Bisogna
ammettere che il ciclo completo delle Sinfonie di Dvorak, dirette dallo
specialista Aldo Ceccato, non è proprio nato sotto una buona stella: a parte la
bizzarra idea di distribuirlo su più stagioni (siamo alla terza e ancora
mancheranno due, anzi a questo punto tre sinfonie delle nove!) e di eseguire le
sinfonie a ritroso (?!) è anche stato
colpito da diverse disavventure, ultima delle quali la disdetta per questo
concerto, dove era prevista la terza.
Così è stato chiamato sul podio Gustavo Gimeno, ex-percussionista del Concertgebouw passato alla direzione, che ha rimpiazzato Dvorak con Rimski (e la sempre seducente Shéhérazade) lasciando inalterata la prima parte del programma. Ieri pomeriggio, per la terza replica del concerto, a dispetto della pioggerella noiosa che invitava a rimanersene a casa, seduti sul sofà e con un plaid sulle gambe, l’Auditorium era abbastanza affollato.
Così è stato chiamato sul podio Gustavo Gimeno, ex-percussionista del Concertgebouw passato alla direzione, che ha rimpiazzato Dvorak con Rimski (e la sempre seducente Shéhérazade) lasciando inalterata la prima parte del programma. Ieri pomeriggio, per la terza replica del concerto, a dispetto della pioggerella noiosa che invitava a rimanersene a casa, seduti sul sofà e con un plaid sulle gambe, l’Auditorium era abbastanza affollato.
Si è quindi
iniziato con Vocalise, un brano scritto nel 1912 da Rachmaninov per un’amica
soprano, dove la voce solista deve cantare una melodia senza parole,
semplicemente emettendo, appunto, vocalizzi. Della composizione originaria, che
è in DO# minore per voce e pianoforte, sono state fatte innumerevoli
trascrizioni, una delle quali, di mano dell’Autore, trasportata in MI minore, rimpiazza
la voce con una squadra di violini solisti (da 16 a 20!) che si aggiungono ad
una robusta formazione cameristica di archi (6-6-6-4-4) e ad una sezione di
fiati (11 strumentisti, con i soli 2 corni in rappresentanza degli ottoni):
Il brano ha
una struttura assai semplice, essendo costituito da due sezioni rispettivamente
di 18 e 13 battute, ciascuna da ripetersi, più una coda di 8 battute: in tutto
quindi 70 battute di musica. Una specie di numero cabalistico, di questi tempi,
per Rachmaninov, di cui quest’anno ricorre un anniversario doppiamente… 70°:
concludendosi in pratica nel 2013 un secondo ciclo di vita di Rachmaninov, appunto
70 anni fra gli uomini e altrettanti in… purgatorio (?)
Vocalise è una melopea
dal carattere tipicamente russo, crepuscolare, assai buona per prendere sonno (stra-smile!) e quindi intonata alla
stagione; una cosa tipo Il lago incantato
di Liadov, per intenderci, composto
pochissimi anni prima. Certo, come antipasto l’Ouverture di Cavalleria leggera avrebbe scaldato di
più tutti quanti, pubblico e strumentisti (!!!)
Pedroni ci ha
comunque porto questa che è la composizione più famosa di Rachmaninov con
grande sensibilità, senza mai cadere in eccessi decadenti o in facili
sdolcinature: l’Adagio sostenuto centrale
mi è parso il momento migliore della prestazione, sua ma anche di quella
dell’orchestra, che lo ha introdotto e poi accompagnato con sobrietà e pulizia.
Grande successo,
ripagato con un bis elegiaco.
In sostituzione
della terza di Dvorak (che al mondo conosce solo Ceccato… smile!) ha chiuso il concerto un’opera che personalmente non mi stanco
mai di ascoltare. E dal vivo ho ascoltato meno di un mese fa al MITO, suonata dagli
ex-leningradesi di Temirkanov.
Shéhérazade è in effetti un capolavoro che laVerdi
ormai padroneggia al punto da non aver sfigurato (alle mie orecchie, quantomeno)
di fronte ai marziani russi. Gimeno, ampiamente
da giustificarsi, stante la chiamata quasi all’ultimo momento, deve aver semplicemente
lasciato suonare i ragazzi some sanno. Così - raccontata dal violino di Shéhéra-niello (!) - ne è sortita un’esecuzione del tutto
apprezzabile, e quindi lungamente osannata dal pubblico.
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