Prendendo direttamente il testimone da quello di
Parma, il Regio di Torino ha
inaugurato la stagione con Simon Boccanegra.
Già la prima di mercoledi 9 trasmessa da Radio3 aveva lasciato (perlomeno a
me) una buona impressione, che si è confermata ieri dopo l’ascolto dal vivo
della penultima delle otto
rappresentazioni.
Spettacolo originale di Bussotti del 1979 (!) ripreso da Vittorio Borrelli: un esempio di come si
possa coniugare il rispetto quasi maniacale per il libretto con la modernità di
presentazione e di interpretazione. Modernità che nulla ha a che fare con
trasposizioni spazio-temporali cervellotiche, né con la ricerca (che spesso è
invenzione bella-e-buona) nell’originale di chissà quali reconditi significati
filosofico-politico-psicologico-esistenziali.
Credo che pochi spettatori non si
siano commossi fino alle lacrime nella scena dell’agnizione Simone-Maria o in
quella che chiude l’opera. Naturalmente il merito preponderante è di tale
Giuseppe Verdi, basta affidarsi a lui (come ha fatto Bussotti) senza pretendere
di migliorarlo per rendercelo più appetibile…
Strepitosa la prestazione delle masse
strumentali e corali del Regio: un Noseda che ha tenuto in pugno buca e
palco con l’autorità di sempre (ormai il mio concittadino sestese staziona di
diritto nell’Olimpo dei Kapellmeister)
e un Fenoglio che ha preparato nel
miglior modo i suoi coristi. Credo che il Teatro torinese abbia oggi pochi
rivali (in Italia, quanto meno) in fatto di standard qualitativi.
Quanto alle voci, note essenzialmente
positive, ovviamente con alti e… meno alti.
Su tutti il Fiesco di Michele
Pertusi, vocalmente e
scenicamente impeccabile. Come quasi impeccabile è stato Ambrogio Maestri, cui purtroppo mancano, come dire, i connotati
somatici per interpretare al meglio ruoli che non siano Dulcamara o Falstaff:
intendiamoci, la voce c’è e come, è il portamento e persino il suo ghigno
naturale che lo rendono poco plausibile in ruoli drammatici, come questo di Simone o come
Amonasro, per citarne solo un altro… Anche per lui comunque, come per Pertusi,
un grande successo.
Bella
sorpresa (ma già in radio si era apprezzata) da parte di María José Siri, voce per me molto adatta al ruolo di Amelia-Maria,
ossia abbastanza pesante (in senso positivo): dopo un avvio con qualche
incertezza (in Come in quest’ora bruna)
non ha fatto altro che crescere, meritandosi applausi a scena aperta e ovazioni
finali.
Roberto De Biasio è
stato un Adorno appena sulla sufficienza (per me, ovviamente): è giovane e deve
sicuramente migliorare; tutto sta a vedere se la strada migliore per farlo
siano questi impegni con l’asticella
troppo alta…
Convincente
il Paolo di Devid Cecconi, che non
per nulla fa anche Rigoletto
nell’attuale produzione del Regio. Un
onesto Pietro è Fabrizio Beggi.
I due ruoli
decisamente minori erano interpretati da Dario
Prola (Capitano) e dalla brava soprano del Coro del Regio Eugenia Braynova (Ancella) che
all’ultimo momento ha sostituito la collega Sabrina Boscarato.
Senza voler
avanzare paragoni (che sarebbero improponibili date le due diversissime realtà)
fra l’edizione di Parma e questa di Torino, mi sento di dire che la scelta
parallela dei due teatri ha meritoriamente consentito di riportare in evidenza
quest’opera forse ancora troppo poco valorizzata.
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