La stagione concertistica della Scala ha ospitato
negli scorsi tre giorni il venerabile Herbert Blomstedt, che ha diretto un programma tanto classico quanto
impegnativo: non una, ma ben due sinfonie
incompiute.
Dapprima l’Incompiuta per
antonomasia (qui il venerabile con la Staatskapelle Dresden) che a seconda dei
criteri di censimento delle opere schubertiane viene catalogata come settima oppure ottava. Blomstedt si tiene sul leggio la pocket-score Philharmonia, ma ben chiusa, quasi fosse una sacra reliquia
da cui trarre ispirazione. La tocca solo a cose fatte quando, rispondendo agli
scroscianti applausi, la prende con la sinistra e con la destra… l’applaude!
Che dire: una lettura magistrale, della
quale non saprei cosa lodare di più… tranne forse l’esposizione del tema in SOL
(poi in RE) dell’Allegro moderato,
che il venerabile pareva proprio… succhiare fuori dai violoncelli che aveva di
fronte a lui (orchestra in configurazione alto-tedesca, naturalmente): una cosa
invero emozionante.
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Ecco poi la Nona di Bruckner (qui sempre lui ai PROMS con la
GustavMahlerJugend). Sulla
possibile ispirazione della sinfonia, oltre che sui suoi contenuti… tecnici, ho
scritto tempo fa le mie personali fisime, in occasione di una
performance de laVERDI.
L’orchestra si rimpingua, in particolare
nei fiati: tutti a-tre, esclusi i
corni (9, di cui i 4 posti dietro prendono le tubette wagneriane nell’Adagio finale) e le tube (2 con un
esecutore). Anche qui partitura (non identificabile perché ricoperta in pelle
nera) sul leggio, rigorosamente chiusa.
Splendida la prestazione dell’orchestra,
che evidentemente con guide… venerabili si ricorda del suo valore! Blomstedt ne
cava dei pianissimo mirabili e – quando ce vo’ ce vo’ – delle sonorità al
limite della barbarie (alludo al forsennato tema dello Scherzo). Dopo che gli ottoni,
sui tre pizzicato degli archi, hanno esalato l’ultimo respiro, il venerabile
tiene (e ottiene, miracolo!) almeno 15 secondi di religioso silenzio. Poi si
scatena un autentico diluvio di applausi.
Serata di quelle che ti fanno dire,
nonostante tutto: la vita è bella!
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Allego con l’occasione uno studio su
Bruckner
di Sergio Martinotti apparso su Musica&Dossier del Novembre 1990.
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