I geni della musica sono riconosciuti
come tali non solo per aver ideato e costruito mirabili architetture sinfoniche
o per aver rivestito di note immortali alcuni testi letterari, ma anche, per
non dire soprattutto, per aver saputo impiegare con assoluta genialità
(appunto) il mezzo musicale a supportare i soggetti musicati.
Spesso e volentieri queste intuizioni
geniali riguardano dettagli minimi e apparentemente trascurabili, dettagli che
sfuggono all’ascoltatore superficiale, ma spesso anche a quello più attento e
preparato. Ma poi, quando si scoprono, ad un’analisi più profonda, si rivelano
essere delle vere proprie perle. Che
inducono quindi nell’ascoltatore, al di là dell’apprezzamento estetico, anche
un piacere squisitamente intellettuale.
Eccone un esempio pratico: riguarda il
rapporto fra espressione musicale e genere
(inteso qui come essere umano
maschio-femmina). Ora, da che mondo è mondo, si associano ai due generi (o
sessi, se si preferisce) gli attributi di forte
(il maschio) e debole (la femmina).
Attributi che non sono stati soppiantati nemmeno da fenomeni di costume (il
femminismo) o da teorie filosofiche o antropologiche e che rimangono tuttora
radicati nel senso comune.
In un
mirabile saggio sul DonGiovanni,
comparso su Musica&Dossier del 1987, il grande Roman Vlad ci fa notare un’autentica perla mozartiana (ovviamente c’è lo
zampino di DaPonte, sul fronte testo) analizzando il celeberrimo duettino
Don-Zerlina del primo atto. È il maschio ad iniziarlo con Là ci darem la mano, là mi dirai di sì,
e di seguito la femmina risponde, sulla stessa linea melodica, con Vorrei, e non
vorrei, mi trema un poco il cor. Bene, osserviamo i due attacchi
(tempo 2/4): quello del Don (sesso-forte)
è sul tempo-forte della battuta;
quello di Zerlina (sesso-debole) è
sul tempo-debole della battuta!
La stessa cosa, mutatis mutandis (questo
mi permetto io di osservarlo) succede con Bellini
nella Norma, nel celebre duetto
del finale (4/4). Qui è la femmina a cantare la prima frase In mia man alfin tu
sei; Pollione risponde poi, sulla stessa linea melodica con No, sì vil non sono.
Come si vede, anche Bellini (complice Romani) applica la stessa geniale idea
del Teofilo!
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