Sanctus verdiano.

Straordinaria, a proposito dell'Offertorium, la tripla fuga sul Quam olim Abrahae, che non sfigura per nulla rispetto a quelle, colossali, del futuro Requiem brahmsiano.

Insomma, 50 minuti di grande musica, che il pubblico che gremiva il Pala De André ha ascoltato in raccoglimento davvero… religioso. Esplodendo poi in un lungo e liberatorio applauso per le legioni di coristi (200) e strumentisti (100), per i maestri dei cori e, inutile aggiungerlo, per Riccardo Muti, che con pagine come questa sembra davvero immedesimarsi spiritualmente, prima ancora che musicalmente.

E così, un Festival che era partito, ahinoi, con la pesante tegola della forzata defezione di Abbado ha avuto una conclusione trionfale.

2 commenti:

Amfortas ha detto...

Come hai anticipato tu, stasera Muti è a Trieste in Piazza Unità d'Italia. Io non ci vado perché si tratterà di una ressa impressionante di persone e perché fa un caldo assurdo. Inoltre, le polemiche politiche che hanno preceduto il concerto mi hanno letteralmente schifato.
Nessuno si lamenterà della mia assenza, peraltro, anche se uno dei potentati triestini ci è rimasto male quando ho risposto "no, grazie" alla sua offerta di due biglietti.
Ciao!

daland ha detto...

@Amfortas

evidentemente anche l'amicizia è cosa difficile da celebrare! Speriamo almeno che la presenza di Napolitano serva a rasserenare l'ambiente!