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21 ottobre, 2013

Il Simon Boccanegra di Noseda a Torino

 

Prendendo direttamente il testimone da quello di Parma, il Regio di Torino ha inaugurato la stagione con Simon Boccanegra.


Già la prima di mercoledi 9 trasmessa da Radio3 aveva lasciato (perlomeno a me) una buona impressione, che si è confermata ieri dopo l’ascolto dal vivo della penultima delle otto rappresentazioni.

Spettacolo originale di Bussotti del 1979 (!) ripreso da Vittorio Borrelli: un esempio di come si possa coniugare il rispetto quasi maniacale per il libretto con la modernità di presentazione e di interpretazione. Modernità che nulla ha a che fare con trasposizioni spazio-temporali cervellotiche, né con la ricerca (che spesso è invenzione bella-e-buona) nell’originale di chissà quali reconditi significati filosofico-politico-psicologico-esistenziali.

Credo che pochi spettatori non si siano commossi fino alle lacrime nella scena dell’agnizione Simone-Maria o in quella che chiude l’opera. Naturalmente il merito preponderante è di tale Giuseppe Verdi, basta affidarsi a lui (come ha fatto Bussotti) senza pretendere di migliorarlo per rendercelo più appetibile…

Strepitosa la prestazione delle masse strumentali e corali del Regio: un Noseda che ha tenuto in pugno buca e palco con l’autorità di sempre (ormai il mio concittadino sestese staziona di diritto nell’Olimpo dei Kapellmeister) e un Fenoglio che ha preparato nel miglior modo i suoi coristi. Credo che il Teatro torinese abbia oggi pochi rivali (in Italia, quanto meno) in fatto di standard qualitativi.

Quanto alle voci, note essenzialmente positive, ovviamente con alti e… meno alti.

Su tutti il Fiesco di Michele Pertusi, vocalmente e scenicamente impeccabile. Come quasi impeccabile è stato Ambrogio Maestri, cui purtroppo mancano, come dire, i connotati somatici per interpretare al meglio ruoli che non siano Dulcamara o Falstaff: intendiamoci, la voce c’è e come, è il portamento e persino il suo ghigno naturale che lo rendono poco plausibile in ruoli drammatici, come questo di Simone o come Amonasro, per citarne solo un altro… Anche per lui comunque, come per Pertusi, un grande successo.

Bella sorpresa (ma già in radio si era apprezzata) da parte di María José Siri, voce per me molto adatta al ruolo di Amelia-Maria, ossia abbastanza pesante (in senso positivo): dopo un avvio con qualche incertezza (in Come in quest’ora bruna) non ha fatto altro che crescere, meritandosi applausi a scena aperta e ovazioni finali.

Roberto De Biasio è stato un Adorno appena sulla sufficienza (per me, ovviamente): è giovane e deve sicuramente migliorare; tutto sta a vedere se la strada migliore per farlo siano questi impegni con l’asticella troppo alta

Convincente il Paolo di Devid Cecconi, che non per nulla fa anche Rigoletto nell’attuale produzione del Regio. Un onesto Pietro è Fabrizio Beggi.

I due ruoli decisamente minori erano interpretati da Dario Prola (Capitano) e dalla brava soprano del Coro del Regio Eugenia Braynova (Ancella) che all’ultimo momento ha sostituito la collega Sabrina Boscarato.

Senza voler avanzare paragoni (che sarebbero improponibili date le due diversissime realtà) fra l’edizione di Parma e questa di Torino, mi sento di dire che la scelta parallela dei due teatri ha meritoriamente consentito di riportare in evidenza quest’opera forse ancora troppo poco valorizzata. 

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