Succederà un po’ a tutti di inciampare - rovistando in qualche cassa in cantina, o riordinando scaffali di libri e dischi - in qualche reliquia dei tempi andati, di cui si era quasi persa la memoria.
In questi giorni mi è capitato fra le mani un ponderoso raccoglitore, ottimamente rilegato ed ancora in uno stato più che buono, contenente 12 long-playing - immagino che oggi darebbero un suono piuttosto frusciante - e un fascicolo di presentazione, titolato Festival di Musica Classico-Leggera, un’opera pubblicata da Selezione del Readers’s Digest in collaborazione, per i dischi, con RCA.
Non ho trovato nè sulla carta, nè sui vinili alcuna data, ma posso farlo risalire con apprezzabile certezza ai primi anni ’60, diciamo 1961-1962. Era stato forse per me il primo supporto e strumento di presa di confidenza con la musica seria, un regalo della mamma, persona assai colta, ma piuttosto digiuna di conoscenze in quel campo, che però immaginava che un figlio, per promuoversi nella buona società, dovesse colmare quella sua lacuna. E dato che abitavamo in provincia, anzi proprio in una valle del bresciano, quei primi dischi erano, insieme alla vecchia e gracchiante radio a valvole, e alla neo-arrivata TV, l’unico strumento atto alla bisogna.
Tornando alla raccolta, si tratta di una settantina di brani tipo Schiaccianoci, Preludi di Traviata, la Moldava, Walzer di Strauss, Rapsodie di Liszt, Intermezzi di Mascagni e cose simili, dirette da gente a me allora totalmente sconosciuta, tipo Alexander Gibson, sir Adrian Boult, Massimo Freccia, René Leibowitz...
Ma ciò che mi ha colpito, rileggendola oggi, è la prefazione al fascicolo di accompagnamento, firmata nientemeno - lo dico adesso - che da Arthur Fiedler. Che scriveva:
“...è musica leggera... e tuttavia è musica di pregio... quindi da prendere sul serio... brani che hanno superato il secolo, alcuni, come il florilegio di Mozart (Eine Kleine Nachtmusik, ndr) s‘avviano già verso il secondo centenario... tutte melodie che hanno resistito ai capricci delle mode, ai mutamenti sociali, al trasformarsi dei modi, al rinnovarsi dei costumi e delle abitudini; e oggi brillano ancora di luce serena come brillarono il giorno in cui furono udite per la prima volta”.
E concludeva:
“...questa musica appartiene a tutti, all’iniziato come a colui che non riesce a distinguere una fuga da un fandango. Non occorre nessuna competenza particolare, nessuna formula, nessun apriti-sesamo per apprezzarla. Basta un cuore sensibile“.
A distanza di quasi 50 anni le parole di Fiedler non hanno perso un grammo della loro appropriatezza, poichè quelle musiche non hanno perso un grammo del loro fascino.
La domanda è: fra 100-150-200 anni, che fine avranno fatto le musiche di oggi?
(qualunque riferimento a Giovanni Allevi & C è puramente deliberato)
In questi giorni mi è capitato fra le mani un ponderoso raccoglitore, ottimamente rilegato ed ancora in uno stato più che buono, contenente 12 long-playing - immagino che oggi darebbero un suono piuttosto frusciante - e un fascicolo di presentazione, titolato Festival di Musica Classico-Leggera, un’opera pubblicata da Selezione del Readers’s Digest in collaborazione, per i dischi, con RCA.
Non ho trovato nè sulla carta, nè sui vinili alcuna data, ma posso farlo risalire con apprezzabile certezza ai primi anni ’60, diciamo 1961-1962. Era stato forse per me il primo supporto e strumento di presa di confidenza con la musica seria, un regalo della mamma, persona assai colta, ma piuttosto digiuna di conoscenze in quel campo, che però immaginava che un figlio, per promuoversi nella buona società, dovesse colmare quella sua lacuna. E dato che abitavamo in provincia, anzi proprio in una valle del bresciano, quei primi dischi erano, insieme alla vecchia e gracchiante radio a valvole, e alla neo-arrivata TV, l’unico strumento atto alla bisogna.
Tornando alla raccolta, si tratta di una settantina di brani tipo Schiaccianoci, Preludi di Traviata, la Moldava, Walzer di Strauss, Rapsodie di Liszt, Intermezzi di Mascagni e cose simili, dirette da gente a me allora totalmente sconosciuta, tipo Alexander Gibson, sir Adrian Boult, Massimo Freccia, René Leibowitz...
Ma ciò che mi ha colpito, rileggendola oggi, è la prefazione al fascicolo di accompagnamento, firmata nientemeno - lo dico adesso - che da Arthur Fiedler. Che scriveva:
“...è musica leggera... e tuttavia è musica di pregio... quindi da prendere sul serio... brani che hanno superato il secolo, alcuni, come il florilegio di Mozart (Eine Kleine Nachtmusik, ndr) s‘avviano già verso il secondo centenario... tutte melodie che hanno resistito ai capricci delle mode, ai mutamenti sociali, al trasformarsi dei modi, al rinnovarsi dei costumi e delle abitudini; e oggi brillano ancora di luce serena come brillarono il giorno in cui furono udite per la prima volta”.
E concludeva:
“...questa musica appartiene a tutti, all’iniziato come a colui che non riesce a distinguere una fuga da un fandango. Non occorre nessuna competenza particolare, nessuna formula, nessun apriti-sesamo per apprezzarla. Basta un cuore sensibile“.
A distanza di quasi 50 anni le parole di Fiedler non hanno perso un grammo della loro appropriatezza, poichè quelle musiche non hanno perso un grammo del loro fascino.
La domanda è: fra 100-150-200 anni, che fine avranno fatto le musiche di oggi?
(qualunque riferimento a Giovanni Allevi & C è puramente deliberato)
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2 commenti:
Bellissimo questo tuo inciampo casalingo, credo che da qualche parte dovrei avere anch'io la raccolta in questione.
La chiusa della presentazione di Fielder mi ricorda il consiglio di GB Shaw a proposito del Ring.
…il modesto cittadino che si immagina di non essere in grado di godere l’Anello data la sua ignoranza musicale, può bandire senz’altro ogni dubbio di questo genere.
Se egli è appena suscettibile di emozione musicale, vedrà che Wagner non richiede altro.
@amfortas,
forse Shaw avrebbe fatto bene a fermarsi ad un ascolto "emozionale" del Ring.
Invece ha preteso anche di "capirlo" e - trovando che la conclusione non rispettava le sue proprie convinzioni e aspettative - ha dato del mentecatto a Wagner!
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