Jader
Bignamini si
riaffaccia in Auditorium per dirigere un insolito
programma
che accosta l’autore di sinfonie più... autorevole dell’intero ‘800 ad uno dei
suoi più autorevoli interpreti del ‘900, a sua volta cimentatosi come autore di
sinfonie... I due brani proposti nel concerto sono legati da un labilissimo
filo: l’opera di Bernstein è sottotitolata Egloga
barocca, e come tale sembrerebbe richiamare (ma solo in apparenza) scenari
bucolici che sono poi al centro della Pastorale
beethoveniana.
E si parte proprio da Lenny Bernstein e dalla sua sinfonia-a-programma-con-pianoforte-obbligato
The
age of anxiety, che ci viene riproposta qui da Emanuele Arciuli a più di 6 anni di distanza da quando lui stesso la interpretò
con Marshall.
Ascolto sempre interessante, ma
obiettivamente di non facile digestione, anche conoscendo dettagliatamente il programma letterario che sottende il
brano. Arciuli - che forse tornava a suonare il pezzo dal 2012 - si tiene per
sicurezza lo spartito sul leggio, mentre Bignamini pare che diriga la sinfonia
ogni santo giorno... visto che si permette di lasciare la partitura in
camerino!
Il pubblico - abbastanza folto, il che
fa sempre piacere - ha mostrato di gradire assai, accogliendo la prestazione di
solista e orchestra con calore e simpatia.
___
Di Beethoven ecco poi l’inflazionata Pastorale,
di cui Bignamini ha dato un’interpretazione assolutamente convincente, per
leggerezza, brio, romanticismo, equilibrio. Evocando e ricreando mirabilmente
quelle sensazioni al contatto con la
natura che il genio di Bonn intendeva programmaticamente condividere con
noi con la sua sesta.
L’orchestra - per l’occasione Bignamini
ha disposto al proscenio i violini secondi (che hanno parti di rilievo)
rimpiazzati sulle loro sedie dalle viole - a sua volta ha dato il meglio di sè,
in tutti i reparti e si è meritata, con il Maestro, ovazioni a non finire.
Insomma, una serata da incorniciare.
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