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28 settembre, 2013

Orchestraverdi – Concerto n°2

 

Gaetano D’Espinosa, ormai di casa presso laVerdi, dirige il secondo concerto della stagione (si replica domenica). Ancora un concerto tutto russo e tutto ottocentesco, almeno all’apparenza.

 

In più, si tratta di musiche, come dire, piuttosto adulterate (smile!) Abbiamo infatti un Sergej Rachmaninov rimaneggiatore di se stesso messo in sandwich da uno dei suoi più o meno diretti maestri, Modest Musorgski: ma con lo zampino di Rimski prima e di Ravel poi. Quindi nel programma c’è anche un po’ di novecento.


Si inizia con Una notte sul Monte Calvo, nella versione arcinota di Rimski. Che, a dir il vero, si basò su un originale che Musorgski non aveva intitolato così, poiché quel nome lo aveva dato ad un’altra composizione che con questa ha solo qualche punto, per quanto importante, di contatto. 
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In effetti, questo brano ha una storia assai complicata, come quella del suo autore del resto. Musorgski nel 1858 aveva iniziato a pensare (forse anche a buttar giù qualche nota) ad un’opera da Gogol (La notte di SanGiovanni) presto abbandonata. Poi pare avesse iniziato a comporre su quel tema un brano per pianoforte e orchestra. Infine, quasi 10 anni dopo ne estrasse alcune idee musicali per farci una specie di poema sinfonico, che intitolò La notte di SanGiovanni sul Monte Calvo, strutturato in quattro sezioni: arrivo delle streghe e attesa di Satana; arrivo di Satana accolto dalle streghe; messa nera e lodi delle streghe a Satana; sabba. La composizione è largamente debitrice a Berlioz (movimenti finali della Fantastica) e a Liszt (Totentanz) il che contraddice l’asserita avversione del compositore per la musica dell’ovest… È di una rudezza davvero primitiva e selvaggia (che a qualcuno fornisce il destro per ironizzare sulle qualità di orchestratore del nostro…) con un finale a passo di carica, duro e privo di ogni riferimento a cristiana redenzione. Rimasto praticamente sconosciuto per decenni, è emerso dalla polvere del tempo relativamente di recente: qui la prima incisione in disco.

Poi, nel 1872, Musorgski si mise a lavorare su un’opera, titolata Mlada, che doveva essere il risultato dei congiunti sforzi dei componenti della banda dei 5 (smile!) escluso chissà perché Balakirev e incluso Minkus: infilò nel terzo atto un brano per orchestra e coro intitolato La glorificazione di Chornobog (il diavolo) che riprendeva temi del poema sinfonico composto 15 anni prima e rimasto sepolto in qualche cassetto. L’impresa collettiva fallì miseramente e il solito Rimski, molti anni dopo (1889) ne trasse una sua opera-balletto di pari titolo e un paio di sunti orchestrali.  

Successivamente ancora, nel 1880, Musorgski si era dedicato ad una nuova opera, rimasta incompiuta come capitò a diverse sue composizioni (cui evidentemente il musicista riservava molte meno attenzioni che alla vodka, smile!) Era un’opera comica, sempre da Gogol, intitolata La Fiera di Sorochyntsi, e il nostro, ispirandosi ancora una volta al suo poema sinfonico, ci infilò alla fine del primo atto un intermezzo musicale, la cosiddetta visione onirica del contadinello, che evoca il sogno di un ragazzo a nome Gric’ko che vi vede le streghe, il demonio (Chornobog) e il sabba; però – a differenza del poema sinfonico - il sogno si conclude con la sparizione di spettri e diavoli, cacciati dallo spuntare di un’alba radiosa e dai religiosi rintocchi di una campana. Quindi una conclusione serena, proprio all’opposto di quella della Notte di SanGiovanni.

Orbene, Rimski - che aveva per anni convissuto con Musorgski, quando i due si scambiavano regolarmente ogni pagina di musica che scrivevano - nel 1886 prese in mano i tre diversi manoscritti dell’amico, ormai passato da un lustro a miglior vita, e decise di ricavarne, per pubblicarla, una versione che fosse a suo parere presentabile al pubblico, intitolandola appunto Una Notte sul Monte Calvo. Ma invece di prendere come riferimento il poema sinfonico di (quasi) pari titolo, si basò sull’intermezzo dalla Fiera di Sorochyntsi e lo rimaneggiò da par suo (cioè con somma maestrìa, la stessa che impiegò per le sue ricostruzioni di Boris e Kovancina, tanto per dire) per farci una Fantasia da concerto in cui compaiono i riferimenti al sogno di Gric’ko e precisamente: suoni sotterranei di voci sovrannaturali; apparizione degli spiriti delle tenebre e di Satana; trionfo di Satana e Messa Nera; sabba; suono della campana che disperde gli spiriti delle tenebre; sorgere del giorno.

Morale della favola: la Notte di Rimski è assai diversa da quella di Musorgski, come si può verificare analizzando la struttura dei due brani: perfettamente scolpito e tematicamente assai conciso quello di Rimski (che impiega solo pochi temi principali); molto più esteso, prolisso e con varie divagazioni tematiche quello di Musorgski, a dispetto della mancanza del finale sereno.  
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Chi ha qualche anno sulle spalle non può non ricordare Leopold Stokowski e la sua personale edizione di questo lavoro per il disneyano Fantasia, ottenuta per sottrazione di un po’ di Rimski e addizione di un po’ di Schubert (!)

D’Espinosa non manca di mettere in luce tutto lo splendore dell’orchestrazione di Rimski, in particolare le qualità degli ottoni, chiamati a poderosi passaggi. Ma è anche pregevole la sua chiusa religiosa, con gli interventi del clarinetto della Raffaella Ciapponi e del flauto di Massimiliano Crepaldi, e con i 5 secondi di silenzio imposti al pubblico prima di abbassare la bacchetta.
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Benedetto Lupo, ormai un abitué dell’Auditorium, arriva sul palco per interpretare il Primo concerto di Rachmaninov.

Che però, nella versione eseguita qui (che è anche quella normalmente eseguita) dovrebbe essere indicato come il… quarto. Sì, perché l’Autore nel 1917 (erano nel frattempo apparsi sulla scena personaggi come Schönberg e Stravinski, hai detto niente!) rimaneggiò ampiamente il suo primo (di 26 anni più vecchio e soprattutto ispirato al più profondo ‘800…) quando già aveva composto, eseguito e pubblicato da anni e anni il secondo e il terzo!
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Il Vivace iniziale (FA# minore) è strettamente in forma-sonata, con un’introduzione in fanfara seguita da pesanti scale in ottava del pianoforte; i due temi (FA# minore e LA maggiore) hanno caratteristiche simili, piuttosto languide e con moto ascendente (tranne la seconda sezione del primo tema, che scende precipitosamente) e sono esposti dall’orchestra e poi dal solista, separati da una transizione di virtuosismo; lo sviluppo è abbastanza articolato e conduce ad una ripresa in cui, al primo tema nella tonalità di impianto segue il secondo nella tonalità di FA# maggiore (secondo tutti i canoni scolastici); un ponte porta poi alla cadenza, dove i due temi compaiono distintamente; una coda chiude velocemente il movimento.

Fra le due versioni ci sono differenze abbastanza spiccate, pur se la macro-struttura è stata conservata; Rachmaninov nel 1917 apportò moltissime modifiche alla strumentazione, un po’ ovunque, ma anche a consistenti porzioni sia dell’esposizione (la parte conclusiva, con transizione verso lo sviluppo, che nella versione originale aveva alcune battute in 3/4) che dello sviluppo medesimo e del ponte nella ripresa verso la cadenza; la quale cadenza fu pure in gran parte riscritta, così come la coda, con chiusura pesante, ma meno enfatica rispetto all’originale.

Nella seguente figura sono schematicamente rappresentate le strutture delle due versioni e in giallo sono indicate le parti più corposamente modificate da Rachmaninov nel 1917:


Si noti il motivo indicato con (*): 4 note, discesa da tonica a dominante, ripetute. Nella versione del 1917 è stato espunto da Rachmaninov dal primo movimento, ma lo ritroviamo nel terzo (in entrambe le versioni) il che dava quindi al concerto originale una caratteristica di ciclicità, che si perde nella versione più tarda.

Il secondo movimento è un breve intermezzo in RE maggiore, languido e sognante. Ha una struttura assai semplice: dopo un’introduzione in cui si ode in orchestra un motivo vagamente parente del secondo tema del primo movimento, ripetuto quattro volte su gradi sempre più alti, ecco il pianoforte entrare con una battuta di arpeggi e poi esporre un primo motivo di sapore proprio… rachmaninoviano. Poi, a battuta 28, il solista presenta – con accompagnamento orchestrale assai discreto - una nuova melodia, un motivo che sale dalla sopratonica fino alla sensibile, e da lì su ancora a tonica, sopratonica, mediante, per poi creare una specie di climax, da cui si rientra per sviluppare il primo motivo in orchestra, con il solista che si limita ad accompagnarlo, fino alla sommessa cadenza conclusiva.

Qui, a parte la strumentazione rivista e piuttosto arricchita e persino appesantita  da Rachmaninov, le principali novità della versione del 1917 sono: una maggiore complessità della battuta 10 (entrata del pianoforte); una diversa resa del climax del secondo motivo, con corposo intervento orchestrale, timpani compresi, laddove era il solo pianoforte ad operare nell’originale; infine una maggior vivacità nell’accompagnamento del solista alla riesposizione del primo motivo (nell’originale: solo terzine, nella versione 1917 anche arabeschi vari). In tutto si passa dalle 67 battute del 1891 alle 74 della versione ultima, essendo stata leggermente estesa, oltre che modificata, la sezione centrale.

Il terzo movimento è un Allegro scherzando nel 1891, un Allegro vivace nel 1917. È la parte sicuramente più manomessa da Rachmaninov nella seconda versione. Mentre la macro-struttura è rimasta più o meno invariata (si veda lo schema riportato più sotto) qui c’è un pesante ispessimento dei contrasti, qualche divagazione metrica e tonale in più e una strumentazione lussureggiante al limite del rumorismo, con ricerca di effetti a buon mercato, che non sempre rende un buon servigio all’opera.

1891
1917
1 Introduzione in pianissimo
1 Introduzione in fortissimo
7 Tema A in FA# minore
10 Tema A in FA# minore
32 Tema B in LA maggiore dal motivo (*) chiuso con perorazione in fortissimo di tutta l’orchestra
38 Tema B in LA maggiore dal motivo (*) chiuso con un motivo D discendente in fortissimo di tutta l’orchestra
77 Tema C in RE maggiore, cantabile, con sezione chopiniana
71 Tema C in MIb maggiore, cantabile, con sezione chopiniana
125 Introduzione in pianissimo
116 Introduzione in fortissimo
131 Tema A in FA# minore
126 Tema A in FA# minore
156 Tema B in RE maggiore e ponte verso la Coda
156 Tema B in RE maggiore e SOL maggiore
222 Coda in Maestoso FA# maggiore sul Tema C
222 Coda in FA# maggiore sul motivo D

La versione ottocentesca sarà anche naif e pretenziosa la sua parte (basta ascoltarne la perorazione nella coda finale, quasi… wagneriana) ma a me pare almeno più sincera ed equilibrata rispetto alla revisione del 1917, che evidentemente risente di influssi… espressionisti. 
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Benedetto Lupo ne ha dato una lettura proprio novecentesca, trattando il pianoforte precisamente come uno strumento da percuotere: impressionante, ad esempio, la cadenza del primo movimento. Ma pregevoli sono stati anche i passaggi elegiaci e contemplativi, vedi l’intermezzo,  che impreziosiscono questo lavoro.

Gran successo e, dopo tanta… percussione, due bis dove la tastiera viene soltanto sfiorata.
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Ha chiuso la serata un’altra composizione… contraffatta (!) Si tratta dei Quadri di un’esposizione, che Musorgski aveva composto per la tastiera nel 1874 e che Maurice Ravel, ormai in pieno ‘900 (1922) orchestrò con grande sapienza e modernità.

Nella primavera del 2012 l’avevamo ascoltata qui nelle due versioni, proposte rispettivamente da Rudy e Bignamini. E anche ier sera i ragazzi non hanno perso l’occasione per mostrare la loro perfetta padronanza di quest’opera che impegna ogni singolo strumento e i pacchetti delle diverse sezioni oltre ogni limite.

Interminabili ovazioni per tutti e per ciascuno.
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Per il prossimo concerto (e siamo solo al terzo…) si deve già registrare un cambiamento di programma non da poco: mancherà Ceccato con il suo Dvorak, che sarà sostituito da Gustavo Gimeno e da Shéherazade.   

2 commenti:

mozart2006 ha detto...

Mi piace molto Benedetto Lupo, è un pianista che non ha fatto la carriera che meritava. Grazie come sempre per queste preziose cronache.
Ciao!

daland ha detto...

@mozart2006
È vero, Lupo forse non ha il fisico adatto per diventare una vedette dello star-system… comunque è ancora giovane e credo che le sue quotazioni aumenteranno.
Grazie e ciao!