Il
30enne orsacchiotto uzbeko Aziz
Shokhakimov onora finalmente la sua posizione di Direttore Principale Ospite de laVerdi tornando dopo 18 mesi sul podio dell’Auditorium per dirigervi
un concerto dall’impaginazione
ancora una volta piuttosto inconsueta. Dopo la respighiana Sinfonia Drammatica e la Prima
di Kalinnikov, ascoltiamo un’altra quasi-primizia per l’Orchestra (che non la
eseguiva da 20 anni): la Quarta Sinfonia di Carl August Nielsen.
Il quale, a dispetto delle reiterate
dichiarazioni di voler comporre musica
assoluta e non a programma, pose
sottotitoli a 4 delle sue 6 sinfonie, etichette che sembrano rivaleggiare con
quelle di Scriabin: i 4 temperamenti (no, non musicali, ma
psicologici); sinfonia espansiva; l’inestinguibile; sinfonia semplice. Ed è appunto quella denominata Inestinguibile (per la quale è
l’attributo di Sinfonia ad essere posto come sottotitolo!) che ascoltiamo
questa settimana, composta nei primi anni della Grande Guerra. A fronte della quale l’Autore lasciò un programma (a proposito!)
assai dettagliato, quanto ambiguo e contraddittorio, ma riassunto dal concetto:
così come la vita, anche la musica è inestinguibile! (messa così, la
definizione si attaglia al 99,9% di ogni composizione, almeno nelle intenzioni
dei compositori...)
La partitura non indica alcuna
suddivisione classica in movimenti,
ma solo alcune notazioni agogiche (accompagnate da cambi di chiave) che possono interpretarsi come
confini fra 4 pseudo-parti (ma per il resto, manca ogni soluzione di continuità):
l’Allegro iniziale, poi il Poco allegretto, quindi il Poco adagio, quasi andante e infine l’Allegro che chiude il brano. La forma ha
risvolti ciclici, poichè il tema
principale (glorioso) che monopolizza
l’Allegro iniziale torna a farsi udire nel finale:
ma siamo più alla fantasia che alla sinfonia, a dir il vero. A proposito del
citato tema principale, ne è già stata notata (Ludvig Dolleris, 1949) la stretta rassomiglianza con quello che
evoca l’alba nella straussiana Alpensinfonie
(composta subito prima del lavoro di Nielsen): l’andamento degradante e la
tonalità di LA maggiore ne sono testimoni:
L’orchestra è assai nutrita, ma vi mancano le percussioni a suono indeterminato; in compenso un secondo timpanista è prescritto per intervenire nel finale. Sì, poichè verso la conclusione della sinfonia esplode una vera e propria battaglia di timpani (artiglierie contrapposte nella Grande Guerra, a proposito di musica a programma...) che si chiude con i due esecutori impegnati (per terze!) in una folle salita cromatica (10 delle 12 note della scala) in glissando, il che richiede l’uso esperto dei piedi, oltre che delle braccia:
Altra curiosità riguarda l’impegno del Controfagotto (parlo dello strumento): in
più di mezz’ora di musica, viene suonato (dallo strumentista del Fagotto III)
per sole 18 battute, proprio all’inizio della citata battaglia di timpani, e per emettere una sola nota (SI).
In
definitiva, un lavoro che merita rispetto più che ammirazione, ecco.
Shokhakimov ci ha sguazzato dentro, nulla lesinando delle brutalità sonore che
lo costellano, e cercando poi di far emergere - nelle sezioni centrali -
qualche squarcio lirico e contemplativo. E l’Orchestra ha dato il massimo per
renderci digeribile il tutto. Un appunto che mi sento di fare riguarda la disposizione
della coppia di timpani: Nielsen prescrive che i due esecutori siano dislocati
ai lati opposti dell’orchestra, evidentemente per creare un effetto di
contrapposizione-a-distanza fre due agenti... bellici. Invece le otto caldaie
erano poste una adiacente all’altra, col che si è perso totalmente l’effetto-stereo,
ottenendo per contro un sesquipedale fracasso indistinto e monocorde.
___
Chiudono
la serata i Quadri di Musorgski
nella celebre strumentazione di Ravel.
Quasi esattamente 6 anni orsono erano risuonati qui in Auditorium sotto la
bacchetta di un (allora) giovane rampante: Jader
Bignamini. Riapparsi nell’autunno 2013 con un altro giovane, D’Espinosa, tornano oggi con Shokhakimov,
anche lui (ancora) giovane e a suo modo rampante:
Non so
se si capisce, ma l’orso qui raffigurato brandisce la clava proprio come Aziz
la bacchetta (!!!) A parte le battute (e poi il Direttore, per i Quadri, la
bacchetta l’ha proprio abbandonata...) mi sento di riconoscere a Shokhakimov di
essere assai cresciuto, rispetto alle precedenti apparizioni da queste parti:
meno atteggiamenti gigioneschi e lodevole sobrietà di gesto e precisione di
attacchi. Insomma, l’orso si sta addomesticando!
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