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05 febbraio, 2018

Perle musicali


I geni della musica sono riconosciuti come tali non solo per aver ideato e costruito mirabili architetture sinfoniche o per aver rivestito di note immortali alcuni testi letterari, ma anche, per non dire soprattutto, per aver saputo impiegare con assoluta genialità (appunto) il mezzo musicale a supportare i soggetti musicati.

Spesso e volentieri queste intuizioni geniali riguardano dettagli minimi e apparentemente trascurabili, dettagli che sfuggono all’ascoltatore superficiale, ma spesso anche a quello più attento e preparato. Ma poi, quando si scoprono, ad un’analisi più profonda, si rivelano essere delle vere proprie perle. Che inducono quindi nell’ascoltatore, al di là dell’apprezzamento estetico, anche un piacere squisitamente intellettuale.

Eccone un esempio pratico: riguarda il rapporto fra espressione musicale e genere (inteso qui come essere umano maschio-femmina). Ora, da che mondo è mondo, si associano ai due generi (o sessi, se si preferisce) gli attributi di forte (il maschio) e debole (la femmina). Attributi che non sono stati soppiantati nemmeno da fenomeni di costume (il femminismo) o da teorie filosofiche o antropologiche e che rimangono tuttora radicati nel senso comune.

In un mirabile saggio sul DonGiovanni, comparso su Musica&Dossier del 1987, il grande Roman Vlad ci fa notare un’autentica perla mozartiana (ovviamente c’è lo zampino di DaPonte, sul fronte testo) analizzando il celeberrimo duettino Don-Zerlina del primo atto. È il maschio ad iniziarlo con Là ci darem la mano, là mi dirai di sì, e di seguito la femmina risponde, sulla stessa linea melodica, con Vorrei, e non vorrei, mi trema un poco il cor. Bene, osserviamo i due attacchi (tempo 2/4): quello del Don (sesso-forte) è sul tempo-forte della battuta; quello di Zerlina (sesso-debole) è sul tempo-debole della battuta!

La stessa cosa, mutatis mutandis (questo mi permetto io di osservarlo) succede con Bellini nella Norma, nel celebre duetto del finale (4/4). Qui è la femmina a cantare la prima frase In mia man alfin tu sei; Pollione risponde poi, sulla stessa linea melodica con No, sì vil non sono.

 
Come si vede, anche Bellini (complice Romani) applica la stessa geniale idea del Teofilo!

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