Ieri pomeriggio al Valli di Reggio E. (piacevolmente affollato in ogni ordine di
posti) si è chiuso il tour emiliano
de La Gioconda, già transitata
a marzo da Piacenza e Modena (teatri co-produttori dello spettacolo). Rendo
subito merito alla provincia
(emiliana, nella fattispecie) che ancora una volta mostra di saper proporre e
allestire opere importanti e difficili come questa, raggiungendo allo stesso
tempo risultati di tutto rispetto.
È noto che le difficoltà di allestire
Gioconda risiedono principalmente nella necessità di mettere insieme un cast vocale di quantità (oltre che
qualità) assai robusta: si tratta di sei protagonisti e deuteragonisti che
coprono altrettante (quindi tutte le) diverse tessiture vocali. E il cast che
ha sostenuto per intero la prova si è dimostrato mediamente all’altezza del
compito.
A partire dal Barnaba di Sebastian Catana, davvero convincente
sia sul piano vocale (ottima impostazione e timbro bronzeo) che su quello
scenico, perfettamente calato nel truce personaggio.
Francesco
Meli
conferma le sue doti di fine lirico, sfoggiando difficili acuti a mezza voce e
timbro cristallino. Il suo cielo&mar è
stato lunghissimamente applaudito da un pubblico in delirio, che in pratica lo
ha costretto ad un bis che
taglierebbe la... gola a chiunque.
Bene la Cieca di Agostina Smimmero, voce corposa e passante, accompagnata ad
un’efficace presenza scenica.
Giacomo
Prestia
è stato un Alvise corretto, ma i decibel
cominciano a scarseggiare e - forse involontariamente - Callegari lo ha un paio
di volte coperto con eccessivo volume dell’orchestra.
Note discrete, non di più, per le due
donne principali: Saioa Hernández ha un vocione invidiabile, ma assai poco... disciplinato,
dall’emissione periclitante e con acuti spesso tendenti alla vociferazione. Si
è salvata con il... suicidio (!) che
essendo l’aria più impegnativa dell’opera è stata probabilmente studiata e
messa a punto meglio del resto. Anna
Maria Chiuri ha mostrato discreta padronanza del ruolo di Laura, ma negli
acuti ha manifestato analogie con la Gioconda: il loro duetto-scontro del
second’atto è stato un po’ un festival dello schiamazzo, ecco...
Oneste le prestazioni dei comprimari Dellavalle, Donini, Izzo e Tansini. Un encomio al Coro piacentino
di Corrado Casati e ai piccoli del Farnesiano guidati da Mario Pigazzini (tutti applauditissimi
alla fine).
Ottime cose ha fatto il concertatore Daniele Callegari, che ha saputo
estrarre e soprattutto valorizzare le tante raffinatezze dell’orchestrazione di
Ponchielli, mantenendo (quasi) sempre un buon equilibrio nel sostegno delle
voci. Onori ovviamente all’Orchestra ORER, sia come complesso che come singoli,
spesso chiamati da Ponchielli a difficili passaggi solistici.
In definitiva, un bel successo sul piano
musicale.
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Successo condiviso dall’equipe
responsabile dell’allestimento. Federico
Bertolani ha rispettato in pieno lo spirito ed anche la lettera del
soggetto di Boito-Ponchielli, mettendo in risalto gli aspetti peculiari delle
personalità dei diversi protagonisti del dramma. Una volta tanto è stata
apprezzabile l’esecuzione del Preludio a sipario alzato: un tableau-vivant dove - sottolineati dai
temi del Rosario e di Barnaba - il pubblico ha potuto far conoscenza con i
principali protagonisti del dramma.
Il regista si
è avvalso di scene (Andrea Belli) di
assoluto ma essenziale ed efficace minimalismo: cielo e mar, verrebbe da dire, che sono
onnipresenti nell’opera, e che si materializzano nell’acqua vera che allaga il palco (e riverbera le
sue increspature fin sul soffitto del teatro...) e sul cielo dalle sfumature
tenui, che fa da sfondo e si confonde con l’acqua, proprio come accade
normalmente in laguna. Fa eccezione l’ambientazione del terzo atto, dove
l’interno della Ca’ d’Oro è rappresentato come un enorme crogiolo tutto rosso
porpora: il sangue che viene versato da ciò che si trama in quell’ambiente. Ambiente
abitato invece - e qui siamo al nero più nero - da autentici pipistrelli (quali
appaiono tutti i dignitari - e
rispettive consorti - della Repubblica colà riuniti).
Efficaci e
raffinati i costumi di Valeria Donata Bettella, così come i
giochi di luce di Fiammetta Baldisserri.
Gioconda è un
grand-opéra infarcito di danze e balletti. La Compagnia Artemis Danza di Monica
Casadei si fa carico di questa non marginale componente dello spettacolo,
valorizzandola al meglio, pur con risorse ridottissime (6 danzatori per Le ore!)
In complesso:
una prova encomiabile da parte di tutti, che il pubblico ha gratificato di
lunghi e calorosi applausi. Viva la provincia!
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