Ieri, nell’ambito dell’annuale Festival Verdi, penultima recita del Simone, in un Regio affollato (ma non proprio esaurito) di un pubblico
cosmopolita (tedesco e francese le lingue più diffuse nel foyer).
Si sa che il Simone è opera ostica, cupa, difficile da digerire; persino i pochi
momenti di relativa serenità sono velati da inquietudine, presagi oscuri e minacce
incombenti. La versione ultima del 1881 poi perde anche quell’unico squarcio di
allegria, di giubilo, di festa che animava la parte finale del primo atto,
sostituita da quella scena vergata da Boito e stupendamente musicata da Verdi
che è un autentico capolavoro, ma che non fa se non aggiungere angoscia ad un
dramma di per sé già buio, a dispetto del secolo in cui è ambientato, che
vedeva ormai l’avvicinarsi del Rinascimento, evocato proprio nella nuova scena
boitiana dal riferimento (involontariamente?) comico al Petrarca.
In più si tratta di un’opera dove
l’azione scarseggia, mentre vi tengono banco le più diverse pulsioni dell’animo
umano, personali o collettive che siano; e dove persino la trama è ostica e
difficile a decifrarsi anche a chi abbia studiato con cura il libretto…
Insomma, un’opera di Verdi da approcciarsi quasi fosse il Wozzeck!
La regìa – non nuova - di Hugo de Ana è assolutamente in linea con
lo spirito e la lettera del libretto: scene austere e cupe, recanti su un verso
bassorilievi di una opprimente monotonia e sull’altro nudi interni di stiva di
vascello, dove anche le rare aperture verso il mare creano più disagio che serenità; per il resto, quasi assenza
di suppellettili, sostituite da semplici blocchi squadrati; costumi più o meno
d’epoca, sufficientemente differenziati fra patrizi e popolani; movimenti di
personaggi e masse ridotti al minimo indispensabile.
Inutile dire che con opere come questa
il successo o il fallimento della recita dipendono quasi esclusivamente dalle
qualità degli addetti ai suoni, a partire dal Concertatore. E devo dire che Jader Bignamini non ha tradito le (mie)
aspettative, confermando quanto di buono si vede (e soprattutto si sente) di lui nelle frequenti
apparizioni sul podio della sua Orchestra
Verdi (a proposito, domani sera ci tornerà per una serata
verdiana…) Azzeccate le scelte sui tempi e sull’agogica, precisi gli
attacchi e sicura la guida di buca e palco; fracassi solo quanto basta e quando
si deve, per il resto un approccio conservativo e senza gigionerìe. Bravo
davvero. E bravi i ragazzi della Toscanini,
un’altra giovane e bella realtà del panorama musicale padano.
Fra le voci,
note positive per i due grandi vecchi: Roberto Frontali è un Simone convincente, che sa tirar fuori tutta la sofferta
personalità del protagonista, nei momenti di appello alla pace e all’amore,
come in quelli di spaventevole imposizione d’autorità. Giacomo Prestia è un Fiesco sufficientemente altero e duro, figura
scenicamente imponente e vocalmente ancora robusta.
Gabriele è il giovane sudamericano Diego
Torre: voce da heldentenor,
ancora forse da rodare al meglio, ma ci si sentono già qualità più che
promettenti.
Ahilei, Carmela Remigio non è
un’Amelia convincente: a cominciare dalle caratteristiche della sua voce: il
personaggio non sarà proprio da soprano drammatico, ma nemmeno da… Zerlina! E
lei invece ha proprio una vocina pigolante e metallica in alto. Già le
caratteristiche, per così dire, anagrafiche del personaggio - Amelia-Maria ha
passato da parecchio la trentina, che per una donna di fine medioevo
significava essere matura assai, se non quasi vecchia (!) – sono tali da
escludere una voce e movenze da ragazzina adolescente e ingenua, come purtroppo
ci è apparsa la cantante pescarese.
Discreta
l’interpretazione di Paolo da parte di Marco Caria, voce
potente e ben impostata. Su uno standard più che accettabile anche i tre
comprimari: Seung Pil Choi come Pietro,
Antonio Corianò (capitano) e Lorelay Solis (ancella).
Sicura ed
efficace la prestazione del Coro
del Regio di Martino Faggiani.
In definitiva, uno spettacolo che
merita ampiamente il caloroso consenso che il pubblico gli ha tributato con
ripetute chiamate alla ribalta.
E proprio questa sera parte, a mo' di
staffetta, il Boccanegra torinese.
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