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13 aprile, 2018

laVerdi 17-18 – Concerto n°22


                                           
Claus Peter Flor si fa russo per il concerto di questa settimana. Programma che percorre a ritroso la prima metà del ‘900, nel nome di tre dei principali compositori russi di quel periodo.

Si comincia da Shostakovich e dalla sua Ouverture festiva, composta nel 1947 in occasione dei 30 anni della Rivoluzione.


Il fatto che un brano come questo - abbastanza carico di facile retorica e di ingenuo entusiasmo - sia stato ideato da Shostakovich per iniziativa personale e non per compiacere all’establishment del PCUS (lo testimoniano la pubblicazione e la prima esecuzione, avvenute soltanto parecchi anni dopo la composizione) è l’ennesima prova della sincerità dei sentimenti rivoluzionari del compositore, a dispetto di tutte le angherie che aveva dovuto (e ancora avrebbe dovuto) sopportare da parte dei bidelli (nonchè aguzzini) di quello stesso establishment.   

L’Ouverture ha una struttura assai semplice, essendo in forma-sonata priva di sviluppo. Seguiamola per sommi capi in questa travolgente esecuzione di Temirkanov a Stoccolma nel 2009 (cerimonia del Nobel).

Introduzione (Allegretto 3/4 LA maggiore);

Esposizione (Presto, 4/4 alla breve).  
44” Primo tema in LA maggiore;   
1’59” Secondo tema nella dominante MI maggiore;   

Ricapitolazione
2’51” Primo tema in LA maggiore;  
3’45”  Secondo tema ripreso nella tonica LA maggiore;

Coda
4’45” (Poco meno mosso, 3/2, Tema dell’Introduzione);

Stretta finale
5’16” (Presto, 4/4 alla breve, Tema B accelerato).

Gagliarda l’esecuzione de laVerdi, che serve a riscaldare gli animi (ma anche i corpi) raffreddati da questo inverno... precoce.
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Ecco poi il giovane Luca Buratto cimentarsi per la terza volta con laVerdi, e dopo due Rach (2-3) interpretare il ben più ostico Secondo Concerto di Prokofiev, del quale è ancora vivo il ricordo dell’ultima esecuzione qui in Auditorium, dovuta a Valentina Lisitsa nel 2014.

Il 26enne milanese non tradisce le aspettative e strapazza come si deve (a... Prokofiev) il prezioso strumento, senza farsi intimidire dalla colossale cadenza che occupa buona parte del primo movimento, superata con fredda determinazione. Certo non è strano che il pubblico che udì per la prima volta quest’opera ne fosse rimasto in prevalenza orripilato... ma il tempo è galantuomo, se a più (o meno) di un secolo di distanza ancora il brano occupa le locandine dei concerti in tutto il mondo. Per contrappasso Luca ci offre un celestiale bis monteverdiano, apprezzato ed applaudito (anche dal suo maestro Davide Cabassi...)
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Ha chiuso la serata la celebre Suite dall’Uccello di Fuoco di Stravinski, uno dei tanti cavalli di battaglia dell’Orchestra. Che anche stavolta non si smentisce. Farei un unico appunto a Flor: aver fatto annegare il tema principale del Maestoso finale nell’incandescente ma indistinto magma orchestrale. Ma il pubblico ha apprezzato assai.

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