Claus
Peter Flor
si fa russo per il concerto di questa settimana.
Programma che percorre a ritroso la prima metà del ‘900, nel nome di tre dei
principali compositori russi di quel periodo.
Si comincia da Shostakovich e dalla sua Ouverture festiva, composta nel 1947
in occasione dei 30 anni della Rivoluzione.
Il fatto che un brano come questo -
abbastanza carico di facile retorica e di ingenuo entusiasmo - sia stato ideato
da Shostakovich per iniziativa personale e non per compiacere all’establishment del PCUS (lo testimoniano
la pubblicazione e la prima esecuzione, avvenute soltanto parecchi anni dopo la
composizione) è l’ennesima prova della sincerità dei sentimenti rivoluzionari
del compositore, a dispetto di tutte le angherie che aveva dovuto (e ancora avrebbe
dovuto) sopportare da parte dei bidelli
(nonchè aguzzini) di quello stesso
establishment.
L’Ouverture ha una struttura assai
semplice, essendo in forma-sonata priva di sviluppo. Seguiamola per sommi capi
in questa travolgente esecuzione di Temirkanov a Stoccolma nel
2009 (cerimonia del Nobel).
Introduzione
(Allegretto 3/4 LA maggiore);
Esposizione
(Presto, 4/4 alla breve).
44” Primo tema in LA
maggiore;
1’59” Secondo tema nella
dominante MI maggiore;
Ricapitolazione
2’51” Primo tema in
LA maggiore;
3’45” Secondo tema ripreso nella tonica LA
maggiore;
Coda
4’45” (Poco meno mosso, 3/2, Tema dell’Introduzione);
Stretta
finale
5’16” (Presto, 4/4 alla breve, Tema B
accelerato).
Gagliarda l’esecuzione de laVerdi, che serve a riscaldare gli animi
(ma anche i corpi) raffreddati da questo inverno... precoce.
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Ecco poi il giovane Luca Buratto cimentarsi per la terza volta con laVerdi, e dopo due Rach (2-3) interpretare il ben più ostico Secondo Concerto di Prokofiev, del quale è ancora vivo il
ricordo dell’ultima esecuzione qui in Auditorium, dovuta a Valentina
Lisitsa
nel 2014.
Il
26enne milanese non tradisce le aspettative e strapazza come si deve (a...
Prokofiev) il prezioso strumento, senza farsi intimidire dalla colossale
cadenza che occupa buona parte del primo movimento, superata con fredda
determinazione. Certo non è strano che il pubblico che udì per la prima volta
quest’opera ne fosse rimasto in prevalenza orripilato... ma il tempo è
galantuomo, se a più (o meno) di un secolo di distanza ancora il brano occupa
le locandine dei concerti in tutto il mondo. Per contrappasso Luca ci offre un
celestiale bis monteverdiano,
apprezzato ed applaudito (anche dal suo maestro Davide Cabassi...)
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Ha chiuso la serata la celebre Suite dall’Uccello di Fuoco di Stravinski, uno dei tanti cavalli di
battaglia dell’Orchestra. Che anche stavolta non si smentisce. Farei un unico
appunto a Flor: aver fatto annegare il tema principale del Maestoso finale nell’incandescente ma indistinto magma orchestrale.
Ma il pubblico ha apprezzato assai.
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